Fin troppo omaggiato di recente dai contemporanei, con kermesse più o meno pretestuose, improvvisate e di dubbio gusto, About Caravaggio. Visioni & illusioni contemporanee a Frascati si presenta da subito come un serio appuntamento molto ben curato, non da ultimo per la selezione di grandi autori, che attesta quanto sia stato fecondo il seme piantato più di quattro secoli or sono dal nostro.
È superato il tabù di esporre in presenza di artisti viventi un Caravaggio, qui il San Giovanni Battista Corsini in mostra per un mese ma senza il quale la stessa, che si giustifica da sè, mantiene tutto il suo valore. Il quadro, in un certo senso a suo agio nell'edificio secentesco di palazzo Aldobrandini (famiglia pure in relazione con il pittore), fa da ponte tra la contemporaneità di 25 ospiti, e l'antichità dei reperti museali residenti. E corona letteralmente l'installazione immateriale di icone merisiane che rischierebbe di essere l'ennesima carrellata se non fosse che, nel gioco di vibranti trasparenze, la visione eterea ed anche in controparte di capolavori entrati con forza nell'immaginario collettivo, innesca stimoli e suggestioni nell'osservatore.
Il genio milanese è variamente richiamato dalle personali sensibilità e visioni; qualcuna dichiaratamente presente in maniera occasionale (Kounellis) e magari anche con singola estrapolazione da una serie (Viola, Basilé), che assieme ad episodi neo-pop (Perego) sollecitano il giudizio critico del pubblico (e forse qualche interrogativo sull'opportunità). Certo i due Muniz sono un'ottima apertura, non a caso uno scelto come 'biglietto da visita'.
Fin troppo facile eleggere tra i brani sommi dell'esposizione la fiscella di Ventrone, la cui tecnica iperrealistica – così transfotografica, persino nella resa senza pari della messa a fuoco – ci fa un po' immedesimare in quei "popolani" che 400 anni fa assistevano con stupore al disvelamento delle opere pubbliche del maestro per eccellenza.
Motivo di raro vanto è poi la presenza di ben due opere appositamente realizzate per l'occasione: un'installazione di Nitsch, tra liturgia cruda e salvifica (con una nota di perplessità sul sonoro, quando contamina ogni sala e opera esposta); e il cameraman di Pistoletto, che in una grande specchiatura racchiude la mostra stessa e uno dei motivi – il Narciso – qui maggiormente recepiti dalla lezione caravaggesca. E poi ancora il celebre omaggio di Guttuso, una raffinata medusa vitrea di Familiari, fino all'altare diffuso della Deposizione ai Raggi x di Meneghetti.
Quella lezione appunto, qui nella Deposizione e nella mostra tutta, è stata sondata appieno, per innalzarsi ad una dimensione corale.
È superato il tabù di esporre in presenza di artisti viventi un Caravaggio, qui il San Giovanni Battista Corsini in mostra per un mese ma senza il quale la stessa, che si giustifica da sè, mantiene tutto il suo valore. Il quadro, in un certo senso a suo agio nell'edificio secentesco di palazzo Aldobrandini (famiglia pure in relazione con il pittore), fa da ponte tra la contemporaneità di 25 ospiti, e l'antichità dei reperti museali residenti. E corona letteralmente l'installazione immateriale di icone merisiane che rischierebbe di essere l'ennesima carrellata se non fosse che, nel gioco di vibranti trasparenze, la visione eterea ed anche in controparte di capolavori entrati con forza nell'immaginario collettivo, innesca stimoli e suggestioni nell'osservatore.
Il genio milanese è variamente richiamato dalle personali sensibilità e visioni; qualcuna dichiaratamente presente in maniera occasionale (Kounellis) e magari anche con singola estrapolazione da una serie (Viola, Basilé), che assieme ad episodi neo-pop (Perego) sollecitano il giudizio critico del pubblico (e forse qualche interrogativo sull'opportunità). Certo i due Muniz sono un'ottima apertura, non a caso uno scelto come 'biglietto da visita'.
Fin troppo facile eleggere tra i brani sommi dell'esposizione la fiscella di Ventrone, la cui tecnica iperrealistica – così transfotografica, persino nella resa senza pari della messa a fuoco – ci fa un po' immedesimare in quei "popolani" che 400 anni fa assistevano con stupore al disvelamento delle opere pubbliche del maestro per eccellenza.
Motivo di raro vanto è poi la presenza di ben due opere appositamente realizzate per l'occasione: un'installazione di Nitsch, tra liturgia cruda e salvifica (con una nota di perplessità sul sonoro, quando contamina ogni sala e opera esposta); e il cameraman di Pistoletto, che in una grande specchiatura racchiude la mostra stessa e uno dei motivi – il Narciso – qui maggiormente recepiti dalla lezione caravaggesca. E poi ancora il celebre omaggio di Guttuso, una raffinata medusa vitrea di Familiari, fino all'altare diffuso della Deposizione ai Raggi x di Meneghetti.
Quella lezione appunto, qui nella Deposizione e nella mostra tutta, è stata sondata appieno, per innalzarsi ad una dimensione corale.