Caravaggio e la camera ottica. Sperimentazioni a cura di Roberta Lapucci in Tasmania


Presso il MONA (Museum of Old and New Art) di Hobart, Tasmania, è in corso la seconda parte di “Hounds in the Hunt. Optical aids in Art” (Segugi a caccia. Ausili ottici nell’arte), iniziative organizzate da David Walsh, fondatore del Museo, e da Jarrod Rawlings, che ne è il direttore. 
La prima mostra di questa serie, nel 2016, ha visto Tim Jenison e Jonathan Janson sperimentare con un “reflective mirror" e con tecniche prospettico-geometriche, in camera oscura, per riprodurre le opere di Vermeer. Le loro ricerche sono confluite in un volume corposo e raffinato, edito a cura del museo. Quest’anno è la volta di Roberta Lapucci che, all'interno di una camera oscura/spazio espositivo e davanti al pubblico, ha eseguito vari tipi di proiezioni ottiche, relative alla genesi delle opere di Caravaggio. Insieme a queste sperimentazioni, che la studiosa ha svolto per 15 giorni e che ora sono esposte nel filmato di sala, sono presenti nel museo, in un set di studio di artista, due pittori che ancora stanno eseguendo, sulla base degli abbozzi a biacca proiettati, le stesure a olio e a vernice necessarie per completare tre opere
Linda Kay Papadakis, MA Painting della scuola SACI di Firenze, dal 16 aprile al 10 maggio, eseguirà il San Giovannino Capitolino (dettaglio) e la Cena in Emmaus di Londra (dettaglio). 
Johannes Verhoeff, pittore tasmano, dal 10 maggio al 10 giugno, eseguirà due versioni della perduta Fillide: una come la si vede nella nota fotografia del dipinto, andato disperso nel 1945 a Berlino, e una "senza le deformazioni provocate dai sistemi ottici", ovvero come la modella davvero doveva apparire. Tale immagine è stata elaborata digitalmente e corretta sulla base delle ottiche utilizzate da Lapucci per la sperimentazione in camera oscura.