Claudio Strinati fuori dal coro: Caravaggio? C’è molto da rivedere …

Nuova intervista a studiosi caravaggisti su About Art online. Stavolta a parlare è Claudio Strinati

 Il tema delle indagini diagnostiche su opere d’arte sembra da qualche tempo attirare l’attenzione degli addetti ai lavori soprattutto perché sta riguardando in particolare un artista molto amato dal pubblico, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Nel tuo lavoro di studioso e di dirigente per lunghi anni del più grande polo museale italiano, hai promosso una serie davvero notevole di iniziative di carattere espositivo editoriale convegnistico ed hai anche certamente contribuito in larga misura ad aprire la strada a queste metodologie di analisi; la prima questione che ti pongo dunque è questa: sulla base della tua eccezionale esperienza cosa pensi davvero delle indagini diagnostiche? Sono la strada per arrivare a definire le questioni attributive? 
R: Le indagini diagnostiche sono molto importanti, sgombriamo subito il campo dagli equivoci, e sono sicuramente di grande sostegno al lavoro dello studioso; tuttavia, se posso fare un esempio, nel nostro campo degli studi storico artistici la situazione è la stessa che c’è nel campo della medicina, nel senso che se l’esame diagnostico lo si legge correttamente – e sono convinto che i nostri esperti lo sanno fare perfettamente – si possono ottenere risultati significativi ma che tanto più sono validi quanto più riferiti ad un’ampia statistica; mi spiego: oggi siamo molto avanti sul piano tecnologico, non c’è dubbio, con macchinari sempre più efficaci che forniscono esiti eccellenti, ma il problema vero è che non abbiamo altrettanti dati statistici e tali da poterci autorizzare a trarre deduzioni sempre necessitanti.

– Vuoi dire che non si sono raggiunti nelle indagini risultati tali da poter dedurre fatti incontrovertibili? 
R: Esattamente. Prendiamo l’esempio delle incisioni; fino a qualche tempo fa si pensava che l’incisione, con una punta o con la coda del pennello o come che sia, rinvenuta su una tela fosse una caratteristica tipica di Caravaggio e che quel dato costituisse un grande ausilio per confermare l’attribuzione di un’opera all’artista; ora sappiamo che non è così, perché si vedono incisioni in tele di Gentileschi, Spadarino ed altri ancora. Che vuol dire? Vuol dire che non si erano fatte rilevazioni del genere su altri artisti della stessa epoca, ma appena lo si è fatto e i dati di valutazione sono aumentati le cose sono cambiate; oggi è possibile perfino arrivare a ribaltare la questione, dal momento che, certo, l’indagine va fatta, questo elemento delle incisioni deve essere rilevato, ma è del tutto insufficiente per giudicare l’autografia di un dipinto e, al contrario, potrebbe addirittura determinare soluzioni sballate se preso da solo, quindi non più necessitante per stabilire un’attribuzione. Ma se è così, ed è così, allora questo discorso vale per tutto il resto. Per fare un altro esempio, da sempre, parlando della tecnica esecutiva di Caravaggio si insiste molto sulla preparazione, sulla famosa ‘tecnica a risparmio’ ecc, ma anche leggendo le relazioni degli esperti non è che si capisca bene cosa sia, se e quando è stata usata e dove, ma soprattutto il problema secondo me è capire se quel tipo di procedura fosse o sia stata esclusivamente propria di quell’artista in quel lasso di tempo per consentirci di poter dire oggi che si, effettivamente non ci sono dubbi … 

– In pratica, mi sembra che a tuo parere quando si tratta di discutere dell’attribuzione di un’opera –specie trattandosi di Caravaggio  occorrerebbe fare chiarezza su cosa si deve indagare e cosa viene indagato e perché; è così? 
R: Ti rispondo con una considerazione che mi è occorso di fare proprio leggendo il catalogo della mostra milanese di Palazzo Reale Dentro Caravaggio che proprio sul tema delle indagini diagnostiche è stata organizzata, e cioè: ma sono stati fatti rilievi diagnostici su determinati autori che usano il nero assoluto come sfondo di loro opere? Ti faccio un esempio che giudico emblematico: io sono assolutamente convinto che un’importanza enorme sia per la ritrattistica sia per l’approccio alla natura morta anche per Caravaggio l’abbia avuta Fede Galizia; c’è un suo ritratto molto noto, quello del gesuita Paolo Morigia, che ha un fondo scurissimo e che porta iscritta la data del 1596; certamente è un’opera strepitosa sotto l’aspetto tecnico esecutivo e, secondo me, contiene già in nuce tanti aspetti della tecnica caravaggesca; peraltro la data iscritta, ancorché ritenuta dubbia, è di per sé piuttosto interessante; quindi mi chiedo: sono state eseguite indagini su Fede Galizia, su Lomazzo, su quell’ambiente lombardo diciamo precaravaggesco che certamente ha influito sulla formazione del Merisi? E se si, sono ad un livello comparabile con quanto si è fatto e si sta facendo con le opere di Caravaggio? Non ne sono affatto certo, anzi credo di no; allora è evidente che pur avendo a disposizione strumenti analitici così sofisticati si finisce con l’utilizzarli solo sul ‘feticcio’, nel nostro caso Caravaggio. Ma in questo modo il quadro non sarà mai completo e i risultati rimarranno importanti ma parziali. 

– A Milano tra i quadri esposti e sottoposti ad indagini vi è un dipinto, il Ragazzo morso dal ramarro della Fondazione Roberto Longhi, che non tutti gli esperti giudicano autografo, ritenendo invece di mano di Caravaggio solo quello che si trova oggi alla National Gallery di Londra. Tuttavia dalle analisi comparirebbe una prassi esecutiva ed una materia di quelle usate dal Merisi, ma gli esiti evidentemente non sono tali da convincere chi non ci vede la mano del genio milanese (da ultimo, vedi A. Zuccari, About Art online). Ti chiedo: non si rischia così di fare confusione? E soprattutto, non si corre il rischio, una volta aperta questa porta, di ridimensionare il ruolo dello storico dell’arte? 
R: Hai ragione, il rischio esiste. Dalle indagini possiamo arguire che Il Ragazzo-Longhi è esattamente dell’epoca, eseguito con gli stessi colori, gli stessi materiali, lo stesso supporto, esattamente con la stessa simbologia, ma per me resta una diversa versione da un originale; si può discutere se sia una replica o una copia, ma non si deve arrivare all’uso che giudico alienante di qualche rilievo scientifico-diagnostico per stabilirne l’autenticità; occorrerebbe sempre tener conto della nota sentenza basata sulla prassi filosofica del “necessario ma non sufficiente”, ed in effetti il vero scienziato è precisamente colui che sa distinguere il necessario dal sufficiente, mentre in certi casi la tendenza è a far coincidere i due aspetti [...]

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"Il Mondo della storia dell’arte dice addio a Sergio Benedetti", di Pietro Di Loreto

Ci lascia Sergio Benedetti. I funerali si svolgeranno a Firenza in OFISA, via Giovanni Milton 89, lunedì 29 gennaio alle 10:30


Oggi [ieri, ndC400] Sergio Benedetti ci lascia per sempre; un amico, uno studioso appassionato, un ricercatore di quelli come se ne trovano pochi, attento alle novità ma sempre disponibile ad ascoltare il parere di tutti, anche di quanti a volte non la pensavano come lui, anche se da buon toscanaccio (era nato a Firenze nel 1942) con una qualche intrusione caratteriale irlandese, non era il tipo da darla facilmente vinta.
Aveva partecipato con entusiasmo al volume di Scritti in memoria di Maurizio Marini, del quale era stato fraterno amico, ed aveva iniziato la collaborazione con About Art la scorsa estate con un suo scritto per una sorta di inchiesta -insieme ad altri amici studiosi- su determinati particolari aspetti del caravaggismo e soprattutto si riprometteva di scrivere - come ci aveva promesso durante la vacanze di Natale - per intervenire sull’indagine che stiamo realizzando tra gli esperti ‘veri’ sui motivi di questa particolare e sempre montante attrazione che la vicenda umana ed artistica di Caravaggio letteralmente scatena. E proprio di Caravaggio, com’è noto, aveva contribuito ad ampliare il catalogo delle opere con la scoperta di uno dei capolavori del genio lombardo ritenuto disperso, cioè la Cattura di Cristo oggi alla National Gallery di Dublino, che gli diede grandi soddisfazioni professionali, consentendogli tra l’altro di ricoprire il più alto incarico nel museo irlandese dove il quadro è esposto. Francesca Cappelletti, insieme con Laura Testa era stata autrice del ritrovamento di documenti essenziali per stabilire l’attribuzione di quel dipinto al Merisi. Oggi si dice “letteralmente distrutta”:
“Lo ricordo bene quel giorno del convegno quando il quadro venne ‘ufficialmente’ presentato; mi sentivo l’ultima ruota del carro in mezzo a tanti illustri esperti italiani e stranieri: Mahon, Strinati, Markova ecc; Sergio era emozionatissimo, ed io, poco più di una giovane ricercatrice, lo ero molto più di lui. Non posso credere che sia scomparso, anche se lo avevo visto già piuttosto giù in occasione della presentazione del volume di scritti in memoria di Maurizio Marini, alla Galleria Corsini, due anni or sono. Mi aveva detto che stava lottando contro ‘qualcosa che certamente se ne sarebbe andata’; ed invece non è stato così; con lui ho condiviso molte iniziative e prima di rientrare definitivamente a Firenze, ogni volta che tornava in Italia da Dublino mi telefonava per sapere delle inziative in essere e di come andavano le cose. Poi ci siamo sentiti sporadicamente, probabilmente perché invece la malattia non gli consentiva di fare molte cose. Sergio era una specie di carro armato, con quel carattere mezzo toscano e mezzo irlandese, o meglio con due caratteri in uno; voglio ricordarlo così sempre ‘tosto’ ma disponibile e sorridente; è una dura perdita, per gli amici e per il mondo degli studiosi”. 
Ci teneva come pochi Sergio Benedetti a far sentire la sua voce quando sulla figura e sull’opera del genio lombardo nascevano discussioni e polemiche - cosa che accade da tempo e sempre più spesso- legate ora ad una indagine diagnostica, ora a un’attribuzione, ora ad un ritrovamento, e proprio in occasione della polemica sorta lo scorso anno in occasione della scoperta della Giuditta ed Oloferne di Tolosa, mi telefonò per rimproverarmi perché tra tanti studiosi non avevo ancora pensato di registrare il suo parere, cosa che naturalmente feci immediatamente. Un errore che non avrei più fatto tant’è vero che fu tra i primi che contattai per alcuni lavori che sto curando; purtroppo Caro Sergio stavolta non per colpa mia, le cose non sono andate come entrambi speravamo (fonte: About Art online).

Nuovi articoli caravaggeschi sul fascicolo 9-2017 di "Valori Tattili"




Nel corrente fascicolo 9-2017 della rivista scientifica Valori Tattili, sono ben quattro i contributi a tema caravaggesco
I primi due, a firma di Michele Cuppone e di Roberta Lapucci, si concentrano sulla dispersa Natività di Palermo, attestandone con nuovi elementi la genesi romana e approfondendone aspetti tecnico-diagnostici. È peraltro pubblicata una copia antica del quadro, già nota a Roberto Longhi e appartenuta al gerarca fascista Luigi Federzoni – un'anticipazione di questa scoperta era apparsa su Artribune (LINK). 
Inoltre in una recensione di Michele Cuppone è analizzata criticamente l'ipotesi di identificare nel San Matteo e l'angelo di Muziano, recentemente ritrovato, la prima pala d'altare della cappella Contarelli, precedente al medesimo soggetto dipinto diversi anni più tardi da Caravaggio.
Infine, Franco Paliaga recensisce il libro Caravaggio e il comico di Giuseppe Porzio.


Il fascicolo è acquistabile su Art & LibriLibro Co., Artbookspresso Merigo Art Books o scrivendo a info@valoritattili.it.


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"L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri", conferenza di Alessandro Morandotti a Genova il 25 gennaio


I Musei di Strada Nuova sono partner della magnifica mostra milanese «L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri» Infatti dieci dipinti hanno temporaneamente abbandonato le sale dei nostri Palazzi e sono esposti alle Gallerie d'Italia in un percorso che intreccia la storia di Milano, Genova e Napoli. 
Venite a scoprirne di più alla conferenza di ALESSANDRO MORANDOTTI, curatore della mostra. Tra tutti i partecipanti verrà estratta a sorte una copia omaggio del catalogo della mostra milanese. Vi aspettiamo giovedì 25 all'auditorium di Palazzo Rosso.

Fonte:  CarpeDiem

"Caravaggio e il gusto mafioso": saggio sulla 'Natività' di Palermo di Francesco Paolo Campione



Esce in questi giorni Decodifiche criminali. Saggi su illegalità e comunicazione, a cura di Antonia Cava e Sebastiano Nucera ed edito da Corisco.
Il volume contiene il saggio di Francesco Paolo Campione Il potere di un quadro: Caravaggio e il gusto mafioso, che riguarda in particolare gli studi caravaggeschi per interessarsi al furto della Natività di Palermo, definita suggestivamente "Un santino d'autore".
Caravaggio400 pubblica in anteprima online l'articolo, inserito anche nella Biblioteca on line.
Di seguito eccone l'abstract:

L’affermazione del potere di una organizzazione criminale è indissolubilmente legata a un atto dimostrativo: un omicidio, una rapina eclatante, un furto altrettanto clamoroso prima ancora che delitti fini a se stessi sono ciascuno un messaggio di forza che deve essere veicolato attraverso le forme e i media più eloquentemente connotati dal punto di vista simbolico. Nel caso del fenomeno mafioso, la legittimazione di quel potere si caratterizza per una forma ancipite e apparentemente contraddittoria: da una parte sta l’ostentazione di sfarzo e ricchezza, talora caricati in misura che oltrepassa il grottesco, che è il segno della “rispettabilità” di chi sta a capo del sodalizio delinquenziale; dall’altra, l’inabissamento di ogni tratto distintivo deviante in una dimensione di assoluto anonimato e segretezza. In una accezione “diastratica”, una ipotetica scala ascensionale delle gerarchie mafiose corrisponderebbe a una sempre più sfumata epifania delle caratteristiche macroscopicamente evidenti dell’agire criminale: letteralmente come un’alta montagna, la cui cima starebbe nascosta sotto una coltre di nubi, la dimensione estetica di Cosa nostra diviene insondabile in corrispondenza del suo vertice.
Il mafioso di piccolo calibro è tale poiché il suo personaggio è costruito secondo uno schema rilevante solo nella sua dimensione sociale: un apparato “iconografico” quasi del tutto inderogabile, che prescrive modelli di comportamento, di apparenza all’interno della comunità, di uso dell’immagine improntati al lusso, alla moda appariscente, al “timore” reverenziale che ispirerebbe la sua figura. Un grosso SUV scuro o una potente automobile sportiva, posto che di per sé sono oggetti onesti e del tutto innocui, nella creazione dell’immagine mafiosa si traducono in altrettanti attributi di potenza. Persino lo spazio privato del mafioso deve rendere visibile la sua auto-mitizzazione: il kitsch, l’esagerazione dei rubinetti d’oro o della profusione di decori in falso stile Luigi XV, disegnano l’utopia di un ambiente “imperiale” nel quale il mafioso si rispecchia come un monarca assoluto. 
Eppure, al culmine di quella ideale scala che conviene ascendere per immaginare il luogo più segreto del gusto mafioso, quel ciarpame d’un tratto scompare e con esso le mostruosità di quella estetica pervertita: tutto è spazzato via da un solo oggetto, un quadro, la Natività con i Santi Francesco e Lorenzo di Michelangelo da Caravaggio (1600?) rubata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall’omonimo Oratorio di Palermo. Il furto di quel dipinto, forse la più grave offesa subita dal patrimonio artistico italiano, non è solo un atto di sfida alla collettività alla vigilia della stagione stragista: è l’investimento di uno statuto simbolico su quell’oggetto, il cui possesso fa credere sia possibile mutare finanche il corso delle cose.


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“Caravaggio visto da ‘dentro’? Andiamoci piano!” Parla Alessandro Zuccari

Prima di una serie di interviste a studiosi caravaggisti su About Art Online. Parla per primo Alessandro Zuccari

Tu sei tra coloro che hanno studiato più a fondo molti aspetti relativi alla figura e all’opera del Caravaggio sia dal punto di vista storico – documentario che dal lato stilistico e iconografico; oggi lo sviluppo della tecnologia sembra poter consentire ulteriori risultati, perfino – a parere di alcuni  per arrivare a sciogliere i dilemmi che ancora sussistono sul fatto che il genio lombardo replicasse o copiasse i suoi lavori; radiografie all’utravioletto, riflettografie infrarosse, MA-XRF, tecniche imaging: dunque è questa la strada che consentirà di arrivare alla soluzione definitiva per una questione che si trascina da tempo? 
R: No, personalmente non lo credo; non si tratta di sciogliere dubbi o scrivere la parola fine; e tuttavia è certo che stiamo toccando un tema importante sul quale è necessario fare chiarezza. A scanso di equivoci dico subito che a mio parere le indagini scientifiche, tra cui quelle che hai citato, sono importanti e considerato lo sviluppo continuo della ricerca in questo campo occorre certamente prenderle in considerazione, ma eminentemente per quanto concerne lo studio della materia pittorica; in questo senso esse assumono il dovuto rilievo perché consentono di comprendere le tecniche e le procedure utilizzate da un artista, di capire quali materiali utilizzati e come sono stati lavorati; insomma si tratta di strumenti utili che a mio avviso, tuttavia, restano complementari. 
– Cioè le indagini diagnostiche possono aiutare a stabilire quale è stato l’iter compositivo di un’opera ma non ad accertare quale mano l’abbia realizzata. 
R: Esattamente, per arrivare a un risultato davvero esaustivo occorre ben altro. 
– Da parecchio tempo ormai da questo punto di vista è sotto i riflettori proprio Caravaggio, diverse opere del quale sono state sottoposte ad indagini diagnostiche, i cui ultimissimi risultati sono stati presentati nel 2016 in un ponderoso volume intitolato Caravaggio Tecnica e stile. Opere a Roma e ora a Milano con la mostra Dentro Caravaggio, in corso a Palazzo Reale, curata da Rossella Vodret ed incentrata proprio sui risultati di indagini relative a svariate opere dell’artista considerate ‘certe’. Tuttavia gli esiti non consentono ancora di superare posizioni che appaiono comunque contrastanti, se pensiamo a come si dividono gli studiosi intorno a ‘doppi’ quali il Ragazzo che sbuccia un limoncello, il Ragazzo morso dal ramarro, Il San Francesco in meditazione, la Cattura di Cristo nell’orto … 
R: Innanzitutto intendiamoci su cosa vuol dire ‘certe’, perché a mio avviso l’eventuale superamento di posizioni contrastanti non potrà avvenire se non quando avremo la visione completa ed esaustiva di tutte le opere davvero sicure di Caravaggio, da un punto di vista stilistico, documentario e a quel punto anche diagnostico. Non credo che bastino le indagini tecniche a stabilire l’originalità di un’opera d’arte rispetto ad un’altra all’apparenza uguale, e questo vale per Caravaggio come per chiunque altro. Quando riusciremo a mettere a confronto determinate opere con una sufficiente campionatura relativa ai contemporanei, allora si potrà capire di più sulle reali affinità e sulle compatibilità stilistiche; tutto quanto è stato meritoriamente svolto e realizzato a livello diagnostico ci fornisce senza dubbio motivi di riflessione ed elementi di valutazione interessanti ma nient’affatto probanti. 
– Sempre a questo riguardo, in una intervista rilasciata ad About Art lo scorso settembre, a ridosso dell’apertura della mostra a Palazzo Reale, due storici dell’arte piuttosto noti anche come esperti della materia su cui indagano da tempo, cioè Marco Cardinali e Maria Beatrice De Ruggieri, hanno sostenuto che, nello studio di un dipinto, stile e procedimento tecnico dovrebbero formare un “binomio imprescindibile” perché “anche la radiografia va considerata come un documento” e riguardo a questo tema delle repliche o delle copie di opere caravaggesche suggerivano un percorso piuttosto diverso da quello per così dire tradizionale [...]


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A San Filippo del Mela sarà presentato il saggio d’arte “Caravaggio a Messina. Storia e arte di un pittore dal cervello stravolto”

Giovedì 18 gennaio 2018, alle ore 17.30, presso l’Ex Palazzo Municipale di San Filippo del Mela (ME) sarà presentato il saggio d’arte “Caravaggio a Messina. Storia e arte di un pittore dal cervello stravolto” della storica dell’arte Valentina Certo, edito da Giambra Editori di Terme Vigliatore. 

L’evento è organizzato dall’UPCF (Università Popolare Comprensoriale Filippese) di San Filippo del Mela, in collaborazione con la FIDAPA sez. Merì Valle del Mela e con il patrocinio del Comune di San Filippo del Mela. Dopo i saluti del presidente dell’UPCF, Vincenzo Diolosà e dell’editore Pierangelo Giambra, interverranno la professoressa Nuccia Miroddi ..... CONTINUA A LEGGERE SU STRETTOWEB.COM