Caravaggio, il ‘vero’ Matteo e i Beatles


Un poster dei Beatles del 1969 e una cartolina della moderna serie "If Art Could Talk"




Nel dipinto, seguendo la linea che separa la luce dall’oscurità, chiunque sappia “vedere” sa dove punta. Non è un caso che Cristo converta, istantaneamente, il tipico esattore delle tasse ebreo dalla barba rossa con una spilla elegante nel cappello, indicando con l’indice piegato a metà ombreggiato verso l’interno di sé: il suo gesto non chiede “chi io ?, indica semplicemente che “Io” sono un uomo nuovo. Infatti, è l’unica figura che affronta lo spettatore direttamente con entrambe le gambe esposte per iniziare la sua risposta alla chiamata. Cristo qui, appropriatamente, inevitabilmente, usa lo stesso gesto che Dio Padre ha usato per creare Adamo nel soffitto della Sistina, come fa Pietro il suo seguace e successore. Nella cappella Contarelli la linea separa la luce dalle tenebre (anche le finestre sono scure), come fece Dio in Genesi, e illumina Matteo alla sua bocca, da dove scriverà, nella sua lingua ebraica nativa, il primo vangelo, che mette in relazione la genealogia della Salvezza da Abramo a Gesù. Il gesto di Cristo è quindi in entrambi i casi un gesto di creazione, la creazione di un uomo nuovo, il cui linguaggio in questo caso serve a recuperare ebrei recidivi che hanno errato dalla vera fede, e quindi adempiere finalmente, necessariamente, alla promessa della Antica Legge nella salvezza della Nuova. 
In un famoso poster dei Beatles realizzato nel 1969, Paul McCartney è ritratto come Levi-diventato-Matteo di Caravaggio al centro della composizione (con la Apple aggiunta per pubblicità commerciale). Per non sbagliare, la creazione del poster coincise in quello stesso anno con la registrazione della famosa canzone di Paul Maxwell’s Silver Hammer. McCartney, che era nato a Liverpool, battezzato cattolico, educato dai gesuiti, sicuramente sapeva che, seguendo una lunga tradizione, quando un papa muore il Camerlengo, in presenza degli altri cardinali, lo colpisce sulla testa con un martello d’argento, tre volte per dimostrare che è morto. Nel poster, anche l’artista del XX secolo, Fabio Traverso, sa chi viene chiamato. La scelta della scena, senza dubbio, ha avuto a che fare con la concomitanza della canzone, e il nome di Paolo con quello del papa di allora Paolo VI (1963-1978).

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