"Caravaggio e Guercino, repliche, copie, duplicati e ‘bozzettoni’", di Nicholas Turner


Si comincia finalmente a riconoscere che alcuni pittori del barocco italiano hanno realizzato delle versioni di prova per le loro opere, sebbene questa classe di lavori rimanga poco conosciuta, dal momento che molte di queste sono state a lungo, e spesso sono ancora, archiviate come “copie” e “ripetizioni di studio”. 
Mentre ero occupato nella lavorazione alla monografia su Guercino, pubblicata l’anno scorso dalla Ugo Bozzi editore, mi divenne del tutto evidente come il pittore facesse frequente ricorso alle versioni di prova. Si tratta in effetti di ‘prove generali’ qualche volta chiamati ‘bozzettoni’ (come Sir Denis Mahon battezzò il primo ad essere identificato con certezza). Secondo i miei calcoli, sono sopravvissute quasi 50 versioni di prova realizzate dal Guercino, che fino a poco tempo fa si riteneva fossero per la maggior parte copie di scuola. Risalgono a poco dopo l’inizio della carriera dell’artista per giungere fino a poco prima della fine. Guercino fu un pittore così spedito che non pensava a nulla – in effetti – dipingendo due volte la stessa immagine. In almeno due casi, due bozzettoni furono dipinti prima della tela finita. Le versioni di prova permettevano al pittore di rivedere le forme, il colore e la luce della sua composizione prima di imprimerla per sempre sulla tela. La disponibilità e l’uso crescente della tela (oltre che della tavola) facilitavano lo sviluppo di questa pratica. Inoltre, le versioni di prova avevano le stesse dimensioni della tela finita, così che i contorni potevano essere facilmente rintracciati e quindi trasferiti nella nuova tela. La ‘prima bozza’, sarebbe rimasta accanto all’artista mentre egli perfezionava la composizione fino a giungere alla versione finale “de luxe” per il committente. Le versioni di prova differiscono dai lavori finiti per il loro trattamento più sperimentale, e per il risparmio dovuto all’uso di materiali meno costosi oltre che per le variazioni nei dettagli. Ad esempio, le versioni di prova del Guercino, a partire dalla seconda metà del decennio 1610, ne includono una per Tancredi ed Erminia Doria e due per il Ritorno del figlio prodigo di Vienna.
Nei loro colori scuri esagerati, sobri e nel trattamento, sembrano ancora più caravaggeschi dei loro equivalenti finiti, più color crema. Questo innegabile aspetto caravaggesco indica che il giovane Guercino prese in prestito la pratica di realizzare versioni di prova di Caravaggio e dei suoi seguaci? 
I duplicati, di solito con una versione più risolta o finita rispetto all’altra, si verificano certamente nei dipinti di Caravaggio; l’esempio più eclatante forse è il suo Ragazzo morso da una lucertola. Ne esistono, com’è noto, due dipinti e sono delle stesse dimensioni, uno nella Fondazione Roberto Longhi, a Firenze, e l’altro nella National Gallery, a Londra, entrambi in genere datati 1594. Rispetto a quello di Londra, l’immagine Longhi è dipinta più liberamente e con forza, i passaggi tonali non sono così raffinati (come nella spalla destra del ragazzo), e le dimensioni della sua testa e l’estensione dei suoi capelli ricci sono più grandi e la linea d’ombra dietro vi si interseca in modo diverso. Questa versione sembra incompiuta rispetto alla più completa immagine londinese, che appare svilupparsi per logica dall’altra: vedere l’immagine Longhi come ex post facto è come mettere il carro davanti ai buoi.
È mia opinione che le versioni-prova [bozzetti, prime versioni] debbano essere sfruttate al massimo per (comprendere) l’opera di Caravaggio e dei suoi seguaci, ma anche quella degli artisti bolognesi, quali Guido Reni. Quando sono valutate accanto alle opere finite, esse gettano una luce preziosissima sul processo creativo, e sulle scelte operate dall’artista oltre a sottolineare quanto essi fossero straordinariamente abili. La funzione di questi modelli ha perfettamente senso in un momento in cui clienti esigenti e artisti ambiziosi, in competizione l’uno con l’altro, si rendevano conto fin troppo bene dell’importanza della qualità dell’immagine finale della produzione. 
Alcuni specialisti continuano a negare l’esistenza di versioni di prova all’interno dell’opera di un artista barocco italiano non capendo il loro scopo. Dovremmo aspettarci molti più pentimenti se presupponiamo che tutte le tele di grandi dimensioni e con numerose figure siano state eseguite dall’inizio alla fine sulla stessa tela. In seguito, con l’avvento del periodo romantico, dipinti meticolosamente finiti come quelli del barocco italiano non erano più in voga, e quindi cessava di essere necessaria la necessità di una versione di prova intermedia (fonte: About Art online)