Alcune tappe del soggiorno siciliano di Merisi messe in discussione. il suo percorso ancora oggetto di studio e di ricostruzione: un'infinita spy story
[...] Della "Natività" si è sempre pensato che fu dipinta da Caravaggio al termine del suo soggiorno siciliano, nel 1609 a Palermo, dov'era conservata nell’oratorio di S. Lorenzo. Questo per lo meno facevano credere alcuni biografi, rivelatisi però non sempre attendibili. Ma di recente studiosi come Maurizio Calvesi, Michele Cuppone, Giovanni Mendola e Francesca Curti hanno ripreso con nuove prove un’ipotesi formulata negli anni ‘80, secondo cui il dipinto sarebbe da ricondurre alla produzione romana di Merisi e alla commissione diretta, nell'anno 1600, del mercante Fabio Nuti; questi richiese al pittore un dipinto specificandone solo le misure, nelle quali la Natività vi rientra. L'ipotesi di cronologia romana è confermata anzitutto dallo stile (pennellata accurata, colori accesi), dalla composizione (con una sorta di horror vacui), dai confronti iconografici (stringenti con le pitture della cappella Contarelli) e dalle caratteristiche tecniche del telo (un unico, grande brano di tessuto) – tutti elementi che avvicinano la "Natività" più ai dipinti di Roma che non a quelli di Siracusa e Messina. Inoltre importanti ritrovamenti documentari hanno fatto luce sulla rete di relazioni che legava Caravaggio, Nuti e soci, Palermo e nello specifico l’oratorio. Senza contare che la modella che vestì i panni della Vergine è la stessa che posò nel 1602 nella "Giuditta e Oloferne". La nuova cronologia della "Natività" è ora un dato acquisito ed è stata accolta subito dai più autorevoli caravaggisti, come Claudio Strinati, Vittorio Sgarbi, Alessandro Zuccari, Keith Christiansen. È possibile pure che Merisi non sia mai passato da Palermo, tanto più se da Messina intendeva tornare a Roma passando per Napoli. Fra le altre novità che, poco alla volta, sono state pubblicate in particolare da Cuppone, vi è una copia antica finora sconosciuta del quadro, nota solo attraverso una foto in bianco e nero poiché appartenuta al gerarca fascista Federzoni e andata dispersa durante la guerra.
Il giornalista palermitano Riccardo Lo Verso ha recentemente pubblicato il libro “La tela dei boss. La verità sul Caravaggio rubato” in cui ha raccontato la storia del furto dell’opera e gli sviluppi della vicenda fino ai giorni nostri. Negli anni Lo Verso aveva conservato documenti riferiti al furto del dipinto, trafugato nell’ottobre del 1969, ma negli ultimi diciotto mesi ha potuto consultare alcuni atti giudiziari che gli hanno ispirato una nuova prospettiva per affrontare la ricostruzione dei fatti e dei collegamenti che portarono il dipinto da Palermo fino in Svizzera. Nel libro, come sottolinea Lo Verso, la vicenda si spoglia di sovrastrutture e dell’aura mitica. Si fanno nomi e cognomi delle persone coinvolte; alcuni dei protagonisti del furto del dipinto e della sua compravendita sono ancora vivi. «La sparizione del quadro – sottolinea Lo Verso – è un furto commesso da gente in carne ossa». Il giornalista, che apprese del furto in maniera diretta leggendo un articolo di Mauro De Mauro, è possibilista sull’esistenza del dipinto. «Secondo me ci sono davvero speranze di rientrarne in possesso. Poi le speranze, magari, non si concretizzano, ma è un punto di partenza su cui lavorare. Da cronista giudiziario ritengo che si potranno rintracciare responsabilità precise. Per trovare il quadro, come sempre, ci vuole un pizzico di buona sorte». Dopo che la vicenda del destino della “Natività” è stata diffusa tutti si augurano che sia possibile ritrovare il meraviglioso dipinto … Chissà che “la buona ventura” stavolta aiuti il Caravaggio!
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