"La fanciulla con la cesta di frutta" inaugura il Teatro Casa Alberto Sordi, il 19 aprile a Roma

In scena uno spettacolo liberamente ispirato al rapporto tra Caravaggio e Mario Minniti, il secondo dei due ritenuto da alcuni modello in opere giovanili del primo

Giovedì 19 Aprile alle 19.30 la compagnia teatrale The Ghepards inaugura il Teatro Casa Alberto Sordi portando in scena lo spettacolo “La fanciulla con la cesta di frutta” scritto e diretto da Francesco Colombo con Grazia Capraro, Marco Celli, Adalgisa Manfrida e Michele Ragno
La pièce, premiata nel 2016 dal pubblico come miglior spettacolo al Roma Fringe Festival, è ambientata in un museo, precisamente a Galleria Borghese, Roma. Il personaggio raffigurato nel quadro di Caravaggio “Il fanciullo con la canestra di frutta”, rompe il silenzio assordante che regna nella sala ed inizia a parlare. “Nessuno mi conosce, nessuno sa chi sono, nessuno si ricorda di me”. Si tratta di Mario Minniti, modello di Caravaggio e pittore siciliano, “intrappolato per l’eternità” dentro alla sua cornice. È così che inizia a prendere vita un divertente dialogo tra Minniti, il dipinto, e Caravaggio, il suo creatore, entrambi interpretati da Marco Celli. Due voci che si rispondono, un dualismo che prende vita all’interno di una cornice e fa esplodere la domanda centrale del testo: “Chi è l’opera? Chi l’artista?".
Altri tre stranissimi personaggi arrivano lentamente sulla scena: Gesù (Michele Ragno), un angelo voglioso di iniziare a peccare (Adalgisa Manfrida), un angioletto muto (Grazia Capraro). Anch’essi con mille dubbi e domande irrisolte circa la loro creazione, la loro vita eterna in una tela, i loro sguardi posati su un mondo che scorre ogni giorno davanti alla loro costante immobilità. Gli interpreti de “La fanciulla con la cesta di frutta” hanno ricevuto il premio come miglior attori emergenti al Roma Fringe Festival 2016. 
“Fin da ragazzo, visitando i musei, rimanevo incantato di fronte alle grandi opere dei Maestri - afferma il regista Francesco Colombo - mi soffermavo a lungo ad ammirarle e immaginavo che mi parlassero. Pensavo a quanto sarebbe stato bello visitare un museo di notte, da solo, in un silenzio spaventoso, senza i gruppi di turisti che rumoreggiano e scattano fotografie di soppiatto. Tornavo a casa, e nella mia cameretta continuavo a fantasticare sui quadri. Mi chiedevo quale fosse il rapporto tra i modelli rappresentati nelle opere e l’artista. Poi ho scoperto che ne Il fanciullo con la cesta di frutta di Caravaggio il modello, Mario Minniti, era a sua volta pittore, nonché (si dice) suo amante. Ho provato allora a immaginare quali sentimenti albergherebbero dentro i personaggi dei quadri, se potessero prendere vita. Quanta invidia deve provare Mario Minniti nel vedere migliaia di persone che si fermano a guardare il quadro che lo incornicia per sempre e sentire parlare i visitatori solamente della grandezza di Caravaggio? Cosa proverebbe ad essere ricordato innanzitutto come modello, al limite come possibile amante, e non come artista? “La gente vede me, quindi sono io l’opera d’arte e quindi l’artista!” forse direbbe... 
Ma quando Mario Minniti, il pittore, si trova a sua volta davanti a una delle proprie opere, il suo punto di vista cambia? L’artista è l’opera o chi viene raffigurato? Va da sè poi che un autoritratto non ha questo dilemma, o che la ballerina di Degas è felice di essere stata immortalata per l’eternità nella sua posa. Che i modelli si fanno la guerra rispetto ai vari periodi artistici.” 

Fonte: Ufficio Stampa Theatron 2.0 (stampa.theatron@gmail.com)