Devo soprattutto alle mie amiche Cristina Terzaghi e Giovanna Capitelli se mi sono soffermata più di quanto avevo fatto fino ad allora a guardare con attenzione la riproduzione della Giuditta e Oloferne ritrovata a Tolosa e attribuita da Eric Turquin a Caravaggio e a parlarne con loro ed altri colleghi anche per il dibattito e le polemiche suscitate, mentre eravamo a Cosenza in un convegno in ricordo di Gigi Spezzaferro, un grande, innovativo studioso di Caravaggio.
Come è noto, Caravaggio dipinse la meravigliosa Giuditta Coppi (Roma, Museo di Palazzo Barberini) e, secondo le fonti, un altro dipinto dello stesso soggetto finora non ritrovato. Secondo Turquin e Nicola Spinosa quest’ultimo sarebbe da identificare con il dipinto ritrovato in Francia. Col rischio di essere imprecisa (ma tutti hanno seguito la vicenda) ricordo brevemente che dopo la attribuzione a Caravaggio sono state avanzate altre ipotesi e cioè che non sia opera sua ma di un altro artista, forse il fiammingo Finson al quale è attribuita una versione dello stesso dipinto considerato copia dalla seconda Giuditta e Oloferne di Caravaggio (Napoli, palazzo Zevallos).
A mio parere il dipinto, che ho visto solo in fotografia, è certamente di alta qualità ma non è né di Caravaggio né di Finson. La stesura pittorica, il modo di chiaroscurare, il disegno insistito, la fisionomia di Giuditta dalle guance piene e morbide, la marcatura dei lineamenti della vecchia ancella, la minuziosa descrizione degli abiti, il modo di modellare i panneggi sembrano quelli tipici di Giovan Francesco Guerrieri un pittore ben noto agli studi anche caravaggeschi [...]