"Michelangelo da Caravaggio che fa a Roma cose meravigliose", recensione di Sara Magister
Alessandra Rodolfo (ed.), Michelangelo da Caravaggio che fa a Roma cose meravigliose, Edizioni Musei Vaticani, Città del Vaticano 2014, pp. 269, euro 75
Testi di M. Bona Castellotti, M. Bussagli, M. Cardinali, E.A. Cerrato, M. Dal Bello, M.B. De Ruggieri, A. Geretti, E.M. Giuffrè, R. Giuffrè, A. Leonardo, A. Paolucci, A. Rodolfo, T. Verdon
“Più si esercita il senso critico sulla leggenda moderna del pittore blasfemo e irridente, violento e disordinato, e più accuratamente si studiano le fonti, più si comprende che in quella paradossale anima che fu di Michelangelo Merisi abitava la fede, la fede cattolica, quantunque in una umanità che i chiaroscuri li aveva tutti dentro” (p. 197). Parole, tratte da un magistrale saggio di Mons. Alessio Geretti all’interno del volume, che sintetizzano l’obiettivo di questo studio, nel quale alcuni autorevoli storici della Chiesa e storici dell’arte si sono incontrati con la curatela di Alessandra Rodolfo.
Il risultato è un libro che affronta la “questione Caravaggio” da un punto di vista, quello della fede espressa dalle sue opere, del tutto inedito. Perché se è vero che la tematica aveva già avuto i suoi primi pionieri nel secolo appena passato, negli storici dell’arte Maurizio Calvesi e Irving Lavin, nessuno aveva mai pensato di proporla ad appartenenti ad altre discipline, come Andrea Leonardo, Alessio Geretti, Timothy Verdon, valenti storici della Chiesa e sacerdoti che hanno fatto del connubio tra arte e fede il loro principale strumento di catechesi.
Il finale è del tutto inaspettato, perché tra gli storici della Chiesa e gli storici dell’arte, chi riesce a portare una concreta ventata di novità di lettura, chi riesce a penetrare e ad esprimere meglio il pensiero religioso delle opere del Merisi, sono proprio gli studiosi sacerdoti.
Non è un caso però: nonostante siano stati coinvolti gli storici dell’arte più illuminati da questo punto di vista, nessuno di loro riesce a liberarsi del tutto da certi ipse dixit caravaggeschi cronicizzati da secoli di critica (errata) e che, pur contraddetti dai documenti, continuano a essere reiterati automaticamente. Il pensiero più libero, e più teologicamente competente, degli storici della Chiesa, apre invece nuove prospettive di analisi, che dimostrano quanto un adeguato approccio teologico sia ormai necessario, per la piena comprensione dell’arte sacra prodotta dall’artista.
Il libro è tutto incentrato su Roma, perché si occupa esclusivamente delle opere sacre del Merisi ancora oggi presenti nelle chiese di S. Luigi dei Francesi, S. Agostino e S. Maria del Popolo, alle quali è stata aggiunta la Deposizione, un tempo in S. Maria della Vallicella e ora nella Pinacoteca Vaticana. Ognuna di queste opere è analizzata con diverse prospettive e competenze da almeno tre-quattro studiosi. Alcuni testi sono più divulgativi che filologici, ma ognuno offre qualcosa di utile e di nuovo rispetto all’immensa bibliografia già prodotta su Caravaggio, di cui oltre la metà non fa altro che ripetere il già detto da altri, spesso per compiacere esigenze puramente commerciali.
Un solo rimpianto: il libro sarebbe stato più completo se avesse dedicato uno spazio al pari ad altre due opere destinate a chiese romane, ma che in tali luoghi per vari motivi ci rimasero poco. Si tratta della Madonna della Serpe, per l’altare dei Palafrenieri nella basilica di S. Pietro e ora in Galleria Borghese a Roma, e della Morte della Vergine, per la chiesa di S. Maria della Scala, ora al Louvre di Parigi. Due opere magistrali, teologicamente profondissime, ma purtroppo incomprese ai più, e proprio per questo bisognose di qualcuno che, in libertà di pensiero, possa gettarvi una nuova luce.
Sara Magister
Pubblicato in “Radici Cristiane”, 102, marzo 2015, p. 77