Dopo la notizia
"Il falso Caravaggio che invece è vero", data da Fabio Cavalera su
Il Corriere della Sera il 18 gennaio 2015 (
LINK), Vittorio Sgarbi ha replicato sullo stesso quotidiano con il contributo che segue:
Opaco nel disegno e nel colore, quel Caravaggio è davvero un falso
Caro direttore,
c’è una verità dei tribunali, e c’è una verità dell’arte.
La notizia uscita ieri sul «Corriere», «Il falso Caravaggio è vero», si
riferisce all’esito di un processo per ottenere una congrua
reintegrazione economica dopo un’incauta vendita. Insomma: «nessun
risarcimento all’erede della tela “I bari”.
Scambiato per una copia, fu
battuto all’asta per 55 mila euro da Sotheby’s: vale 13 milioni». E chi
l’ha detto? Il proprietario, l’acquirente, lo studioso
Denis Mahon,
esperto di pittura italiana del Seicento. Quante intuizioni ebbe! E oggi
un omaggio alla sua impresa di conoscitore è nella mostra a palazzo
Barberini a Roma, «Da Guercino a Caravaggio», i due autori a cui dedicò i
suoi quasi sempre fruttuosi sforzi.
Fu lui ad acquistare nel 2006 da
Sotheby’s a Londra la versione dei «Bari», oggetto del contenzioso
giudiziario. La verità artistica non coincide con quella giudiziaria.
Gli studiosi, che videro il dipinto, lo giudicarono, com’è, una replica.
E come tale fu venduto al prezzo giusto. La suggestione del critico e
il potere del mercato, nonostante l’evidenza dell’opera, fecero il
resto, fino a diventare una verità legalizzata.
Nessuna opera può essere
considerata di sicura attribuzione se non ha raggiunto l’unanimità
critica. E non è questo il caso. Soprattutto in considerazione
dell’indebolimento delle facoltà critiche di Denis Mahon nei suoi tardi
anni, con numerosi incidenti e riconoscimenti equivoci, tra i quali si
distingue quello del supposto «San Pietro» di Caravaggio, di proprietà
del faccendiere
Giancarlo Parretti, e anche di alcuni Guercino promossi,
con il benestare del critico inglese, da tale
Jadranka Bentini.
L’occhio di Denis si era appannato. E, considerando assai improbabile
che Caravaggio abbia eseguito due dipinti pressoché identici, il
confronto con l’originale dei «Bari», commissionato dal
cardinal Del
Monte, proveniente dalla Collezione Barberini Colonna di Sciarra (oggi
al Kimbell Art Museum di Fort Worth), è impietoso. Quanto il Caravaggio
autentico è tagliente, rigoroso, nitido, tanto quello di Denis Mahon
appare molle, gommoso, opaco nel disegno e nel colore. Nessun danno
reale per l’ex proprietario, giacché il dipinto non vale più delle
42
mila sterline che è stato pagato. L’equivoco è ancora più evidente se si
pensa che la fotografia pubblicata sul Corriere della Sera non è quella
del quadro di cui si parla, ma quella dell’originale di Fort Worth,
com’è evidente dalla diversa cornice e dallo spazio molto più stretto
nella parte superiore. Pubblicando oggi la versione di Denis Mahon si
avvertiranno le differenze, e sarà facile ristabilire la verità. D’altra
parte il dipinto di Mahon non può essere detto «falso», ma
semplicemente una replica più tarda, non autografa, di un altro pittore
del Seicento. Diverso è l’esito giudiziario di un’analogo caso, relativo
a un importante dipinto scoperto da un valoroso studioso, e autentico.
Nel 1948
Andrea Busiri Vici vide, presso un mercante a Roma, una tavola
con una poeticissima «Caccia in valle», e la riconobbe come un’opera di
Vittore Carpaccio, più tardi riconosciuta parte superiore delle «Due
cortigiane» del pittore al Museo Correr. La pagò 80 mila lire.
L’antiquario, rivendicando la propria ignoranza davanti al sapere di
Busiri Vici, aprì un contenzioso e ottenne un risarcimento di 2 milioni
di lire, non pochi per l’epoca. In questo caso la verità giudiziaria
diede ragione all’«ingenuo» venditore e, benché il quadro sia
assolutamente autentico, la Sovrintendenza non lo riconobbe e ne
autorizzò l’esportazione in Svizzera. Ora il dipinto è legittimamente
esposto al Museo Getty di Malibu. Oggi assistiamo a un paradosso
opposto. Come scrive
Fabio Cavalera sul
Corriere: «L’Alta Corte di
Londra dà ragione alla casa d’aste. Era pressoché impossibile
identificare l’autore. Il quadro prima dell’acquisto era in condizioni
tali da nascondere i particolari per l’attribuzione. Merito del fiuto e
della competenza di Denis Mahon che l’ha riportato agli antichi
splendori consentendo dunque la scoperta». Peccato che non lo sia. Vedi
come tutto è relativo!