Intervista con Mina Gregori, Professoressa Emerita di Storia dell'Arte Moderna presso l'Università di Firenze, Accademica dei Lincei (classe di Scienze morali), Presidente della Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi di Firenze, cremonese di nascita e fiorentina d’adozione, studiosa del Caravaggio.
D) Professoressa Gregori come è nata la sua passione per Caravaggio?
R) Certamente deriva in buona parte dall’ambiente in cui sono nata (io sono lombarda come il Merisi). Avrei avuto più difficoltà a riconoscermi nei Carracci, dove prevale l’aspetto accademico che è fortemente radicato nella tradizione della città, Bologna, dove peraltro ho frequentato l’università ed ho seguito le lezioni di Roberto Longhi, di cui sono divenuta poi assistente.
D) Quali opere dell’artista l’affascinano maggiormente e perché?
R) I quadri di San Luigi dei Francesi, perché sono il massimo punto di riferimento. Il Caravaggio intendeva con questi presentarsi a Roma.
D) Come dipingeva il Caravaggio? Alcuni studiosi hanno cercato di tracciare un legame tra l’opera del Maestro e le ricerche scientifiche della sua epoca. Cosa ne pensa dell’utilizzo da parte del Merisi di strumenti ottici, specchi e tecniche scientifiche applicate alla pittura?
R) Indubbiamente la sua opera va in parallelo con la scoperta della natura avviata attraverso vari, nuovi strumenti d’indagine. La sua rappresentazione venne ottenuta dagli artisti con molti mezzi. Già con l’Umanesimo si nota un parallelismo tra lo studio, l’indagine della natura e la sua raffigurazione. Durante questa fase lo studio della natura era in rapporto con l’antico, rapporto mantenuto ancora fino ai Carracci, mentre col Caravaggio questo passa in secondo ordine. E la strada si divarica per gli artisti che seguiranno le due correnti: classicista e caravaggesca. Nelle opere di Caravaggio non c’era disegno; è noto che gli artisti veneti preferirono l’esecuzione diretta al disegno e, al seguito, anche quelli lombardi seguirono tale tradizione. È verosimile che un artista curioso della natura come il Caravaggio si fosse avvalso di strumenti ottici che nel suo tempo circolavano già, come anche Longhi sosteneva.
D) A Palazzo Barberini a Roma c’è la grande mostra “Da Guercino a Caravaggio”, voluta da sir Denis Mahon e curata in parte da lei. Mahon ha attribuito vari capolavori ad artisti importanti, tra cui il Caravaggio. Longhi non sempre era d’accordo, cosa ne pensa lei di tali attribuzioni?
R) Mahon è stato un grande studioso, un grande appassionato del Seicento, come il Longhi, anche se non sempre si sono trovati d’accordo. Ma certamente rimangono sempre i due più grandi studiosi a dare i primi contributi allo studio delle opere del Caravaggio e non solo. Io sono partita dai loro studi e mi sono trovata più vicina alla posizione di Mahon, più possibilista e aperto a nuove scoperte, mentre Longhi rimaneva più prudente.
D) Lei, che è considerata oggi la più grande studiosa del Merisi, ha ricondotto all’artista “Il martirio di Sant’Orsola”, l’ultimo quadro dipinto dal Caravaggio. In che modo è risalita all’attribuzione, anche in assenza dei documenti scritti che poi, una volta venuti alla luce, hanno comprovato la sua analisi?
R) Non appena l’ho vista ho detto subito “è lei!”, la ‘Sant’Orsola’. Ho provato una grande emozione. Il dipinto era all’estero, ho visto prima le fotografie e poi sono andata a vederlo di persona, i proprietari non avevano idea dell’autore del loro quadro. Quando si studia Caravaggio approfonditamente si possono riconoscere tanti particolari, la pennellata, lo stile e avere delle sicure sensazioni. Essendo io una studiosa specialista di Caravaggio, se non sono sinceramente convinta preferisco astenermi. Nel dubbio metto da parte le fotografie e i documenti nelle cartelle, decido di non divulgare cose incerte, vaghe.
D) Se, come ha detto in occasione del recente rinvenimento della “Maddalena in estasi”, ormai è possibile rintracciare capolavori nascosti solo nelle collezioni private, come può un ignaro proprietario portare alla luce un’opera d’arte importante?
R) Opere di pregio, ancora da studiare e attribuire, possono celarsi solo in qualche deposito ancora inesplorato di museo o presso privati. Spesso si tratta di persone ignare di possedere opere di valore, le hanno ereditate; magari di opere che sono sempre state chiuse e protette dalla famiglia, per timore di vedere la propria collezione smembrata o venduta, finché poi i nuovi eredi le fanno vedere a un esperto, a uno studioso, le fanno stimare e poi, se hanno fortuna, scoprono un capolavoro. Nel caso della “Maddalena in estasi”, un grande soggetto e un bellissimo dipinto, i proprietari si sono rivolti a me.
D) Il dipinto è tra l’altro quello di cui esistono più versioni in assoluto circolanti. Se questa appena rinvenuta è il prototipo originale, come attesta il documento che l’accompagna, esiste almeno un’altra versione autografa replicata da Caravaggio ancora da scoprire e le altre sono copie seicentesche di vari caravaggeschi. E la Maddalena della collezione Klain, su cui i critici si sono divisi, come si pone?
R) La Maddalena Klain è un’opera di ottima qualità, della prima metà del Seicento, importante e di valore, su cui gli studi stanno proseguendo. Anche Longhi studiò varie versioni note alla ricerca degli originali, dal momento che quando il Caravaggio eseguiva un’opera che finiva in una collezione privata, se questa piaceva ad altri collezionisti, più volte gliene veniva commissionato un altro esemplare, che egli stesso eseguiva cambiando appena qualche dettaglio. Così successe ad esempio con la “Buona ventura”, il “Suonatore di liuto”, il “Bacco” e altri soggetti. Le varie versioni della “Maddalena in estasi” differiscono per alcuni elementi quali la presenza o meno di un teschio, una croce, le pieghe della veste, lo sfondo, ecc..
D) Come può il proprietario che pensa di avere un’opera di pregio ottenere una expertise sicura?
R) Deve ricorrere a un conoscitore serio. Questi parte dalle proprie conoscenze, intuizioni e confronti stilistici. Quando i risultati sono noti, si prosegue con un iter diagnostico: radiografie, analisi dei pigmenti, strati preparatori, tela e quant’altro si ritenga necessario. Se tali elementi sono tutti favorevoli, si può rendere nota la scoperta.
D) Professoressa Gregori, con l’ultima sua attribuzione ancora una volta ha ingemmato una carriera di grande studiosa e profonda conoscitrice di Caravaggio. Di cosa si sta occupando al momento?
R) Al momento mi sto occupando di Giacomo Ceruti. Sono venute alla luce sue opere in una valle bresciano-bergamasca, oltre ad alcune nature morte, e sto scrivendo un nuovo libro su di lui, ampliando quello già scritto nell’82.
D) Ci sarà ancora Caravaggio tra i suoi progetti?
R) Se trovo qualcosa che valga la pena studiare, certamente.
Roma, dicembre 2014, Intervista raccolta da Nicoletta Retico, Fondatore e Curatore Progetto Caravaggio400