L’arte della censura idiota: oscurati i genitali del "San Giovanni" di Caravaggio

Apre il 6 ottobre a Milano la mostra virtuale "Caravaggio. Oltre la tela"


Quando il perbenismo bigotto si unisce alla censura i risultati sono sempre osceni. Più di qualunque altra trovata idiota e quasi sempre fuori luogo. Ecco allora che purtroppo non stupisce ma fa rizzare i capelli la provocazione dei curatori della pagina Facebook ufficiale della “mostra immersiva” su Caravaggio, che si terrà al Museo della Permanente di Milano dal 6 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019.
In una delle immagini pubblicate per promuovere l’evento, i genitali del San Giovanni Battista (dipinto conosciuto anche come Giovane con un montone) del grande pittore italiano, sono stati infatti pixellati, ovvero appositamente oscurati. Qualcuno dirà che si tratta di una quisquilia pubblicitaria, altri penseranno a una mossa preventiva per evitare la mannaia del social network sui nudi. Ritenere però che serva promuovere così una mostra su Caravaggio, di per sé per ovvi motivi straordinaria e partecipata, è tanto ingenuo quanto pretestuoso.
Era quindi prevedibile che gli utenti si scatenassero in una serie di critiche, quando non di insulti veri e propri, rivolti agli autori del post. La scusa della censura di Facebook è poi alquanto peregrina, visto e considerato che di casi simili se ne potrebbero citare a bizzeffe. Proprio riguardo all’oscuramento di opere di Michelangelo Merisi, il social più utilizzato al mondo, ha già dovuto scusarsi dopo aver bloccato la pagina di Hamilton Moura Filho Desivel, art promoter di stanza a Milano.
Quest’ultimo si era visto bloccare la pagina per aver pubblicato il Cupido del dipinto di Caravaggio Amor vincit omnia. “Un affronto alla storia e alla cultura”, replicò prontamente l’art promoter. Questa volta, più semplicemente, siamo di fronte all’idiozia ignorante di qualche promotore. E viene in mente il Corto di Pratt: “Non sono nessuno per giudicare, so solamente che ho un’antipatia innata per i censori e i probiviri. Ma soprattutto sono i redentori coloro che mi disturbano di più” (fonte: Il Primato Nazionale)

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"I misteri del Caravaggio", di Annalisa Stancanelli su "La Sicilia"

Alcune tappe del soggiorno siciliano di Merisi messe in discussione. il suo percorso ancora oggetto di studio e di ricostruzione: un'infinita spy story



[...] Della "Natività" si è sempre pensato che fu dipinta da Caravaggio al termine del suo soggiorno siciliano, nel 1609 a Palermo, dov'era conservata nell’oratorio di S. Lorenzo. Questo per lo meno facevano credere alcuni biografi, rivelatisi però non sempre attendibili. Ma di recente studiosi come Maurizio Calvesi, Michele Cuppone, Giovanni Mendola e Francesca Curti hanno ripreso con nuove prove un’ipotesi formulata negli anni ‘80, secondo cui il dipinto sarebbe da ricondurre alla produzione romana di Merisi e alla commissione diretta, nell'anno 1600, del mercante Fabio Nuti; questi richiese al pittore un dipinto specificandone solo le misure, nelle quali la Natività vi rientra. L'ipotesi di cronologia romana è confermata anzitutto dallo stile (pennellata accurata, colori accesi), dalla composizione (con una sorta di horror vacui), dai confronti iconografici (stringenti con le pitture della cappella Contarelli) e dalle caratteristiche tecniche del telo (un unico, grande brano di tessuto) – tutti elementi che avvicinano la "Natività" più ai dipinti di Roma che non a quelli di Siracusa e Messina. Inoltre importanti ritrovamenti documentari hanno fatto luce sulla rete di relazioni che legava Caravaggio, Nuti e soci, Palermo e nello specifico l’oratorio. Senza contare che la modella che vestì i panni della Vergine è la stessa che posò nel 1602 nella "Giuditta e Oloferne". La nuova cronologia della "Natività" è ora un dato acquisito ed è stata accolta subito dai più autorevoli caravaggisti, come Claudio Strinati, Vittorio Sgarbi, Alessandro Zuccari, Keith Christiansen. È possibile pure che Merisi non sia mai passato da Palermo, tanto più se da Messina intendeva tornare a Roma passando per Napoli. Fra le altre novità che, poco alla volta, sono state pubblicate in particolare da Cuppone, vi è una copia antica finora sconosciuta del quadro, nota solo attraverso una foto in bianco e nero poiché appartenuta al gerarca fascista Federzoni e andata dispersa durante la guerra.

Il giornalista palermitano Riccardo Lo Verso ha recentemente pubblicato il libro “La tela dei boss. La verità sul Caravaggio rubato” in cui ha raccontato la storia del furto dell’opera e gli sviluppi della vicenda fino ai giorni nostri. Negli anni Lo Verso aveva conservato documenti riferiti al furto del dipinto, trafugato nell’ottobre del 1969, ma negli ultimi diciotto mesi ha potuto consultare alcuni atti giudiziari che gli hanno ispirato una nuova prospettiva per affrontare la ricostruzione dei fatti e dei collegamenti che portarono il dipinto da Palermo fino in Svizzera. Nel libro, come sottolinea Lo Verso, la vicenda si spoglia di sovrastrutture e dell’aura mitica. Si fanno nomi e cognomi delle persone coinvolte; alcuni dei protagonisti del furto del dipinto e della sua compravendita sono ancora vivi. «La sparizione del quadro – sottolinea Lo Verso – è un furto commesso da gente in carne ossa». Il giornalista, che apprese del furto in maniera diretta leggendo un articolo di Mauro De Mauro, è possibilista sull’esistenza del dipinto. «Secondo me ci sono davvero speranze di rientrarne in possesso. Poi le speranze, magari, non si concretizzano, ma è un punto di partenza su cui lavorare. Da cronista giudiziario ritengo che si potranno rintracciare responsabilità precise. Per trovare il quadro, come sempre, ci vuole un pizzico di buona sorte». Dopo che la vicenda del destino della “Natività” è stata diffusa tutti si augurano che sia possibile ritrovare il meraviglioso dipinto … Chissà che “la buona ventura” stavolta aiuti il Caravaggio!

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Ancora sul progetto Caravaggio di Porto Ercole. L'opinione di Tomaso Montanari

Il caso Porto Ercole-Caravaggio è esemplare. E non per la farsa delle ossa (un falso sconcertante), o per il costosissimo, orribile ossario: una vicenda che non rientra nelle materie culturali, ma semmai tra quelle che competono alla magistratura, ordinaria e contabile. 
Esemplare è invece l’idea di promozione turistica che questa storia porta a galla. Per otto anni l’amministrazione di Monte Argentario ha investito energie e denaro pubblico per costruire intorno all’improbabile “parco funerario” un non meno risibile “brand Caravaggio”. Il sindaco appena decaduto rivendica con orgoglio di aver speso mezzo milione di euro (!) per portare a Porto Ercole un’opera dell’artista che è sempre esposta alla Galleria Borghese di Roma (a un’ora e mezzo di auto o treno). 
Si è progettata una mostra virtuale di Caravaggio: un imbarazzante super album fotografico che si limiterebbe ad allineare permanentemente le riproduzioni in scala reale di tutti i quadri del Merisi. 
E se i cartelli stradali definiscono oggi Porto Ercole «borgo del Caravaggio», un «itinerario caravaggesco» monopolizza la segnaletica nel Paese Vecchio
Ebbene, si tratta di un caso clamoroso di “pubblicità ingannevole”: il povero Caravaggio è, sì, morto proprio a Porto Ercole il 18 luglio 1610, ma le nostre certezze si fermano qua. Con ogni probabilità egli non si è nemmeno reso conto del luogo in cui trascorrevano le sue ultime, terribili ore, nelle quali moriva di febbre malarica: e oggi non possiamo indicare né luoghi né oggetti né documenti collegati, anche solo indirettamente, alla sua persona e tantomeno alla sua arte
Il paradosso è che Porto Ercole non avrebbe alcun bisogno di questo imbarazzante marketing del nulla. Se quei soldi e quelle energie fosse state spese per tutelare e promuovere la bellezza che c’è, il ritorno sarebbe stato incomparabilmente più alto. 
C’è solo l’imbarazzo della scelta: tenere più pulite le spiagge, svuotare più spesso i cassonetti, migliorare i trasporti pubblici e la inesistente copertura wifi (magari con la fibra ottica), portare il metano, mettere in sicurezza la rete idrica (un vero colabrodo), creare spazi per il coworking per chi decide di trascorrere periodi più lunghi in questo luogo incantevole. 
E ancora: incentivare la nascita di esercizi pubblici sostenibili nell’ormai deserto Paese Vecchio (collegandolo con un marciapiede sicuro), favorire un recupero dei capannoni abbandonati della Cirio, non all’insegna dell’ultralusso per pochi ma pensando a un luogo accessibile a tutti. 
E poi la politica per la cultura: creare nell’abbandonato Asilo Ricasoli un museo che racconti in modo coinvolgente ai cittadini e ai turisti la lunghissima, mirabile storia di Porto Ercole. Un museo che prenda a modello la didattica sperimentata nei Parchi della Val di Cornia, o nell’eccellente e recente Magma di Follonica: per restare in Toscana. 
Un museo che insegni non solo la storia politica e militare dell’età classica, del medioevo romano, dell’epoca senese o della dominazione spagnola, ma che permetta di conoscere la vita quotidiana dei pescatori, facendola narrare all’ultima generazione in grado di farlo. 
Insomma, non si può creare turismo culturale senza un rispetto, seppur minimo, per la cultura: ed è anche inutile, perché chi ama Caravaggio lo cerca dov’è davvero, e cioè nelle chiese di Roma e nei musei di tutto il mondo. 
E soprattutto non ce n’è alcun bisogno, perché non serve truccare le carte per portare turisti a Porto Ercole. Basterebbe governare in modo onesto e lungimirante la struggente bellezza che la natura e la storia hanno donato a questo piccolo, e straordinario, angolo di Italia (fonte: Il Tirreno).

"Va in scena a Parigi l’ultima Maddalena di Caravaggio", di Dario Pappalardo su la Repubblica

Il capolavoro del Merisi rivelato da Mina Gregori a "Repubblica" sarà in mostra al Jacquemart-André. Dopo Tokyo e il no a Milano è la prima volta che l’opera lascia il caveau in Svizzera per l’Europa. E c’è chi pensa all’acquisto 




La Maddalena in estasi di Caravaggio torna sulla scena. Il quadro che Mina Gregori, la principale esperta mondiale della materia, attribuì al pittore maledetto in un’intervista a Repubblica dell’ottobre 2014, sarà esposto per la prima volta in Europa. Dopo l’unica apparizione a Tokyo, nel 2016, e dopo il clamoroso no alla mostra di Milano dello scorso anno, l’ultimo capolavoro di Michelangelo Merisi andrà a Parigi. Il dipinto lascerà il caveau svizzero in cui è custodito per occupare l’ultima sala della mostra Caravage à Rome, amis & ennemis, al Museo Jacquemart-André dal 21 settembre al 28 gennaio 2019. Si tratterà di una "prima" a tutti gli effetti. Non solo perché l’opera potrà finalmente essere vista da un ampio pubblico, ma anche perché sarà esposta accanto alla Maddalena Klain, la tela di collezione romana che, prima dell’annuncio di Mina Gregori, era considerata il soggetto più vicino all’originale perduto. Secondo la lettera scritta il 29 luglio 1610 – undici giorni dopo la morte dell’artista – da Diodato Gentile, vescovo di Caserta, al cardinale collezionista Scipione Borghese, nell’ultimo viaggio verso Porto Ercole, Caravaggio portava con sé sulla barca "doi S. Giovanni e la Maddalena". "La Maddalena", in questione, con buona probabilità, era proprio il quadro ritrovato da Mina Gregori di cui si conoscevano già decine di repliche di copisti in tutta Europa. Al Jacquemart-André anche il dipinto Klain riporterà l’attribuzione a Caravaggio: la "sfida" che apre un capitolo nuovo nella storia dell’arte partirà da qui. Ma gli studiosi che hanno avuto modo di analizzare da vicino entrambi i soggetti – con Gregori anche l’olandese Bert Treffers e poi Rossella Vodret – hanno pochi dubbi: la qualità della Maddalena scoperta nel 2014 sarebbe decisamente superiore
Di sicuro, la tela, che misura 108 x 98,5 centimetri, ha bisogno di un restauro che renda più leggibile la parte inferiore particolarmente compromessa. Se l’ultimo Caravaggio approda in Francia, il risultato è frutto di una trattativa tutta italiana. La mostra Caravage à Rome, amis & ennemis, infatti, è curata da Francesca Cappelletti, autrice degli studi più aggiornati sul pittore, con Maria Cristina Terzaghi e Pierre Curie. «La Maddalena Gregori è molto più vicina alla Sant’Orsola – il dipinto estremo di Caravaggio del 1610 – di qualsiasi altro quadro», dice Cappelletti. E se il pittore maledetto avesse dipinto due soggetti identici? «La questione dei doppi di Caravaggio non è banale: si presenta per più opere, a partire dal Ragazzo morso dal ramarro. Ma io credo che replicasse raramente i suoi quadri. Intanto, è importante che i due esemplari si vedano finalmente insieme». 
Il primo confronto tra le Maddalene si consumerà in un’esposizione che conta altri prestiti importanti: primo fra tutti, il Suonatore di liuto dell’Ermitage, che debutta fuori dalla Russia fresco di restauro
Ma, come sintetizza il titolo della mostra, ci saranno anche gli "amici" e i "nemici" di Caravaggio, con le loro opere divise in sale che raccontano i soggetti iconografici della Roma di inizio Seicento: dal "Teatro delle teste tagliate" alla "Musica e le nature morte", passando per le "Meditazioni dei santi". «Perché Caravaggio non può essere conosciuto da solo – spiega Cappelletti –. Se non lo vedi con i contemporanei, non lo capisci. Si tende a isolarlo con i caravaggeschi, ma l’ambiente romano di quel tempo è vivacissimo, fatto di pittori che si guardano, copiano, invidiano. La mostra vuole restituire quel clima storico». 
In questo gran teatro della pittura di primo Seicento, la Maddalena in estasi sarà il colpo di scena finale, al termine del percorso. Ma attorno al quadro restano misteri e domande. Perché, solo lo scorso anno, non ha potuto viaggiare dalla Svizzera alla vicina Milano e ora invece può raggiungere Parigi in tutta tranquillità? Fonti vicine ai proprietari della tela ci hanno fornito qualche risposta. Il prestito fu negato alla mostra di Palazzo Reale Dentro Caravaggio, curata da Rossella Vodret nel settembre 2017, perché, in quel momento, la Maddalena era oggetto di una trattativa di vendita, poi sfumata. Si temeva che, una volta in Italia, l’opera potesse essere sottoposta a vincolo da parte del ministero dei Beni culturali? «Non si corre alcun rischio di questo tipo. Il quadro non è mai entrato o uscito dall’Italia in tempi recenti – sostiene chi si è già occupato del prestito –. Ci sono una serie di documenti che tutelano l’opera e i proprietari». Tra questi, il biglietto con grafia seicentesca che recita: "Madalena reversa di Caravaggio a Chiaia ivi da servare (o portare, ndr) pel beneficio del Cardinale Borghese di Roma". 
Mostrato solo attraverso una riproduzione, non ha mai lasciato l’archivio dei proprietari, che non hanno intenzione di uscire allo scoperto, ma vogliono far sapere: «Non c’è alcun pregiudizio verso l’Italia. Non si vuole che il dipinto sia esposto a tutti i costi, non deve diventare una star. Abbiamo rifiutato alcune proposte perché non c’erano garanzie sufficienti e progetti di qualità. Non ci interessa mandare in tour la Maddalena per incrementarne popolarità e valore economico». 
Che l’opera sia sul mercato, però, non è un segreto. Una "grande istituzione straniera" avrebbe già provato ad acquistarla, ma l’offerta non è stata "ritenuta adeguata". E i musei italiani? «Se un’istituzione italiana dovesse farsi avanti, la proprietà non avrebbe alcuna preclusione. 
Finora non è accaduto. Ma quante sono le risorse disponibili in Italia?». Il vero punto, infatti, è che il prezzo della Maddalena rischia di essere troppo alto. Non ci sono cifre ufficiali, ma, grazie al battage costruito intorno al pittore negli ultimi anni, un dipinto del genere potrebbe raggiungere anche i cento milioni di euro. Un Caravaggio autentico disponibile per essere venduto rappresenta una rarità assoluta. 
«La Maddalena è la Gioconda di Caravaggio: è l’opera che viaggiava con lui. Appartiene al patrimonio mondiale», ricorda chi gioca un ruolo in questa partita. La Gioconda: Leonardo. 
Non si può non pensare alle coincidenze. Nei giorni in cui la Maddalena di Caravaggio arriverà a Parigi, il Louvre di Abu Dhabi – dal 18 settembre – esporrà il discusso Salvator Mundi attribuito al genio di Vinci, diventato l’opera più costosa della storia: 450 milioni di dollari. Se c’è qualcuno al mondo che oggi può permettersi un vero Caravaggio, sicuramente abita negli Emirati (fonte: la Repubblica)

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Il "Sacrificio di Isacco" di Caravaggio torna agli Uffizi

Il Sacrificio di Isacco di Caravaggio rientra alle Gallerie degli Uffizi dopo le mostre a Milano e Forlì. Il direttore Schmidt: “Opportuno che il prezioso dipinto non si allontani più da Firenze”


Importante novità per l’immenso patrimonio storico e culturale di Firenze. Dopo il prestito per due importanti mostre, a Milano e a Forlì, il Sacrificio di Isacco di Caravaggio torna infatti a casa. Il gesto dell’angelo che ferma all’ultimo, drammatico, momento il braccio di Abramo deciso a ubbidire al volere del Signore ed a uccidere il figlio Isacco, descritto con incalzante realismo da Caravaggio, torna infatti da questa mattina [del 2 agosto, ndC400] nella sua collocazione agli Uffizi. Dalle 9:30 di oggi, per i tanti turisti che popolano il capoluogo toscano in questa calda estate, sarà di nuovo visibile a Firenze questo capolavoro assoluto. 
Il Sacrificio di Isacco del Caravaggio sarà esposto nella sala 91 nella quale, nelle settimane scorse, è stata allestita una nuova cornice/teca capace di garantire un’ottima visibilità oltre al mantenimento costante delle condizioni ambientali, temperatura ed umidità, più adatte alla migliore conservazione dell’opera. Come ha dichiarato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, “sarà opportuno che il prezioso dipinto non si allontani più da Firenze e dalle Gallerie degli Uffizi”. 
“In questi ultimi decenni il lavoro di Michelangelo Merisi ha assunto un ruolo di primissimo piano. Tanto da divenire una delle opere identitarie del nostro museo. Per questo si sono attivate le procedure che inseriranno presto il Sacrificio di Isacco nella lista delle opere inamovibili” ha concluso (fonte: Corriere Nazionale).