Uno dei capolavori giovanili di Caravaggio riletto alla luce delle coeve fonti poetiche e letterarie, nell'accurata indagine filologica e iconografica di uno studioso 'caravaggista' tra i più preparati (di Pietro di Loreto)
Non è certo l’ennesima scontata pubblicazione su un argomento riguardante un dipinto di Caravaggio, di facile attrazione e di sicuro successo quanto meno per gli appassionati delle belle arti, questo che Giacomo Berra ha dato alle stampe per i tipi di Libroco, in vendita già da qualche settimana. E forse non avrebbe fatto male l’autore, che di altri dipinti del Merisi ha in varie circostanze proposto letture tanto dotte quanto innovative, a specificarlo ai lettori. Anche in questo caso, in effetti, siamo di fronte ad un lavoro insieme stimolante ed impegnativo, ma del tutto originale, riguardante il Ragazzo morso dal ramarro, un capolavoro giovanile di Caravaggio da sempre oggetto (come tutte le opere del genio lombardo d'altronde) di letture differenti e perfino contrastanti, e che però l’autore presenta ora riformulandone il senso, sulla base di un’analisi serrata del contesto culturale del tempo in cui vide la luce, condotta in maniera tale che davvero meriterebbe di essere inserita nei manuali dei licei se consideriamo l’impegno intellettuale da cui è scaturita. Le relazioni con la cultura letteraria, l’analisi approfondita dei testi, i confronti stretti con tematiche ed eventi collegati ai temi presi in esame: tutto ciò viene a comporre a nostro parere un percorso preciso che si situa ad un livello ragguardevole di critica d'arte secondo una metodologia che non potrà che attirare ulteriormente l'attenzione degli addetti ai lavori e non solo.
Per entrare meglio nel discorso, occorre dire subito che l’autore ha focalizzato la sua ricerca sul significato simbolico–allegorico–letterario che si cela dietro il dipinto sub judice, sottolineando come esso “rifletta proprio un topos amoroso diffusissimo nella cultura emblematica e poetica del cinquecento”.
Per poter dimostrare il suo assunto, Berra ha esplorato con vera acribia quanto la cultura letteraria e in particolare la poesia antica avevano prodotto in precedenza o a ridosso dell’opera e anche i molti e differenti punti di osservazione emersi nel corso del tempo, a cominciare proprio dai giudizi relativi alle versioni che sono conosciute. Tutti sanno in effetti che le versioni accreditate di autografia caravaggesca sono due, una in collezione Longhi, l’altra oggi alla National Gallery di Londra, pochi sanno però che probabilmente è esistita anche un’altra redazione dell’opera: una tesi che Berra, sulla base di quanto lasciato scritto da Giulio Mancini, non si sente di “scartare del tutto”, secondo la quale di questo tema sarebbero stati in effetti realizzati due soggetti, differenti anche se simili: da un lato ci sarebbe “un putto che piange” e dall’altro “un ‘fanciullo’ che fa una smorfia di dolore, entrambi morsi da una lucertola”. E sulla scorta di questi diversi rimandi, lo studioso opta per l’idea che le versioni prodotte siano due ed una sia “abbastanza diversa dalle versioni di Londra e Firenze” ...
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