La “Natività” di Palermo del Caravaggio. La testimonianza di Sandro Corradini nella ricorrenza del furto



Negli ultimi tempi, è tornata a far discutere la dispersa Natività di Palermo di Caravaggio.
Sul piano degli studi, acquisizioni di tipo documentario, diagnostico e iconografico in particolare, hanno reso sempre più convincente l’ipotesi che il quadro sia stato dipinto negli anni romani, cui del resto poteva essere accostato per affinità stilistico-compositive.
Ma soprattutto, nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia hanno permesso di ricostruire il contesto in cui maturò il furto della tela, dall’oratorio di San Lorenzo, e le modalità della sua vendita avvenuta nel giro di sei mesi.
Nella triste ricorrenza del furto (17-18 ottobre 1969), About Art online vuole ricordare il capolavoro palermitano con le toccanti parole di monsignor Sandro Corradini, tra i più grandi ricercatori di documenti d’archivio su Caravaggio. Il contesto, è quello del convegno La Natività di Palermo: prima pala d’altare per Caravaggio? tenutosi presso la Galleria Corsini il 9 giugno 2016, con l’intervento di Michele Cuppone (poi pubblicato sul fascicolo 9-2017 di “Valori Tattili”) e di Elisabetta Giani con Claudio Seccaroni (già apparso sul numero 28-2014 del “Bollettino ICR”).
Don Sandro – come è chiamato amichevolmente anche dagli studiosi caravaggisti – concorda anzitutto con il sospetto che il personaggio in piedi a mani giunte, sul lato destro, non sia san Francesco bensì un personaggio umile, forse un pastore. Quindi, riporta alla memoria le ricerche di Gian Lodovico Masetti Zannini, recentemente scomparso (Brescia, 8 febbraio 1929 – Roma, 1 agosto 2015), che nel 1971, due anni dopo che la tela era stata sottratta, pubblicò un documento del 1600. In esso Caravaggio si impegnava (e consegnava poi), con il mercante Fabio Nuti, per dipingere una pala d’altare dal soggetto non specificato. E proprio alla Natività di Palermo è ora più logico associare, per le misure indicatevi ma non solo, quel contratto di commissione.
Infine Corradini racconta di quando, giovane sacerdote, si recò a Palermo sul finire degli anni ’60 (nel mese di luglio-agosto del 1965 o più probabilmente 1966, ricorderà meglio poi). Lì, ebbe l’opportunità di vedere ancora in situ la tela del Caravaggio, artista a lui pressoché ignoto fino a quel momento. E ‘ignorata’ era pure la Natività, senza quel grande pubblico che oggi richiama un quadro di Merisi e, per di più, nell’assenza di adeguati sistemi di sicurezza – circostanza, quest’ultima, che da lì a breve si rivelerà fatale. L’auspicio finale, specie ora che si aprono spiragli nelle indagini investigative sul crimine commesso, è che prima o poi si possa rivedere con i propri occhi la Natività, capolavoro assoluto oggetto di sfortuna critica, prima ancora che dell’avidità dell’uomo.

Di seguito la trascrizione dell’intervento (per vedere il video, clicca CLICCA QUI):

«Rispettando e condividendo questa idea che quello [in piedi a mani giunte] non sia san Francesco ma sia un pastore, penserei che sarebbe opportuno non chiamarla “Natività”, ma “Adorazione dei pastori”. E allora, anche lì, di “pastori” ... ne resta solo uno, ma a parte questo dettaglio, insomma, è veramente interessante … E vorrei oggi – molti di voi l’hanno conosciuto – fare memoria di [Gian Lodovico] Masetti Zannini, che si imbatté per la prima volta in questo documento [di commissione a Caravaggio per Fabio Nuti], e pubblicò, ma rimase sconcertato, perché era Anno Santo, il 1600, ma non sapeva [quale quadro fosse] … si parlò di tutto, come lei ha accennato già e … non gli passò nemmeno per la testa l’idea che potesse essere riferito a quest’opera [la Natività]. Poi, una piccola cosa, se … non significa niente, ma … io ebbi modo, andando a Palermo nel ’68-70, di vederlo, ma ero un ragazzotto e non avevo all’epoca nessun interesse per il Caravaggio. Sapevo che era Caravaggio dalla guida, e mi impressionò. Ma mi impressionò la non custodia! Io sono arrivato lì e non c’era nessuno … che vigilasse … la chiesa piccolissima, lì, proprio … accantonata da una parte, insomma, un’opera così, ma … ero un ragazzotto, ero un giovane sacerdote … Dico, ma come si fa a lasciare un quadro così importante incustodito in questa maniera!? Vedete, l’ho visto, mi fa una certa emozione e l’augurio, lo vogliamo fare, che prima o poi, prima di morire, lo si possa rivedere con i propri occhi» (Sandro Corradini, 9 giugno 2016).

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Caravaggio ad Arezzo? Secondo Claudio Strinati il “Ritratto di Marcello Provenzale” della Galleria Borghese potrebbe essere di mano del Caravaggio e raffigurerebbe Bartolomeo Manfredi


Era stata preannunciata una ‘sorpresa’ alla preview per la stampa della davvero interessante mostra Milo Manara biografo di Caravaggio, che si è appena inaugurata ad Arezzo, alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea (piazza san Francesco, 4, fino all’8 gennaio) e la sorpresa c’è stata. Claudio Strinati, chiamato dagli organizzatori ad illustrare l’evento, cioè le quasi 100 tavole con le quali Manara racconta il grande maestro del Seicento e la sua esistenza avventurosa, ha presentato un dipinto – tirato fuori dai depositi della Galleria Borghese – che era conosciuto come “Ritratto di Marcello Provenzale”, assegnato alla mano di un maestro della ritrattistica primo seicentesca, cioè Ottavio Leoni, peraltro amico di Caravaggio. Ma le cose evidentemente stanno in modo diverso. Si sa che Claudio Strinati, oltre ad essere uno dei maggiori esperti internazionali ed inesausto studioso della vita e dell’opera di Michelangelo Merisi da Caravaggio, al quale ha dedicato esposizioni, per il quale ha promosso convegni e favorito ricerche, è solitamente molto cauto nelle attribuzioni, soprattutto quando queste concernono nomi di altissima rilevanza. E tuttavia in questa circostanza, esaminata la straordinaria qualità del dipinto, l’altissimo livello esecutivo, il tipico effetto luministico e il gioco chiaroscurale ha potuto attribuire il Ritratto proprio al grande genio lombardo, il quale, a suo parere, avrebbe effigiato non Marcello Provenzale, bensì un suo sodale ed amico, vale a dire quel Bartolomeo Manfredi che dell’opera del Merisi fu effettivamente tra i più efficaci interpreti e perfino divulgatore, tanto che le fonti antiche individuarono nella sua pratica artistica una vera e propria lezione di metodo, che ebbe l’effetto di richiamare a Roma – allora autentica capitale delle arti – un numero incredibile di artisti da ogni parte d’Europa. 
Cosa accadde in quegli anni e quali furono gli effetti di quegli eccezionali rivolgimenti artistici promossi dalla prorompente maniera di Caravaggio lo raccontano bene le fonti d’epoca, “ … i vecchi pittori – racconta lo storico Giovan Pietro Belloririmanevano sbigottiti per quello novello studio di natura, né cessavano di sgridare il Caravaggio e la sua maniera ...”, mentre al contrario “… presi dalla novità, i giovani concorrevano a lui e celebravano lui solo come unico imitatore della natura”.
Bartolomeo Manfredi (Ostiano -CR- 1582 – Roma, 1622) fu tra questi giovani certamente uno tra i più pronti a penetrare l’essenza della rivoluzione caravaggesca tanto da poter suggerire egli stesso, una volta scomparso il Merisi nel luglio del 1610, una modalità compositiva che venne definita “Manfrediana Methodus” (Il termine in effetti cominciò ad affermarsi in seguito ad un resoconto dello storico e biografo tedesco, oltre che artista, Joachim von Sandrart, dedicato alla vita e alle opere del pittore fiammingo Gerard Seghers (Anversa 1591 -1651) dove si faceva cenno alla “Bartholomeo Manfredi Manier”).
Fu in quell’ambiente, dunque, che sarebbe maturata la realizzazione del ritratto che Caravaggio avrebbe realizzato del suo amico e che Strinati, nella presentazione fatta alla stampa, ha collegato con molto acume agli eccellenti disegni con cui Milo Manara ha ripercorso la vita del pittore lombardo; in effetti lo studioso ha spiegato come l’esposizione debba concentrarsi sul tema dell’amicizia laddove l’incrocio delle due vicende, quella di Manara e quella di Merisi effettivamente presentano delle assonanze perfino conturbanti: l’artista veneto ha raffigurato Caravaggio con i tratti fisionomici di Andrea Pazienza, un disegnatore, fumettista ed artista suo stretto amico purtroppo scomparso divulgandone il ricordo attraverso la raffigurazione, proprio come Caravaggio avrebbe fatto ritraendo il suo giovane amico Manfredi, il quale poi, scomparso il maestro, ne divulgò a sua volta l’alfabeto pittorico.
Se tutto questo può essere accettato e apprezzato come frutto di un’analisi che è apparsa esauriente ed acuta oltre che affascinante e coinvolgente, tuttavia resta ovviamente il problema attributivo e non è un problema da poco dal momento che entra in ballo il nome di Caravaggio. Occorre dire in effetti che non tutto è chiaramente documentato riguardo alla vita di Bartolomeo Manfredi, né è proprio chiaro quando arrivò a Roma, anche perché la prima data certa che prova la sua presenza nella città eterna è quella che compare in una citazione del tribunale criminale risalente al 28 marzo 1607 (anche Manfredi non era certo uno stinco di santo), mentre è a tutti noto che già alla fine del maggio dell’anno prima Michelangelo Merisi era fuggito da Roma in seguito all’omicidio di Ranuccio Tomassoni. Vero è che di un tal “Bartolomeo pittore” parlano altre cronache dell’epoca, sempre in tema di fatti criminosi, ma non c’è certezza alcuna sulla sua identità.
Gli addetti ai lavori dunque conoscono bene i limiti che rendono particolarmente ostica l’indagine sul pittore di Ostiano a causa proprio della reticenza, per dir così, delle fonti e dei documenti; vero è che potrebbe essere lui quel “Bartolomeo” registrato come garzone al servizio del Merisi, ma non esistono prove certe neppure a tal riguardo, né questo sarebbe sufficiente a dimostrare la assoluta pertinenza del ritratto che gli sarebbe stato dedicato. Va aggiunto però che la fama e la considerazione di cui gode Claudio Strinati suggeriscono di avere sempre la massima attenzione intorno a quello che propone. D’altra parte egli è ben consapevole che il percorso attributivo è appena agli inizi, tanto è vero che – d’accordo con gli organizzatori e con il Sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli – demanda ad un convegno in corso di preparazione e in cui saranno coinvolti esperti e studiosi dell’opera del genio milanese, la discussione e l’approfondimento della sua intuizione. La quale, osservando bene il dipinto come non era stato possibile fino ad ora e come abbiamo fatto insieme con gli altri presenti, appare comunque legittima in ragione della notevole resa pittorica, da potersi ritenere degna perfino della mano di un Maestro come Caravaggio. Ma questo è il parere di quanti assistevano all’evento; per tutti l’appuntamento è al prossimo convegno di studi (fonte: About Art online)

Il Caravaggio rubato a Palermo, scende in campo il Vaticano: "Ricerche internazionali"

La "Natività di San Lorenzo" è scomparsa nel 1969. Lunedì incontro fra esperti per "ribadire l'opposizione alle mafie da parte della Chiesa"


Il Vaticano scende in campo per cercare di ritrovare, dopo quasi 50 anni dal suo furto, la "Natività di San Lorenzo" di Caravaggio rubata a Palermo nel 1969 e considerato il "quadro più ricercato al mondo". Per questo lunedì 15 un dicastero Oltretevere ha convocato a Roma un incontro di esperti per "ribadire l'opposizione alle mafie da parte della Chiesa, secondo l'esempio del Beato Giuseppe Puglisi" e per porre la "Natività al centro del dibattito internazionale affinché il quadro si possa finalmente ritrovare". L'appuntamento è al Palazzo della Cancelleria. 
Lunedì nella "Sala Vasari" della Cancelleria (palazzo extraterritoriale) il dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale presenta le novità raccolte dalla Commissione parlamentare antimafia nella relazione sul furto della "Natività" di Caravaggio, avvenuto nell'Oratorio di San Lorenzo, a Palermo, nel 1969.
L'incontro, spiega una nota del dicastero e diffusa dalla sala stampa della Santa Sede, si svolge a un mese dalla visita di Papa Francesco a Palermo per onorare il Beato Giuseppe Puglisi e nell'anniversario del furto, e rientra "nelle attività per la giustizia, contro la corruzione e le mafie, della task force internazionale del dicastero denominata Michelangelo For Justice, che ha avviato i suoi lavori il 15 giugno 2017, in Vaticano, con il Dibattito internazionale sulla corruzione e la pubblicazione dei libri 'Corrosione - combattere la corruzione nella chiesa e nella società' e 'Pane sporco. Combattere la corruzione e la mafia con la cultura'". Inoltre, questo incontro cade al centro del mese dedicato al Sinodo dei Giovani. Il pubblico, infatti, sarà costituito da 150 studenti di Roma e Ostia, che parteciperanno attivamente alla formazione di idee e azioni, secondo gli obiettivi della task force. All'incontro interverranno l'arcivescovo Silvano Tomasi (Dssui), la già presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, lo storico dell'arte Claudio Strinati, il filosofo Vittorio Alberti (Dssui), il Generale di brigata Fabrizio Parrulli, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dell'Arma dei Carabinieri. 
La "Natività" di Caravaggio è il quadro più ricercato al mondo: per questo è nella Fbi Top Ten Art Crimes, ed è "un formidabile simbolo e patrimonio dell'umanità, che supera la distinzione tra credenti e non credenti e va oltre la sola Palermo e la sola Italia. Di qui, l'attenzione rivolta dal Dicastero, nella sua competenza internazionale". 
Tra gli obiettivi dell'iniziativa, il sostegno "alle istituzioni che, a livello nazionale e internazionale, sono impegnate nella ricerca del quadro; interpellare i media, le persone di cultura e le formazioni sociali affinché essi stessi di facciano carico di questa responsabilità sociale che riguarda tutti, cattolici e non cattolici; promuovere piani sistematici di sensibilizzazione e educazione alla giustizia, per lo sviluppo umano integrale, secondo gli obiettivi della task force" (fonte: La Repubblica).

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"Quel ritratto è di Caravaggio": clamorosa sorpresa al vernissage della mostra di Manara

L'ipotesi di attribuzione al grande artista è di Claudio Strinati, curatore dell'iniziativa alla Galleria d'arte contemporanea. Il quadro finora era ritenuto di un minore seicentesco


Arezzo, 12 ottobre 2018 - Quel ritratto è di Caravaggio: si inaugura con il colpo di scena che qualcuno aveva preannunciato la mostra Manara, biografo di Caravaggio che da domani 13 ottobre 2018 fino all’8 gennaio 2019, presenta, per la prima volta al pubblico, la parte inedita della graphic novel di Milo Manara, dedicata alla vita di Michelangelo Merisi. E mentre gli spazi della Galleria Comunale d'Arte Contemporanea (Piazza San Francesco, 4) propongono, in anteprima assoluta, le quasi 100 tavole dove l’artista veronese racconta il grande maestro del Seicento e la sua esistenza avventurosa, la mostra è destinata a far scrivere una nuova pagina su quello che è il corpus delle opere caravaggesche. 
Nell’intento di raccontare come i contemporanei videro e spiegarono il Caravaggio e come lo vedono gli uomini e le donne del nostro tempo, attraverso gli occhi di Milo Manara nell’esposizione aretina entrano in scena anche gli antichi autori che per primi hanno affiancato il Caravaggio. Tra questi Bartolomeo Manfredi il pittore che, unico tra tutti, viene considerato dagli antichi come il primo seguace per eccellenza del maestro che in mostra è presente con il suo capolavoro la Disputa di Cristo tra i dottori del tempio, opera concessa dalla Galleria degli Uffizi.
Arriva invece dalla Galleria Borghese di Roma, il Ritratto di Marcello Provenzale finora attribuito ad Ottavio Leoni, autore tra l’altro di un ritratto celeberrimo di Caravaggio. Su quest’opera Claudio Strinati, che con la collaborazione di Claudio Curcio cura la mostra, ha avanzato un’interessante, nuova ipotesi di attribuzione che potrebbe ricondurla alla mano stessa di Caravaggio. 
Tra antichità e attualità la mostra Manara, biografo di Caravaggio, indaga così il talento, la passione e gli eccessi di quel genio artistico e offre un nuovo, sostanziale contributo alla storiografia artistica. Caravaggio, fonte inesauribile di riflessione e approfondimento offre poi l’occasione per il ritorno di Manara al fumetto. La bellezza, nonché il profondo significato espresso da questa sorta di moderna epopea figurativa, viene idealmente paragonata alle più antiche biografie del Caravaggio, quelle che vennero scritte e pubblicate al suo tempo. 
Nascono così due volumi (prodotti per l'editore francese Glénat e pubblicati in Italia da Panini), frutto di un'interessante e ricca sceneggiatura. Il primo intitolato La tavolozza e la spada è del 2015 mentre il secondo, La grazia è in uscita per il 2019 ed è anticipato dalla mostra di Arezzo. La mostra Manara, biografo di Caravaggio, è un progetto della Fondazione Guido d’Arezzo ed è realizzata in collaborazione con il Comune di Arezzo, DIALOGUES Srls, COMICON con il contributo di Conad del Tirreno, Estra e Coingas. La mostra è aperta dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Chiusa il lunedì.Il biglietto è acquistabile nella sede della mostra. Ingresso 5 euro, gratuito per i minori di 12 anni (fonte: La Nazione).

Caravaggio, il ‘vero’ Matteo e i Beatles


Un poster dei Beatles del 1969 e una cartolina della moderna serie "If Art Could Talk"




Nel dipinto, seguendo la linea che separa la luce dall’oscurità, chiunque sappia “vedere” sa dove punta. Non è un caso che Cristo converta, istantaneamente, il tipico esattore delle tasse ebreo dalla barba rossa con una spilla elegante nel cappello, indicando con l’indice piegato a metà ombreggiato verso l’interno di sé: il suo gesto non chiede “chi io ?, indica semplicemente che “Io” sono un uomo nuovo. Infatti, è l’unica figura che affronta lo spettatore direttamente con entrambe le gambe esposte per iniziare la sua risposta alla chiamata. Cristo qui, appropriatamente, inevitabilmente, usa lo stesso gesto che Dio Padre ha usato per creare Adamo nel soffitto della Sistina, come fa Pietro il suo seguace e successore. Nella cappella Contarelli la linea separa la luce dalle tenebre (anche le finestre sono scure), come fece Dio in Genesi, e illumina Matteo alla sua bocca, da dove scriverà, nella sua lingua ebraica nativa, il primo vangelo, che mette in relazione la genealogia della Salvezza da Abramo a Gesù. Il gesto di Cristo è quindi in entrambi i casi un gesto di creazione, la creazione di un uomo nuovo, il cui linguaggio in questo caso serve a recuperare ebrei recidivi che hanno errato dalla vera fede, e quindi adempiere finalmente, necessariamente, alla promessa della Antica Legge nella salvezza della Nuova. 
In un famoso poster dei Beatles realizzato nel 1969, Paul McCartney è ritratto come Levi-diventato-Matteo di Caravaggio al centro della composizione (con la Apple aggiunta per pubblicità commerciale). Per non sbagliare, la creazione del poster coincise in quello stesso anno con la registrazione della famosa canzone di Paul Maxwell’s Silver Hammer. McCartney, che era nato a Liverpool, battezzato cattolico, educato dai gesuiti, sicuramente sapeva che, seguendo una lunga tradizione, quando un papa muore il Camerlengo, in presenza degli altri cardinali, lo colpisce sulla testa con un martello d’argento, tre volte per dimostrare che è morto. Nel poster, anche l’artista del XX secolo, Fabio Traverso, sa chi viene chiamato. La scelta della scena, senza dubbio, ha avuto a che fare con la concomitanza della canzone, e il nome di Paolo con quello del papa di allora Paolo VI (1963-1978).

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Due Caravaggio in mostra a "Sanguine – Luc Tuymans on Baroque"

Il Ragazzo morso da un ramarro della Fondazione Longhi e il Davide con la testa di Golia della Galleria Borghese, in mostra a Milano presso la Fondazione Prada,  dal 18 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019

Fondazione Prada presenta la mostra “Sanguine – Luc Tuymans on Baroque”, a cura di Luc Tuymans, nella sede di Milano dal 18 ottobre 2018 al 25 febbraio 2019. Organizzato in collaborazione con M HKA (Museo d’arte contemporanea di Anversa), KMSKA (Museo reale di belle arti di Anversa) e la città di Anversa, il progetto è proposto in una nuova e più ampia versione a Milano, dopo una prima presentazione nella città belga da giugno e settembre 2018. Tuymans ha concepito un’intensa esperienza visiva composta da più di 80 opere realizzate da 63 artisti internazionali, di cui oltre 25 sono presentate esclusivamente alla Fondazione Prada. 
“Sanguine” è una lettura personale del Barocco, costituita da accostamenti inediti e associazioni inaspettate tra lavori di artisti contemporanei e opere di maestri del passato. Senza seguire un rigido ordine cronologico o un criterio strettamente storiografico, Tuymans elude la nozione tradizionale di Barocco e invita a rileggere l’arte seicentesca, ma anche quella contemporanea, mettendone al centro la figura dell’artista e il suo ruolo nella società. 
Seguendo la lezione di Walter Benjamin, secondo il quale il Barocco segna l’inizio della modernità, Tuymans indaga in questa mostra la ricerca di autenticità, il valore politico della rappresentazione artistica, il turbamento indotto dall’arte, l’esaltazione della personalità dell’autore e la dimensione internazionale della produzione artistica, riconoscendo nel Barocco l’interlocutore privilegiato dell’arte di oggi. “Sanguine” non solo forza i confini abituali della nozione stessa di Barocco, estendendone la durata fino al nostro presente, ma dimostra anche come gli artisti abbiano contribuito, nel corso degli ultimi due secoli, a ridefinirla, dall’accezione negativa attribuita dalla critica d’arte del tardo Settecento, fino alla rivalutazione attuata dal pensiero post-moderno e alla riaffermazione di un’espressività barocca e figurativa nell’arte degli ultimi anni. 
Il titolo della mostra – una parola che identifica il colore del sangue, il temperamento violento e ricco di vitalità di una persona, ma anche una tecnica pittorica – suggerisce una molteplicità di prospettive attraverso le quali si possono interpretare le opere esposte in cui convivono violenza e simulazione, crudeltà e teatralizzazione, realismo ed esagerazione, disgusto e meraviglia, terrore ed estasi. 
Nella visione di Luc Tuymans, Caravaggio – presente in mostra con Fanciullo morso da un ramarro (1595-96) e Davide con la testa di Golia (post 1606) – grazie al realismo psicologico espresso dal suo innovativo linguaggio pittorico, supera per primo la tradizione classica e manierista, incarnando lo spirito dell’artista barocco e la volontà di comunicare con il pubblico attraverso la forza della rappresentazione. 
Il confronto con Peter Paul Rubens, il pittore di Anversa ritrattista dei potenti e uomo politico, rivela l’ambiguità formale caratteristica della pittura barocca e la complessità delle relazioni che gli artisti hanno sviluppato nell’Europa della Controriforma e dell’insorgere della borghesia mercantile. 
L’arte barocca del Sei e Settecento è la prima corrente artistica ad assumere una dimensione mondiale, pur mantenendo specificità e caratteri legati alle diverse culture locali e alle sensibilità personali testimoniate in mostra, tra gli altri, da Guido Cagnacci e Andrea Vaccaro, Anthony van Dyck e Jacob Jordaens, Francisco de Zurbarán e Johann Georg Pinsel. All’interno del nostro mondo ancora più globalizzato e connesso, suggestioni, dinamiche e temi tipici dell’arte barocca si possono individuare nei lavori di autori contemporanei lontani tra loro e riuniti da Luc Tuymans in “Sanguine”. 
Il percorso espositivo di “Sanguine”, che si sviluppa negli spazi della galleria Nord, del Podium e del Cinema della Fondazione Prada, è completato dai lavori di Nick Andrews, John Armleder, Carla Arocha e Stéphane Schraenen, Fred Bervoets, Jacques-André Boiffard, Michaël Borremans, Adriaen Brouwer, Pavel Büchler, Jake e Dinos Chapman, Vaast Colson, Njideka Akunyili Crosby, Roberto Cuoghi, Berlinde De Bruyckere, Thierry De Cordier, Willem de Rooij, Cornelis de Vos, Lili Dujourie, Marlene Dumas, Zhang Enli, Luciano Fabro, Giuseppe Gabellone, Marcel Gautherot, Isa Genzken, Joris Ghekiere, David Gheron Tretiakoff, Franciscus Gijsbrechts, Pierre Huyghe, Jonathan Johnson, On Kawara, Zlatko Kopljar, Dominik Lejman, Ives Maes, Maestro dell’Annuncio ai Pastori, Mark Manders, Diego Marcon, Kerry James Marshall, Takashi Murakami, Bruce Nauman, Nadia Naveau, Paul Thek, Vanja Radauš, Tobias Rehberger, Alex Salinas, Yutaka Sone, Henri Storck, Pascale Marthine Tayou, Javier Téllez, Piotr Tolmachov, Luc Tuymans, Dennis Tyfus, Jan Van Imschoot, Jan Vercruysse, Michaelina Wautier e Jack Whitten (fonte: Fondazione Prada).

"L'Arte di vivere l'Arte. Scritti in onore di Claudio Strinati": online il video della presentazione


Disponibile on line il video della presentazione del volume L'Arte di vivere l'Arte. Scritti in onore di Claudio Strinati (a cura di Pietro di Loreto), avvenuta il 27 settembre presso l'Accademia di San Luca. L'evento, coordinato da Francesco Moschini, ha visto gli interventi di Francesca CappellettiFrancesco Buranelli Riccardo Lattuada, con contributi di Mina Gregori e Paolo Nucci Pagliaro, del curatore Pietro di Loreto e dello stesso Claudio Strinati.

La pubblicazione contiene diversi saggi su temi caravaggeschi, a firma di Maria Grazia Bernardini (L'iconografia rivoluzionaria delle Sette Opere di Misericordia), Giacomo Berra (E il Caravaggio disse che «tanta manifattura gl'era à fare un quadro buono di fiori, come di figure»), Anna Coliva (Ottavio Leoni? Giuditta con la testa di Oloferne - Roma, Collezione Lemme), Alberto Cottino (Un caso interessante: il cosiddetto "Maestro delle mele rosa" tra caravaggismo e vasi a grottesche), Michele Cuppone («tre salti» sulle orme di Caravaggio intorno a Palazzo Madama), Dinko Fabris (Il liutista di Ribera: un caso precoce di caravaggismo), Helen Langdon (Caravaggio's Cardsharps and Gypsies Travel to Britain), Riccardo Lattuada (Un Archimede inedito del giovane Mattia Preti), Emilio Negro (Caravaggio e il giovane, che sonava il Lauto Wildenstein: un un rivoluzionario "manifesto" pittorico per il partito musicale petrarchesco?), Gianni Papi (Due dipinti di Juan Batuista Maino), Nicosetta Roio (Caravaggio, il problema del "Maestro della natura morta di Hartford" e il possibile ruolo dei siciliani Mario Minniti e Pietro d'Asaro), Keith Sciberras (Caravaggio ispirato. Il ruolo dei Lorena e l'Annunciazione di Nancy nella Malta del 1608: un capolavoro tra politica e religione).

L'Arte di vivere l'Arte si può ordinare contattando lo stesso editore EtgraphiaePer ulteriori informazioni clicca qui.


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Ad Arezzo "Manara, biografo di Caravaggio"

Dal 13 ottobre, la mostra a cura di Claudio Strinati in collaborazione con Claudio Curcio, presenta la fine della graphic novel di Milo Manara dedicata alla vita di Michelangelo Merisi





Gli spazi della Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di Arezzo ospitano, in anteprima assoluta, la seconda parte della graphic novel di Milo Manara, dedicata alla vita di Michelangelo Merisi
Quasi 100 tavole in cui l’artista veronese racconta il grande maestro del Seicento e la sua esistenza avventurosa. Il talento, la passione e gli eccessi di quel genio artistico, diventano occasione per il ritorno di Manara al fumetto. Nascono così due volumi (prodotti per l'editore francese Glénat e pubblicati in Italia da Panini), frutto di un'interessante e ricca sceneggiatura. Il primo intitolato La tavolozza e la spada è del 2015 mentre il secondo, La grazia è in uscita per il 2019 ed è anticipato dalla mostra di Arezzo
Spiega Claudio Strinati che, insieme a Claudio Curcio, ha curato la mostra: “Si cerca di raccontare come i contemporanei videro e spiegarono il Caravaggio e come lo vedono gli uomini e le donne del nostro tempo, attraverso gli occhi di Milo Manara che rappresenta al meglio l’amore e le conoscenze attuali su quel grande pittore”
In mostra anche alcuni antichi autori che per primi hanno affiancato il Caravaggio, tra cui Bartolomeo Manfredi. In occasione dell’esposizione aretina, la Galleria degli Uffizi ha concesso il prestito di uno dei più grandi capolavori di Manfredi. Si tratta della disputa di Cristo tra i dottori del tempio dove rifulge chiaramente il significato profondo dell’arte caravaggesca nel Seicento (fonte: Artemagazine).

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