Caravaggio ucciso da uno stafilococco aureo? “No, è impossibile identificare i resti ossei”

Su The Lancet l'ipotesi di un ricercatore italiano sull'ipotesi della causa della morte del pittore bergamasco utilizzando tre differenti metodi di rilevamento del Dna: "Ucciso da uno stafilococco aureo"


Con sorprendente ciclicità si torna a parlare di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. Non tanto delle sue opere, ma delle cause della sua morte e, ovviamente, del luogo della sua sepoltura, che restano avvolti nel mistero. 
Riprendendo un testo dell’Ihu Méditerranée Infection di Marsiglia (che fa riferimento a un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Infectious Diseases) il sito web “Qaeditoria” ha titolato di recente “Caravaggio: morto per uno stafilococco aureo”. Un po’ come accade per la Mona Lisa – il famoso dipinto di Leonardo da Vinci perennemente al centro di eclatanti scoperte – anche per Caravaggio pareva che l’ennesima notizia riguardante lo sfortunato pittore lombardo fosse difficilmente sostenibile senza dei fatti concreti. Invece pare che dei passi avanti si siano realmente fatti e che quest’ultimo tassello di verità sia compatibile proprio con i risultati di una lunga e circostanziata analisi scientifica. Anche se mettere d’accordo tutta la comunità scientifica è un’altra cosa…
Ma andiamo per gradi. 
Caravaggio morì a Porto Ercole, in Maremma. Il dato è un po’ più certo dopo che, nel 2001 nei registri della parrocchia di Sant’Erasmo a Porto Ercole, in un libro dei conti del 1656, è stato rinvenuto l’atto di morte dell’artista che riporta testualmente “A dì. 18 luglio 1609 nel ospitale di S. Maria Ausiliatrice morse Michel Angelo Merisi da Caravaggio dipintore per malattia”. A prima vista salta agli occhi che l’anno citato è 1609 e non 1610, però l’errore è plausibile poiché nell’area di Porto Ercole al tempo non fosse ancora stato introdotto il calendario gregoriano, oppure potrebbe trattarsi di una svista di trascrizione. Tuttavia l’atto ha spinto a ricercare con maggiore accuratezza la sepoltura di Caravaggio. 
Intorno al 1610 gli stranieri di misere condizioni venivano sepolti nel cimitero di San Sebastiano di Porto Ercole e sicuramente lì venne sepolto il Caravaggio. Tuttavia nel 1956, a causa dei interventi per l’ampliamento della strada di accesso al paese, i resti funebri dell’antico cimitero furono traslati in una cripta dell’attuale cimitero, e qui si sono concentrate le ricerche del gruppo di scienziati che, dopo aver sondato anche le cripte del forte spagnolo e la cripta della chiesa di Sant’Erasmo, hanno selezionato alcuni scheletri rinvenuti ed effettuato numerosi test scientifici ritenuti attendibili. Arriviamo infine al 16 giugno 2010 quando l’equipe di ricercatori ha ufficialmente sostenuto che le ossa ritrovate, con un’accettabile percentuale di sicurezza sono quelle di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.
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Però c’è chi avanza delle perplessità. Dario Piombino Mascali, antropologo siciliano che da anni lavora all’Università di Vilnius, in Lituania: “Da antropologo posso confermarti che è impossibile identificare i resti di Caravaggio. Prima di tutto le ossa: osteologicamente è difficile stabilire l’età precisa dei reperti poiché i metodi utilizzati fanno riferimento in larga parte a ricerche svoltesi negli Stati Uniti e in epoche recenti. Cioè di stato socioeconomico diverso rispetto alle persone che devono essere verificate dall’antropologo o dall’archeologo. Quindi la stima dell’età alla morte nell’adulto si rivela troppo approssimata; inoltre il metodo del radiocarbonio (C14) presenta un range di vari decenni, per cui stabilire una data certa diventa estremamente difficile. Infine il piombo, cui si fa riferimento nell’articolo di Lancet e che lo si ritrova a livelli alti ne resti dei pittori: in realtà è diagenetico – prosegue Piombino Mascali – e può essere acquisito dall’osso durante la giacitura. Per esempio c’è un caso, quello della cripta di Spitalfields, a Londra, dove negli anni Ottanta emersero numerose incongruenze tra l’età biologica e quella cronologica di alcuni resti. Ciò indicò il bisogno di una profonda revisione dei metodi usati per stimare l’età alla morte. In poche parole, con riferimento alla ricerca su Caravaggio, ritengo sia impossibile stabilire con certezza a chi appartengano quei resti

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"Se Caravaggio si fosse educato a Roma la sua pittura non avrebbe fatto notizia": intervista a Mario Marubbi

D: Dott. Marubbi, quali sono ancora i nodi da districare nell’autografia del dipinto [il San Francesco in meditazione, ndC400]
R.: Mi sembra che ormai nessuno più pensi che possa non essere un autografo. Comprendo che la difficoltà maggiore ad accettarlo tra i dipinti autografi fosse non tanto la qualità dell’opera, piuttosto evidente, quanto l’esigenza di poter giustificare una collocazione così eccentrica per un dipinto di Caravaggio. Le vicende ormai acclarate che ne legano la committenza, o almeno il suo precoce possesso, da parte del Governatore di Roma, mons. Benedetto Ala, cremonese, credo abbiano ormai sciolto i dubbi residuali. La cosa più curiosa è però che, a parte Mina Gregori cui va riconosciuto –insieme a Maurizio Marini- di avere da sempre compreso l’importanza dell’opera, le contrarietà maggiori siano venute non solo, come è legittimo, dagli specialisti, ma in particolare dall’ambiente degli storici dell’arte cremonesi e in particolare da quelli più vicini all’istituzione museale cittadina. 
D: Secondo Lei cosa cambia in Caravaggio dopo la fuga da Roma sotto il profilo dell’ars pingendi
R: Dopo la fuga precipitosa da Roma, a seguito dell’omicidio Tomassoni alla fine del maggio del 1606, Caravaggio si trova in una situazione completamente nuova. Nonostante la protezione offertagli da Costanza Colonna nei suoi feudi, egli si sente braccato e in pericolo continuo. Cambia la sua vita, ma muta anche il suo modo di dipingere, che si fa ora più veloce, immediato, quasi che la precarietà di ogni giorno imponesse un ritmo accelerato anche al suo lavoro. Di contro alle opere concluse nell’Urbe poco prima, si pensi al San Giovanni di Kansas City o anche al San Giovannino Corsini, condotte in punta di pennello, raffinatissime nelle stesure cromatiche e dense di preziosità materiche, Caravaggio utilizza ora una scrittura più veloce, allusiva, quasi gestuale, senza preoccuparsi di tornare a rifinire, abbandonando ormai gli sfondi a una indistinta penombra. Si tratta probabilmente di un cambio di stile non dettato da una mutazione poetica, ma che deve piuttosto rispondere all’esigenza di produrre dipinti in tempi brevi, probabilmente destinati ad influenti personaggi della corte pontificia, quali appunto mons. Ala, in grado di intercedere per lui presso il papa. 
D: Ci perdoni per la domanda un po’ suggestiva, ma il tema del pentimento che accomuna questo dipinto con la Maddalena o le Maddalene, visto che nella mostra francese del prossimo settembre a cura di Francesca Cappelletti e Cristina Terzaghi ne compariranno due: la Klein già nota e quella recentemente in collezione europea scoperta dalla Mina Gregori, è casuale o indotto nel Caravaggio dai fatti delittuosi che il pittore si lascia alle spalle fuggendo da Roma? 
R: Tutta la pittura di Caravaggio ha una forte componente autobiografica, fin a partire dalle opere giovanili. Non vi è dipinto che egli realizzi senza che non vi si possa riconoscere il suo coinvolgimento emotivo, la sua partecipazione affettiva al fatto narrato, quasi ri-vissuto in prima persona secondo la prassi carolina di immedesimazione che l’arcivescovo di Milano seguiva nelle sue visite ai Sacri Monti. Impensabile che le opere realizzate in sì difficile frangente della sua vita non tradiscano in qualche modo lo stato di prostrazione psicologica che lo affiggeva per il dramma di un omicidio preterintenzionale. E’ come se il pittore volesse e cercasse un modo per espiare la colpa pur non intenzionalmente commessa. E l’effigiarla nell’atteggiamento di contrizione di santi penitenti, Maddalena o Francesco che fossero, significava probabilmente manifestare apertamente il suo desiderio di espiazione e redenzione. 
D: Quindi anche lei è d’accordo nel fatto che in molti ritengono che il san Francesco sia un autoritratto. E’ così? 
R: L’idea che il volto del santo altro non sia che l’autoritratto del pittore è un pensiero longhiano non da tutti condiviso, ma che la lettura in chiave autobiografica del dipinto ha riportato sicuramente in auge. Personalmente avrei pochi dubbi ad immaginare che in quell’espressione di pacifica rassegnazione e di abbandono totale nel mistero della Provvidenza vada colto lo stato d’animo di Caravaggio in quei mesi dell’estate del 1606, e che dunque quel volto raffiguri proprio il suo autoritratto [...]

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Presentazione di "L’Arte di vivere l’Arte. Scritti in onore di Claudio Strinati", a Roma il 27 settembre



Giovedì 27 settembre 2018 alle ore 17:00 presso Palazzo Carpegna, sede dell’Accademia Nazionale di San Luca, in occasione del 70esimo compleanno del prof. Claudio Strinati, sarà presentato il volume L’Arte di vivere l’Arte. Scritti in onore di Claudio Strinati, a cura di Pietro Di Loreto (Etgraphiae editore). Dopo i saluti istituzionali di Gianni Dessì, Presidente dell’Accademia Nazionale di San Luca, introdotti e coordinati da Francesco Moschini, Segretario Generale della stessa, interverranno Francesca Cappelletti, Francesco Buranelli e Riccardo Lattuada. Parteciperà Mina Gregori. Saranno presenti il Curatore e l’Editore. 

Il volume contiene alcuni saggi su temi caravaggeschi, a firma di Maria Grazia Bernardini (L'iconografia rivoluzionaria delle Sette Opere di Misericordia), Giacomo Berra (E il Caravaggio disse che «tanta manifattura gl'era à fare un quadro buono di fiori, come di figure»), Anna Coliva (Ottavio Leoni? Giuditta con la testa di Oloferne - Roma, Collezione Lemme), Alberto Cottino (Un caso interessante: il cosiddetto "Maestro delle mele rosa" tra caravaggismo e vasi a grottesche), Michele Cuppone («tre salti» sulle orme di Caravaggio intorno a Palazzo Madama), Dinko Fabris (Il liutista di Ribera: un caso precoce di caravaggismo), Helen Langdon (Caravaggio's Cardsharps and Gypsies Travel to Britain), Riccardo Lattuada (Un Archimede inedito del giovane Mattia Preti), Emilio Negro (Caravaggio e il giovane, che sonava il Lauto Wildenstein: un un rivoluzionario "manifesto" pittorico per il partito musicale petrarchesco?), Gianni Papi (Due dipinti di Juan Batuista Maino), Nicosetta Roio (Caravaggio, il problema del "Maestro della natura morta di Hartford" e il possibile ruolo dei siciliani Mario Minniti e Pietro d'Asaro), Keith Sciberras (Caravaggio ispirato. Il ruolo dei Lorena e l'Annunciazione di Nancy nella Malta del 1608: un capolavoro tra politica e religione).

Di seguito, l'elenco completo degli autori:
Cristina Acidini, Stefan Albl, Maria Giulia Aurigemma, Francesca Baldassari, Costanza Barbieri, Maria Grazia Bernardini, Giacomo Berra, Giuseppe Bertini, Arnauld Brejon de Lavergnée, Beatrice Buscaroli, Franco Cardini, Pierluigi Carofano, Sonia Cavicchioli, Maria Cristina Chiusa, Marco Ciampolini, Anna Coliva, Alberto Cottino, Michele Cuppone, Silvia Danesi Squarzina, Michele Di Sivo, Andrea Emiliani, Dinko Fabris, Marcello Fagiolo, Antonio Forcellino, Maria Barbara Guerrieri Borsoi, Helen Langdon, Riccardo Lattuada, Fabrizio Lemme, Anna Lo Bianco, Stéphane Loire, Stefania Macioce, Paola Mainetti, Valter Mainetti, Valerio Massimo Manfredi, Paola Mangia, Mario Marubbi, Giovanni Morello, Antonio Natali, Emilio Negro, Paolo Nucci Pagliaro, Franco Paliaga, Gianni Papi, Stefania Pasti, Alberto Mario Pavone, Francesco Petrucci, Massimo Pirondini, Rita Randolfi, Nicosetta Roio, Giancarlo Rostirolla, Keith Sciberras, Emanuela Settimi, Gianni Venturi, Rossella Vodret, Alessandro Zuccari.
«Un volume di studi honoris causa è sempre un doveroso omaggio a chi con la sua attività e con la sua personalità ha lasciato un segno profondo nel campo delle culture e della scienza. A maggior ragione quando la persona è tuttora in grado di recitare un ruolo di protagonista primario nei settori di sua pertinenza. Ecco perché dedicare un volume di studi a Claudio Strinati, ricorrendo il suo settantesimo compleanno, ci è sembrato un passo obbligato, considerando quanto questo studioso/amico ha dato e continua a dare alla cultura italiana, sia avendo ricoperto cariche istituzionali di assoluto rilievo, sia attraverso i suoi studi che continuano a svilupparsi in modo sempre originale ed approfondito. Il lungo e qualificatissimo elenco dei partecipanti, italiani e non (e non soltanto storici dell’arte), ma soprattutto il favore e l’entusiasmo espresso da tutti loro nell’aderire a questa impresa, è sicura testimonianza dell’ampiezza dei gradimenti ottenuti da Claudio in anni ed anni di impegno, oltre che della varietà e qualità di quanto ha praticato. Siamo convinti che grazie a questo ampio e straordinario ventaglio di partecipanti è stato realizzato un lavoro che si attesterà tra quelli di maggior rilievo nel campo degli studi honoris causa»

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Un potenziale inedito “San Giovannino” di Caravaggio in mostra a Monte Santa Maria Tiberina, il 6 e 7 ottobre


C’è anche la discussione e l’esposizione di un “San Giovannino”, quale potenziale autografo inedito del Caravaggio, tra le novità che segnano l’edizione di quest’anno di “Evidenza Caravaggio”, le due giornate di studio sulle opere dell’artista in programma il 6 e 7 ottobre prossimi a Monte Santa Maria Tiberina.
L’iniziativa, a cui fanno da corollario mostre e laboratori, è stata presentata oggi (giovedì 13 settembre), a Palazzo Donini, dall’assessore regionale alla Cultura Fernanda Cecchini, dal sindaco di Monte Santa Maria Tiberina Letizia Michelini, da Roberta Lapucci, responsabile del dipartimento Conservazione opere d’arte e di archeologia della “Saci” ed esperta del Caravaggio, dal presidente della scuola Studio Arts College International (SACI) Steven Brittan e dal critico d’arte Antonio Vignali. Presente anche Massimo Gazzarri, presidente onorario della libera Accademia di studi caravaggeschi. 
Il sindaco Michelini ha evidenziato come “le giornate di studio legate al mondo caravaggesco sono andate crescendo negli anni in termini di successo, trasformandosi in un vero e proprio evento che richiama a Monte Santa Maria Tiberina importanti studiosi ed appassionati. Contribuisce alla riuscita della manifestazione anche la formula di una iniziativa che unisce al convegno di studio e di approfondimento delle opere del Caravaggio laboratori e mostre. Quest’anno mettiamo inoltre a disposizione inediti ed opere altrimenti non visibili al grande pubblico”. Nel ringraziare istituzioni, enti e sponsor che hanno reso possibile la manifestazione, tra cui slow food che omaggerà con prodotti tipici locali, e la pro loco montesca, il sindaco ha annunciato che “le economie derivanti dall’iniziativa verranno assegnate al canile comprensoriale dell’Alta valla del Tevere”
Il critico Antonio Vignali, nell’illustrare il programma del convegno, ha evidenziato che “il simposio è diviso in due sezioni. La prima, sabato 6 ottobre, è dedicata alla parte documentaria e la seconda, domenica 7 ottobre, alla diagnostica, nel corso della quale saranno approfonditi gli aspetti tecnico esecutivi delle opere. Il programma si concentra in due giornate particolarmente interessanti, sia per il calibro dei relatori in programma che per le argomentazioni che verranno esposte”.
“Monte Santa Maria Tiberina – ha detto l’assessore Fernanda Cecchini è un Comune piccolo ma ha una storia importante che continua a mantenere con iniziative di grande qualità, come questo Simposio. Qui troviamo due giornate di grande significato sia per gli studiosi che per quanti intendono avvicinarsi ad un artista straordinario come Caravaggio. Un artista capace di esprimere nelle sue opere la potenza dei sentimenti. Il programma del Simposio, che vede la presenza di studiosi di chiara fama internazionale, testimonia il rigore scientifico di una iniziativa che ha la capacità di unire arte e scienza. In questa proposta si inseriscono anche le nuove tecnologie come strumenti capaci di fare ordine e di consentirci di distinguere il vero dal falso. Insieme a persone autorevoli potremmo così conoscere, in uno dei borghi più belli dell’Umbria, uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi”. L’assessore ha infine ringraziato Massimo Gazzarri per il personale contributo dato alla manifestazione iniziata nel 2009 (fonte: Tuttoggi.info).

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“Caravage à Rome …”. Parla Cristina Terzaghi: "A confronto le due Maddalene, ma non formuliamo giudizi"



– Tra pochi giorni si aprirà a Parigi una importante mostra che vedrà a confronto due versioni di un capolavoro di Caravaggio, su cui i pareri degli addetti ai lavori si dividono, perché entrambe appaiono fortemente indiziate di autografia caravaggesca: la cosiddetta Maddalena Klein, già piuttosto conosciuta, studiata ed esposta varie volte e un’altra Maddalena in estasi che venne presentata quattro anni fa da Mina Gregori su “la Repubblica” ed esposta fino ad oggi solo a Tokyo. Tu, insieme a Francesca Cappelletti, siete le storiche dell’arte responsabili della mostra insieme a Pierre Curie (è il curatore del Museo Jacquemart-André, dove verranno esposte le opere, ndA), che però non mi pare sia noto come esperto ‘caravaggista’, ti chiedo quindi innanzitutto cosa vi ripromettete con questo evento; si tratta cioè di sciogliere, o comunque tentare di sciogliere, lo ‘storico’ enigma se Caravaggio abbia dipinto due testi dello stesso soggetto? E, a questo riguardo, ci sono novità che possano far pendere la bilancia a favore di una versione piuttosto che all’altra?
R: La mostra non nasce da un intento di connosseurship, ma da un’idea di Francesca Cappelletti e di Pierre Curie, che non è noto come specialista di Caravaggio, ma in occasione della mostra ha lavorato sulla giovinezza dell’artista, scrivendo un saggio nel catalogo, e si è cimentato su queste tematiche. L’idea risponde ad un’esigenza specifica, cioè quella di presentare anche a Parigi i lavori, almeno alcuni dei lavori, del genio lombardo, dal momento che stranamente nella capitale transalpina un evento del genere non si era ancora mai realizzato. Abbiamo quindi voluto che le due Maddalene in estasi fossero accostate per offrire agli studiosi ed al pubblico la possibilità di un confronto. In questo senso noi non siamo entrati nel merito dell’attribuzione, ma abbiamo messo a disposizione le opinioni già note sui dipinti, tenendo ovviamente presente che l’attribuzione al Merisi della Maddalena Klein risale al compianto Maurizio Marini, ragion per cui nel catalogo abbiamo formulato una scheda redazionale, dando conto delle opinioni degli studiosi, mentre per l’altra Maddalena, già esposta in una mostra a Tokyo nel 2017, la scheda è curata da Mina Gregori che la presenta come l’originale. Su questo aspetto non siamo intervenuti perché speriamo che si apra un dibattito tra gli studiosi, senza prevaricazioni o suggerimenti. 
– State pensando di realizzare un convegno a questo proposito? 
R: Si, a chiusura della mostra è previsto un convegno con l’obiettivo di discutere e raccogliere le impressioni e le idee degli specialisti, ribadendo che l’intento principale è proprio questo: offrire un’occasione di studio. 
– Dal punto di vista stilistico ritieni personalmente che la Maddalena in estasi sia pertinente all’ultima fase della produzione di Caravaggio (1610) o non invece al tempo della fuga nei feudi Colonna presso Roma (1606)? E’ possibile, come sostiene qualche noto ‘caravaggista’ che Caravaggio abbia dipinto due versioni di questo soggetto, una a Paliano (appunto nei feudi di Costanza Colonna, dopo la fuga da Roma) ed una a Napoli? 
R: Personalmente, dando credito agli antichi biografi, fino a qualche tempo fa pensavo che la Maddalena risalisse al 1606, quindi al tempo del soggiorno di Caravaggio, dopo la fuga da Roma, a Paliano, nei feudi Colonna. E tuttavia avendo ora potuto vedere direttamente una accanto all’altra le due versioni penso che abbia ragione chi – come Gianni Papi – sostiene da tempo una datazione al 1610, perché mi pare ci siano punti di contatto tra la Maddalena già esposta a Tokyo e la Sant’Orsola ora a Palazzo Zevallos a Napoli [...]

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"Una storia senza nome". Dal 20 settembre al cinema il film di Roberto Andò intorno al furto della "Natività" di Caravaggio

Un film sul fare cinema, tra colpi di scena e ironia. E «geniale», parafrasando una battuta della sceneggiatura. Nelle sale dal 20 settembre


Dalle note di regia di Roberto Andò
“Una storia senza nome” è un film sul cinema, un atto di fede, ironico e paradossale, sulle sue capacità di investigare la realtà e di trascenderla. Si è sempre sostenuto che l’immaginazione, anche la più potente e visionaria, paghi il prezzo di una impotenza a priori: l’impossibilità di provocare effetti reali. Il mio film, in modo giocoso, e mi auguro divertente, mostra il contrario. 
Mi faceva piacere, in un momento in cui il cinema appare più fragile e marginale, raccontare una storia al cui centro ci fosse un film e il suo misterioso, imprescindibile, legame con la realtà
Con Angelo Pasquini e Giacomo Bendotti abbiamo scelto una vicenda leggendaria degli annali criminali italiani, il furto della Natività di Caravaggio, avvenuto a Palermo nel 1969, un tempo in cui la città era preda del crimine organizzato, cioè della mafia, e anche della più completa indifferenza civile. Quell’anno i ladri prelevarono il quadro dallo splendido Oratorio di San Lorenzo, scolpito dal grande scultore Giacomo Serpotta, e in una notte di pioggia lo portarono via con un’Ape. 
Molti anni dopo, il pentito Francesco Marino Mannoia rivelò che si era trattato del primo furto su commissione eseguito dalla mafia. Raccontò anche di come la tela, al momento d’essere srotolata davanti al misterioso committente, si fosse sbriciolata in mille, minuscoli, frammenti. In seguito, altre deposizioni di pentiti contraddissero o amplificarono questa versione, sino a quando i mafiosi, poco prima degli attentati che colpirono Firenze, offrirono allo Stato la restituzione del quadro in cambio di un ritocco sostanziale del 41 bis. La strage dei Gergofili spazzò via, in modo definitivo, quell’assurda trattativa. 
Se custodire e tramandare la bellezza è la forma più elementare di civiltà, questo grado minimo in Italia è sempre stato a rischio. La nostra storia civile, densa di crimini e oscurità, offre infatti una cronaca mutilata di cui solo un atto fantastico può restituirci il senso. Ecco, il mio film è un atto fantastico. 
Un capolavoro rubato e dato in pasto ai porci, come riferirono altri pentiti, è infatti un racconto perfettamente aderente ai nostri trascorsi, un ottimo pretesto per un narratore che voglia creare una miscela tra fatti reali e fatti immaginati
Ora che il film è sul punto di uscire, si annunziano nuovi sviluppi delle indagini, e si ipotizza che il quadro, dopo essere stato rubato da ladri comuni, fosse stato consegnato alla mafia, che, dopo averlo tagliato a pezzi, lo avrebbe venduto a un mercante svizzero. 
Sin qui la cronaca, vera o falsa che sia. Veniamo alla finzione. 
Al centro del plot del film c’è una giovane donna, Valeria (Micaela Ramazzotti), che vive sullo stesso pianerottolo della madre, Amalia, donna affascinante e nevrotica, (Laura Morante). Valeria lavora come segretaria di un produttore cinematografico, ma nessuno sa che è lei a scrivere le storie firmate da uno sceneggiatore di successo, Alessandro Pes (Alessandro Gassmann). 
Tutto inizia quando Valeria incontra un uomo misterioso, un poliziotto in pensione (Renato Carpentieri), che le regala una storia. Da quel momento, la sceneggiatrice si troverà immersa in un meccanismo implacabile e rocambolesco. 
Con questo film avevo voglia di ritornare a un tono leggero, e di ritrovare temi che mi accompagnano da sempre: il fascino dell’impostura, i sentimenti nascosti che aspettano il momento propizio per uscire allo scoperto, gli equivoci che fanno d’improvviso deragliare la vita lasciandone esplodere il lato comico e imprevisto. 
A chi mi chiede se il mio film è una commedia rispondo con una frase di Billy Wilder: “Quando sto per fare un film non lo classifico mai, non dico che è una commedia, aspetto l’anteprima, se il pubblico ride molto dico che è una commedia, altrimenti dico che è un film serio o un noir”.


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Riapre (per tre giorni) la galleria di palazzo degli Alberti

Dal 7 al 9 settembre, in occasione della festa cittadina, una mostra temporanea per ammirare il meglio della collezione nella sede che oggi appartiene a Intesa San Paolo


PRATO. Tornano finalmente a casa i gioielli di Bellini, Caravaggio e Filippo Lippi che mancano a Prato dal 2011. Erano le opere della Cassa di risparmio di Prato, oggi proprietà della banca popolare di Vicenza in liquidazione coatta amministrativa, che ritornano al palazzo degli Alberti di Intesa San Paolo e possono essere nuovamente ammirate dal pubblico. 
In attesa che la galleria di palazzo degli Alberti riapra al pubblico, quello che Intesa Sanpaolo definisce “un gesto concreto per restituire alla città un patrimonio comune”, dal 7 al 9 settembre sarà possibile visitare gratuitamente in galleria una selezione di 11 opere, tra cui i capolavori di Caravaggio, Giovanni Bellini, Filippo Lippi, Puccio di Simone, alcune opere del Cinque-Seicento di area fiorentina e due sculture di Lorenzo Bartolini, artista di Prato attivo nella prima metà dell’Ottocento. Una piccola mostra temporanea con il meglio della collezione di palazzo degli Alberti visitabile a partire dalle 15.30 del 7 settembre, con gruppi di 25 persone ogni mezz’ora. Ecco il programma delle visite: venerdì 7 settembre dalle 15.30 alle 19.00 (ultimo ingresso alle 18.30), sabato 8 e domenica 9 settembre dalle 10 alle 13 (ultimo ingresso alle 12.30) e dalle 14.30 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30). 
Tutti i dettagli dell'iniziativa saranno spiegati venerdì 7 settembre durante una conferenza stampa nella sede di via Rinaldesca (fonte: Il Tirreno)

Due Caravaggio in mostra ad Anversa: la conferenza di Francesca Cappelletti

Anversa, L'opera di Caravaggio. Il 4 settembre dialogo tra Luc Tuymans e Francesca Cappelletti in occasione di Antwerp Baroque City 2018


Dove: Auditorium M HKA, Leuvenstraat 32 - 2000 Antwerpe. 
Evento coorganizzato con il M HKA, in collaborazione con la società Dante Alighieri di Anversa, nell'ambito della mostra Sanguine/Bloedrood. Luc Tuymans on Baroque, ideata e curata dall’artista per il M HKA (il Museo di Arte Contemporanea di Anversa) e per la Fondazione Prada in occasione della manifestazione Antwerp Baroque City 2018
Con l’esposizione Sanguine/Bloedrood Luc Tuymans vuole mettere a confronto opere chiave del barocco di Francisco de Zurbarán, Caravaggio e Anthony van Dyck tra gli altri, con opere di maestri classici contemporanei quali On Kawara e Edward Kienholz, integrate da opere di stelle contemporanee come Zhang Enli, Takashi Murakami, Michaël Borremans e Tobias Rehberger
È merito di Luc Tuymans e la sua squadra se il M HKA ha ottenuto in prestito e può esporre due capolavori del Caravaggio: Flagellazione (1607-1608) e Fanciullo morso da un ramarro (ca.1596-1597), che hanno potuto lasciare l’Italia in via del tutto eccezionale. 
Martedì 4 settembre alle ore 15, Luc Tuymans dialogherà con Francesca Cappelletti sull'opera di Caravaggio. Cappelletti prenderà spunto dalle due opere della mostra, mentre Tuymans commenterà partendo da una visione artistica contemporanea e ‘curatoriale’. 
Francesca Cappelletti insegna storia dell’arte all’università di Ferrara, Italia. Ha studiato a Roma, Londra e Parigi. Cappelletti che è specialista dell’opera del Caravaggio ha pubblicato nel 2009 Caravaggio. Un ritratto somigliante, una monografia edita da Electa. 
Dopo la presentazione il pubblico potrà visitare le due opere del Caravaggio e la mostra Sanguine/Bloedrood. Luc Tuymans on Baroque
L'evento è gratuito per chi è in possesso di un biglietto d’ingresso al museo 

Informazioni 
Data: Mar 4 Set 2018 
Orario: Dalle 15:00 alle 16:00 
Organizzato da : M HKA e Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles 
In collaborazione con: Società Dante Alighieri di Anversa 
Ingresso: A pagamento