"Non fu omicidio: Caravaggio venne provocato". La risposta ad un articolo del Burlington Magazine, di Clovis Whitfield


Precisazioni documentarie sulla vicenda che vide il tragico duello tra Caravaggio e Ranuccio Tomassoni, non correttamente ripresa in un saggio di Keith Sciberras (di Clovis Whitfield)


Sebbene Caravaggio fosse coinvolto in più di un evento fatale, non è comunque corretto definirlo assassino, e quindi colpevole di omicidio colposo, come lo descrive Keith Sciberras nel suo articolo “ Caravaggio obbediente” nel numero di giugno del “Burlington Magazine”. La rissa che avvenne il 28 Maggio del 1606 fu evidentemente uno scontro che coinvolse più persone (almeno otto) nella quale Caravaggio ed il suo amico Petronio Troppa (già Capitano di Castello) furono entrambi colpiti [quasi, ndC400] a morte. Uno dei testimoni disse che iniziò con uno schiaffo in faccia, un altro invece disse che Tomassoni provocò il pittore “a far seco questione”, in seguito a un incidente occorso qualche giorno prima in una partita a pallacorda. La presenza dei due cognati di Ranuccio (in seguito banditi anche loro) introduce un elemento di onore nell’intendere la motivazione di questa rissa. Van Mander ha riferito (già prima del famoso incontro del Vicolo di Pallacorda) che Caravaggio "gira da un gioco di palla all’altro, molto incline a duellare e a far baruffe" e sappiamo da altre fonti che era un uomo molto difficile da avvicinare, un cervello stravagantissimo che non andava d’accordo con gli altri, e cercava la compagnia di persone che erano per natura “brigosi” come ci narra Baglione. Mario Minniti lo trovava troppo "torbido e contentioso" a stargli vicino, e secondo il suo biografo Susinno egli si sposò proprio per allontanarsene. Siccome dobbiamo riconoscere che un elemento fondamentale della sua fama sia che Caravaggio abbia percepito il mondo in un modo diverso dagli altri, non dobbiamo stupirci che lui trovasse difficile andare d’accordo con loro e che aveva bisogno della “protezione” di persone come Prospero Orsi, Onorio Longhi e poi di mecenati potenti come Del Monte e i Mattei. In ogni caso nella rissa con i Tomassoni c’era più di uno di questi uomini brigosi, con una fama tutt'altro che linda in quel rione. Una tale fatalità non sarebbe stata considerata omicidio colposo o assassinio, ma invece come omicidio casuale, senza sanzione obbligatoria, e anche quando il pittore era colpito - a distanza di un mese - da un bando capitale, la revoca ne era un'eventualità del tutto possibile. Un altro racconto dettagliato della rissa, che non è riportato nell’eccellente volume curato dalla Macioce con tutti i documenti che riguardano Caravaggio, ma citato da Francesco Tresoldi online nel 2009 su gialli.it/lomicidio-di-Ranuccio-Tommasoni) è quello di Francesco Maria Vialardi, in una lettera scritta a Maffeo Barberini il 3 Giugno del 1606

“… ho inteso dire che il detto Michaelangelo in sulle 16 hore se ne passò quel giorno da casa del medesimo Ranutio, con comitiva, et il detto Ranutio, vedutolo si armò di dosso, et lo andò affrontare cacciando mano da solo, a solo. Restando ferito il pittore, in suo aiuto uscì un tal Petronio Troppa gia Capitano di Castello, et dall’altra il Capitan Gio Francesco fratello di esso Ranutio. Finalmente il Ranutio inciampò dov’hebbe a cadere, nel qual tempo, colto di stoccata da Michelangelo, cascò in terra morto, sendo il Petronio restato malamente ferito dal Capitan Gio Francesco …” 

Sebbene non sia stato possibile identificare l’origine di questa lettera, tuttavia essa è coerente con gli altri rapporti che confermano che Caravaggio non era l’aggressore, che Tomassoni sfidò il pittore e lo ferì in un incontro che era iniziato "a solo a solo” ...