“Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose”: il nuovo libro di Anna Maria Panzera in uscita il 20 maggio

“Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose”. Due giganti dell’arte e del pensiero a confronto nel nuovo libro de L’Asino d’oro in uscita il 20 maggio. Prefazioni di Claudio Strinati e Michele Ciliberto.   Scritto da Anna Maria Panzera, storica dell’arte, esamina in parallelo vita e opere dei due grandi personaggi che a fine ‘500 si sfiorarono senza mai incontrarsi.

Caravaggio e Giordano Bruno: due giganti dell’arte e del pensiero, solitari e ribelli, accomunati dalla ricerca della fantasia delle immagini, l’uno attraverso gli scuri dei suoi quadri inimitabili, l’altro mediante la scrittura e parola interiore. I due grandi personaggi, le cui vite alla fine del ‘500 “si passano accanto” senza mai incontrarsi, sono i protagonisti di “Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose”, di Anna Maria Panzera, studiosa e storica dell’arte, il volume in uscita il 20 maggio 2011 per L’Asino d’oro edizioni (collana “Le Gerle”) in tutte le librerie d’Italia.

“Se per Bruno e Caravaggio immaginare, vedere esteriore e visione interiore erano la vita stessa, come e in che misura ciò avvenne? Il libro della Panzera è la risposta a tale quesito”, afferma il professor Claudio Strinati, autore di una delle due prefazioni assieme al filosofo Michele Ciliberto, per il quale l’autrice si avvicina a “un tema antico con occhi nuovi”.  Indagata nelle sue più profonde motivazioni etiche, estetiche ed epistemologiche, la questione del rapporto tra il pensiero di Giordano Bruno e l’arte di Michelangelo Merisi da Caravaggio, forse tra le più dibattute dell’intera storia dell’arte italiana, si dipana in 180 pagine chiare ed intense.

Un rapido affresco storico introduce il volume che si addentra poi nelle opere degli autori, cercandone i punti di contatto, “ma sempre restituendoli alle rispettive identità”, dice nell’introduzione Anna Maria Panzera che intitola il secondo, fondamentale capitolo “Vedere e dipingere: vista degli occhi e visione interiore”.  Caravaggio e Giordano Bruno non hanno lasciato reciproche testimonianze di una conoscenza o una vicinanza reciproca. Entrambi condussero una vita singolare, in epoche che si sfiorano. Esistenze strettamente legate alle loro opere. “La storia li ha trattati da eretici - scrive l’autrice - li ha anche temporaneamente disdegnati, poi rivalutati, infine trasformati in miti”.

“E’ la valorizzazione della tematica dell’ombra e dell’umbratilità”, la suggestione più importante del libro di Anna Maria Panzera, per Ciliberto secondo il quale l’aggancio tra le due geniali personalità si trova nel distacco che l’autrice opera tra Caravaggio e la nuova scienza galileiana e nell’evidenza della distanza di Giordano Bruno dall’ideologia dell’Umanesimo.  Tra continui rimandi storici e filosofici, “Caravaggio, Giordano Bruno e l’invisibile natura delle cose”, che si avvale di un cospicuo apparato iconografico dei quadri del Merisi citati, pone in contrappunto dipinti e scrittura, a iniziare dall’incredibile “Canestra di frutta” dell’artista lombardo e da quello che ne “Il Candelaio” dice il Nolano di sé.  “Giordano Bruno fece della fantasia una struttura della conoscenza - scrive a conclusione del libro Anna Maria Panzera -; per Michelangelo Merisi essa fu la struttura stessa dell’esistenza. Furono un’onda di piena. Il mondo, per un po’ di tempo, dovette dimenticarsi di loro”.

CARAVAGGIO ALLO SPEED ART MUSEUM DI LOUISVILLE IN KENTUCKY E PER LA PRIMA VOLTA AD OTTAWA IN CANADA

Nell'ambito del IV centenario della morte, grande ritorno del Caravaggio nel Nord America dopo decenni di assenza. Le ultime, e uniche, due mostre si erano infatti svolte nel 1971 a Cleveland e nel 1985 a New York.

In questa occasione, due le iniziative. La prima prevede la presentazione de “La Buona Ventura”, suo celeberrimo dipinto, allo Speed Art Museum di Louisville in Kentucky, dal 18 maggio al 5 giugno. La tela, uno dei suoi primi capolavori realizzata nel 1594, è stata prestata dai Musei Capitolini di Roma, dove è solitamente conservata, e giunge in Nord America grazie all'intervento della Foundation for Italian Art & Culture (FIAC) e dell'Istituto Italiano di Cultura di New York.
Il dipinto è il punto focale di una piccola mostra volta a sottolineare l'influenza del grande maestro lombardo sull'arte francese, olandese e fiamminga del XVII secolo. Accanto alla Buona Ventura, ci sono infatti dipinti realizzati da Gerard Douffet, Nicolas Tournier, Hendrick van Somer e Rembrandt, tutti artisti che hanno fatto propria la lezione di Caravaggio.
E dopo la “sosta” statunitense, il dipinto arriverà alla National Gallery di Ottawa. Qui il 17 giugno si inaugura “Caravaggio e i Caravaggeschi a Roma”, la prima grande rassegna allestita in Canada su questo artista.
Curata da David Franklin, Direttore del Cleveland Museum of Art, e da Sebastian Schütze, Professore di storia dell' arte dell'Università di Vienna, la mostra si propone di illustrare non solo la grande rivoluzione del Caravaggio, il suo stile unico e il suo carattere provocatorio, ma anche di sottolineare il profondo impatto che ebbe sui grandi artisti barocchi di quel periodo...... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SU "ITALIANNETWORK.IT".

Ancora pochi giorni per visitare la mostra “Caravaggio a Roma. Una vita dal vero” all’Archivio di Stato di Roma a Sant’Ivo alla Sapienza

Grande successo di pubblico per “Caravaggio a Roma. Una vita dal vero la rassegna di documenti e opere che hanno rivelato grandi novità sulla vita di Caravaggio. A pochi giorni dalla chiusura, la mostra ha raggiunto i 20 mila visitatori. Ancora un week-end per visitare la straordinaria esposizione inaugurata lo scorso 11 febbraio all’Archivio di Stato di Roma a Sant’Ivo alla Sapienza. Visitabile solo su prenotazione (06.66134.51), fruisce di un servizio di guide di altissimo livello professionale che rende la visita un momento unico per immergersi nel passato, tra i vicoli di Roma, i banchi d'osteria, le botteghe, i luoghi frequentati dal Merisi.
I curatori della mostra si dicono molto soddisfatti e aggiungono “Il riconoscimento della validità della mostra è venuto proprio dal pubblico che in questi mesi ha visitato ininterrottamente l’esposizione, rivolgendoci l’apprezzamento più ambito: essere riusciti a comunicare contenuti inediti o poco noti in maniera suggestiva e affascinante, ma non per questo meno rigorosa. Un modo nuovo per conoscere come visse e lavorò il Caravaggio a Roma”
Una mostra unica, costruita su documenti originali, restaurati e conservati presso lo stesso Archivio, che svelano fatti salienti della vicenda umana e artistica del grande pittore e aspetti finora sconosciuti legati all’ambiente intellettuale, culturale e artistico frequentato dal maestro lombardo nel periodo vissuto a Roma. Accanto ai documenti l'esposizione propone opere eseguite da pittori suoi contemporanei, con alcuni dei quali egli ebbe un rapporto di stima e amicizia, e da lui stesso definiti “uomini valenti” - Annibale Carracci, il Pomarancio, Antonio Tempesta, Giuseppe Cesari detto il cavalier d’Arpino – e da altri con i quali le relazioni furono invece contrassegnate da rivalità e competizione come Giovanni Baglione e Tommaso Salini. Completano la mostra due quadri attribuiti a Caravaggio, il Ritratto di Paolo V Borghese, della collezione privata del Principe Borghese, esposto al pubblico solo una volta nel 1911, e il Davide con la testa di Golia, proveniente da collezione privata, che propongono al visitatore alcuni “quesiti caravaggeschi” sui quali la critica si sta misurando.
 
Ideata e diretta da Eugenio Lo Sardo, a cura di Orietta Verdi e Michele Di Sivo la rassegna è costruita come una detective story, un’indagine sul campo dove quello che emerge è la vita vissuta dall’artista attraverso le sue parole, i suoi incontri, in un incredibile caleidoscopio di relazioni e una polifonia di voci che, nella suggestiva cornice della sala borrominiana con volta affrescata, conducono il pubblico a conoscere da vicino gli episodi e le vicende della “vita dal vero” di Michelangelo Merisi durante il suo soggiorno romano (1595/96-1606).  COLLEGATI AL SITO DELLA MOSTRA

NEL SEGNO DI CARAVAGGIO. UNA COLLETTIVA DI MATRICE CARAVAGGESCA

NEL SEGNO DI CARAVAGGIO dal 7 al 29 maggio 2011 – Vecchio Ospedale Soave – Codogno. Lodi

L’idea di una collettiva di matrice caravaggesca, è scaturita in Maurizio Caprara e Fulvio Mengoni dalla lettura del testo teatrale, “Processo al Caravaggio” di Benito Melchionna, Procuratore Emerito della Repubblica e docente universitario che coltiva da tempo la passione per la letteratura e il teatro. Questi propone una sua visione del processo subito a Malta dal Caravaggio nel dicembre del 1608, e qui immagina il processo di appello in difesa di Michelangelo Merisi. Da quest’atmosfera rievocata e dal carisma del genio milanese capace di giocare con il buio della propria esistenza e la luce della sua genialità, emerge il desiderio di raccogliere intorno a questa leggenda, coloro che sono definiti da una parte della critica gli “ultimi caravaggeschi”, e altri che, per assonanza tecnica e illusionistica riportano a tale scuola, dove dominante è il tema della luce. Primo fra tutti Mauro Davoli, fotografo parmense legato al mondo dell’architettura e del design. Il suo interesse per lo still-life (natura morta) che sottolinea il carattere “inanimato” di oggetti colti in una situazione di silenzioso riposo, sorge come un bisogno collaterale, capace di sollecitare i sensi. Lo stile descrittivo costruito sulla razionalità della composizione e sulle qualità plastico-costruttive del colore-luce, è indagato attraverso il linguaggio fotografico usato come soggetto pittorico. Una dicotomia capace di rendere carne viva la natura morta delle cose. Il caravaggismo sfiora anche il pennello di Giuliano Costa, che trasporta nei suoi dipinti il legame con la pittura antica, modernizzandola. Pittore dalla capacità tecnica potente, già restauratore, e quindi, capace di sintetizzare la durezza della materia e il segreto della chimica dei componenti cromatici in un trionfo di colore e luce vivissima. Ritroviamo, nella scelta operate dai curatori, l’indimenticato Wlady Sacchi, un classicista dall’assoluta padronanza tecnica, capace di cogliere il senso della memoria, il sentimento dell’esistenza, .... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SU CIVITANEWS

A 100 ANNI HO ANCORA LA GIOIA DI VEDERE CAPOLAVORI (l'ultima intervista inedita di Egizio Trombetta a Sir Denis Mahon pubblicata da "il Giornale dell'Arte)

Londra. Il 27 aprile è morto, all’età di 100 anni, Sir Denis Mahon, grande storico dell’arte barocca e collezionista. Era nato a Londra l’8 novembre 1910. Formatosi a Eton e all’Università di Oxford, deve all’incontro con Otto Kurz l’interesse per Guido Reni e a Nikolaus Pevsner, di cui seguì le lezioni al nuovo Courtauld Institute, la decisione di specializzarsi nello studio di Giovan Francesco Barbieri, il Guercino. Se del pittore di Cento è considerato il massimo conoscitore, Mahon dedicò studi approfonditi ai Carracci, nonché a Caravaggio e Poussin. È del 1956 la sua prima mostra sui Carracci a Bologna e del 1962 «L’ideale classico». Per mezzo secolo Denis Mahon ha continuato a lavorare tra Londra e Bologna a fianco di Francesco Arcangeli, Cesare Gnudi e Andrea Emiliani, contribuendo a portare la pittura barocca italiana al grande pubblico. Emiliani è stato tra i proponenti della laurea honoris causa in discipline dell’arte, della musica e dello spettacolo che l’Ateneo bolognese ha conferito nel 2002 allo studioso britannico, mecenate tra l’altro dela Pinacoteca felsinea cui nel 2001 ha donato un «Cristo coronato di spine» di Guido Reni.

Nel corso dei 28 anni della sua esistenza «Il Giornale dell’Arte» ha spesso dedicato articoli all’attività di Mahon. Ricordiamo i principali: l’intervista esclusiva (tre pagine in cui lo studioso raccontava la storia della sua collezione di arte italiana del Seicento che annoverava 10 Guercino, 4 Guido Reni, 11 Luca Giordano acquistati a prezzi irrisori quando questi artisti dovevano ancora essere rivalutati dai suoi stessi studi) rilasciata nel settembre 1985 in occasione della battaglia che Mahon aveva condotto contro l’eccessivo liberismo del Governo inglese causa .... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SU "IL GIORNALE DELL'ARTE"

L’arte di Caravaggio può essere una cura?

Le immagini dell’universo pittorico di Caravaggio diventano una cura per un trapezista costretto in un letto d’ospedale con il collo dolorante. E’ questo il soggetto dell’interessante spettacolo di John Kelly intitolato “The escape artist”, in scena questi giorni a New York al PS122, già recensito positivamente sul New York Times. Il protagonista lavora ad una rappresentazione sulla vita di Caravaggio, ma ha un incidente e cade dal trapezio: per quindici ore resta immobile, mentre la sua mente vaga in un mondo di meravigliose visioni caravaggesche, popolato da santi, peccatori e prostitute. L’immaginazione del trapezista si concretizza in un video, proiettato su tre pannelli, in cui si vedono delle performances che riproducono i dipinti di Caravaggio. L’arte fa in qualche modo le veci della medicina, mentre anche le musiche (di John Kelly e Carol Lipnick) contribuiscono a dare forma alla dimensione onirica e allucinatoria in cui si muovono i pensieri del trapezista. Una performance intrigante insomma, e insieme un sentito omaggio ad un artista ineguagliabile. (di Arianna Pagliara, da ILJOURNAL.COM)

Roma, dal 20 maggio al 25 settembre: Mostra "LOTTO, CARAVAGGIO E GUERCINO NELLA COLLEZIONE DORIA-PAMPHILJI"

Dal 20 maggio al 25 settembre l'evento offre l'occasione di ammirare un gran numero di capolavori della storia dell'arte italiana europea. Lorenzo Lotto, Jusepe de Ribera, Caravaggio, Mattia Preti, Domenico Fetti, Andrea Sacchi sono solo alcuni dei nomi degli autori che straordinariamente vengono messi a confronto.

L'esposizione presenta, quale 'campione' famigliare del tema, il cardinale Benedetto Pamphilj, che, noto quale fortunato mecenate di artisti e musicisti, fu poeta egli stesso e scrisse, tra gli altri, il celeberrimo oratorio "Il Trionfo del Tempo e del Disinganno" musicato per lui da Georg Friedrich Händel nel 1707. Del resto, la riflessione del cardinale sulla Vanitas non si manifesta esclusivamente nella sua produzione di librettista, ma anche nella collezione artistica che egli raccolse e di cui ancora oggi si conserva testimonianza.

Sarà, quindi, il cardinale Benedetto ad accogliere ed accompagnare virtualmente il visitatore alla mostra, affidandolo poi ad una contestualizzazione storica finalizzata a orientare lo spettatore nell'analisi del tema.

Quattro le sezioni tematiche che rappresentano la molteplicità di questioni legate alla Vanitas..... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SUL SITO ABACUS-ARTE.COM 

Addio a Mahon, riscoprì Guercino e Caravaggio (da TG1ONLINE)

LONDRA. Lo storico dell'arte e collezionista britannico Sir Denis Mahon, specialista del Barocco e grande studioso del Guercino, è morto nella sua casa di Londra all'età di 100 anni. Donerà la sua collezione ai musei.

BIOGRAFIA. Nato a Londra l'8 novembre 1910 e formatosi a Eton e all'Università di Oxford, deve all'incontro con Otto Kurz la decisione di specializzarsi nello studio di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino. Se del pittore di Cento (Ferrara) è considerato il massimo conoscitore, Mahon dedicò studi approfonditi anche ai Carracci, a Guido Reni, Caravaggio e Nicolas Poussin.
LAUREA HONORIS CAUSA. E' del 1956 la sua prima mostra sui Carracci a Bologna e del 1962 la mostra ''L'ideale classico''. Per mezzo secolo Denis Mahon ha continuato a lavorare tra Londra e Bologna a fianco degli storici Francesco Arcangeli e di Andrea Emiliani. Quest'ultimo è stato tra i proponenti della laurea honoris causa in discipline dell'arte, della musica e dello spettacolo che Università di Bologna ha conferito allo studioso britannico nel 2002.

COLLEZIONE A MUSEI. Mahon era anche cittadino onorario del capoluogo emiliano. Nel 2001 Mahon donò insieme ad altri il ''Cristo coronato di spine'' di Guido Reni alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Dell'istituzione Mahon è stato uno dei grandi mecenati, donando sette dipinti barocchi importanti come la ''Madonna del passero'' del Guercino, il ''San Francesco e l'angelo'' e la ''Sibilla'' di Reni e il ''San Giovanni Battista'' di Annibale Carracci Per volonta' testamentaria, dopo la morte di Mahon la sua collezione di 75 dipinti del Barocco italiano passerà al National Art Collections Fund, che le distribuirà a collezioni pubbliche britanniche. Altre 8 opere andranno alla National Gallery of Ireland di Dublino. (da TG1ONLINE)

Alcune precisazioni sull’individuazione della casa di Caravaggio nell’odierno vicolo del Divino Amore. (di Michele Cuppone)

"Con il presente contributo faccio seguito alla «Richiesta di rettifica sull'articolo di Michele Cuppone "Valent'huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma”», a firma del prof. Pietro Caiazza e pubblicata sul sito web del Progetto Culturale Caravaggio400 in data 3 maggio 2011.

Ringrazio anzitutto il Caiazza per la viva attenzione che rivolge al mio precedente articolo “Valent’huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma. Ma la ricerca, va sostenuta” (pubblicato sul sito web del Progetto Culturale Caravaggio400 in data 8 marzo 2011 e poi riportato sul sito web dell’Archivio di Stato di Roma, d’ora in poi Asr).

Come è possibile (ri)leggere correttamente, al gruppo di ricerca dell’Asr non ho attribuito la paternità della «localizzazione» della casa di Caravaggio, quanto piuttosto una “riconferma”, in via “indipendente” e dunque per questo importante, di quanto già sostenuto – primo su tutti! – dal Caiazza, sempre sulla base di una ricognizione in situ, in un articolo che avevo letto a suo tempo nella versione on line. Debbo tuttavia rettificare quanto sostenuto dal Caiazza, in quanto non ho, come da lui sostenuto, «“ipotizzato” l’esistenza della casa»: una casa di Caravaggio certamente esisteva (e per forza di cose doveva pur esistere), e del più generico toponimo del vicolo di San Biagio (odierno vicolo del Divino Amore) ne parlano le stesse fonti antiche (lo Stato delle anime della Parrocchia di San Nicola dei Prefetti con precisione, ma poi anche il contratto d’affitto a lungo cercato e finalmente ritrovato dall’ottimo gruppo di ricerca dell’Asr, l’inventario dei beni del Caravaggio, etc).

Inoltre, non è «falsa l’attribuzione della “localizzazione” al gruppo di ricerca»: una certa, per così dire, “falsità”, piuttosto, sembra risiedere in tale affermazione del Caiazza. Mi spiego meglio con altre parole, rispetto a quanto riportato più succintamente nel mio articolo (che, ben riletto, comunque non dice cose diverse da quelle che scrivo di seguito): il Caiazza è stato pater dell’ipotesi (dunque della scoperta), il gruppo di ricerca ne ha poi data una conferma sulla base di osservazioni dirette ex novo. E ha aggiunto in catalogo delle utili considerazioni a corredo, soprattutto di natura tecnica (vedi il saggio di Alessandro Zuccari “Caravaggio in ‘cattiva luce’? Lo studio in vicolo di San Biagio e la questione del soffitto rotto”). Certamente, in assenza di inequivocabili riscontri notarili, documentari o di altra natura, non è detta l’ultima parola e l’identificazione al civico 19 resta pur sempre una “ipotesi” che, allo stato attuale delle conoscenze, mi sento comunque di sposare.

Posso certamente essere spiaciuto, in nome della deontologia professionale e della giusta attribuzione del merito, quando qualcuno si vede sottrarre la paternità, o peggio ancora vanificare, i frutti delle proprie ricerche. Ma non mi sembra essere tale il caso. So anzi per certo che molti altri “giornalisti” hanno realmente sdoganato l’importante scoperta come opera del gruppo di ricerca dell’Asr, senza curarsi affatto di citare il Caiazza, vero – posso ripetere fino alla noia – autore dell’“individuazione”. Personalmente, non sono nemmeno interessato a sapere quale seguito hanno avuto le loro affermazioni, per la “penna” del Caiazza.

Dirò di più, perché, in tempi non sospetti, attraverso le pagine del sito web del Progetto Culturale Caravaggio400, avevo citato «P. Caiazza» tra gli autori di utili «contributi di ricostruzione storica» per un approfondimento della vita romana di Caravaggio, nell’articolo a mia firma “Luoghi caravaggeschi nella Roma contemporanea e moderna. Le possibili ragioni di una visita”, pubblicato in data 23 ottobre 2010 (e poi riportato parzialmente dal sito web del Centro Culturale “Gli Scritti”, in data 24 novembre 2010). Citando il Caiazza, implicitamente mi riferivo, appunto e ancora una volta, all’articolo da lui pubblicato in data 18 luglio 2010"  Michele Cuppone (Roma, 4 maggio 2011)

Richiesta di rettifica sull'articolo di Michele Cuppone "Valent'huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma"

Richiesta di rettifica, a norma dell’art. 8 della legge sulla stampa 8 febbraio 1948, n. 47 e sue successive modificazione e integrazioni, da pubblicare nel Blog in indirizzo nella sua interezza di 30 righe, entro i termini e con le caratteristiche previste dal c. 4 del medesimo articolo.



«Nell’articolo di M. Cuppone del 7 marzo 2011 dal titolo “Valent’huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma (…)”, a proposito della casa abitata da Caravaggio a Roma nel 1605 si afferma che “riconfermando quanto ipotizzato da Pietro Caiazza, a seguito di una ‘invidiabile’ ricognizione sul campo da parte del gruppo di ricerca, la casa di Caravaggio è localizzata al civico 19 dell’odierno vicolo del Divino Amore”. Al proposito preciso:

1) che il sottoscritto non si limitò ad “ipotizzare” l’esistenza della casa, bensì la “individuò” con una ricognizione di persona in data 10 maggio 2010 alle ore 19, 45 nell’edificio al civico n. 19 di quel vicolo, in compagnia di mons. Nazzareno Di Marco, parroco e rettore della basilica di S. Lorenzo in Lucina che ne è testimone;

2) che il sottoscritto pubblicò tale precisa “individuazione”, con la descrizione completa dell’edificio, in un articolo apparso su “L’Osservatore Romano” del 18 luglio 2010 (p. 4), anche se con modificazioni non autorizzate dell’occhiello e del titolo, in parte corretti nell’edizione on-line del quotidiano vaticano;

3) che il sottoscritto consegnò a mano nel luglio 2010 una copia dell’articolo pubblicato sull’“Osservatore”, ma non pubblicizzato dai mass-media, alla dott.ssa Verdi dell’Archivio di Stato di Roma;

4) che il sottoscritto, alla metà di settembre del 2010, rivendicò per iscritto alla medesima dott.ssa Verdi la scoperta precisa della casa del Caravaggio, paventando appunto che altri – come usa – volessero tentare di appropriarsi della paternità della scoperta;

Risulta dunque completamente inesatta e fuorviante l’affermazione del Cuppone, secondo il quale il sottoscritto avrebbe solo “ipotizzato” l’esistenza della casa, nonché falsa l’attribuzione della “localizzazione” al gruppo di ricerca, dato che la primitiva ed ‘invidiabile’ ricognizione è stata condotta dal sottoscritto e non di altri. Rivendico pertanto nella sua interezza la paternità e l’originalità della individuazione, come mons. Di Marco e la dott.ssa Verdi possono limpidamente e lealmente confermare, e come l’articolo pubblicato su “L’Osservatore Romano” documenta in modo inequivoco».-

Prof. Pietro CAIAZZA - già dell’Università di Salerno - cassander.pc@libero.it


LA REPLICA DI MICHELE CUPPONE (Alcune precisazioni sull'individuazione della casa di Caravaggio nell'odierno vicolo del Divino Amore)