Caravaggio repliche o copie? Intervista a Marco Cardinali e Maria Beatrice De Ruggieri

Apre a Milano, a cura di Rossella Vodret, la mostra Dentro Caravaggio, ideale proseguimento del volume Caravaggio Opere a Roma (Silvana ed.) incentrato sulla tecnica stilistica e sulle indagini diagnostiche di opere romane di Caravaggio, cui Beatrice de Ruggieri e Marco Cardinali furono coautori. Questa conversazione con loro ripropone il problema dell’importanza - ancora poco stimata in Italia - delle indagini scientifiche come supporto al lavoro dello storico dell’arte.


1D- Vorrei chiedervi innanzitutto come nasce il vostro interesse per questa particolare disciplina della diagnostica applicata alle opere d’arte, sulla quale avete sviluppato competenze che vi sono riconosciute a livello internazionale. 
R- Beatrice: Nasce inizialmente grazie a Corrado Maltese, un vero maestro, un’autentica punta intellettuale del suo tempo, appassionato di questo indirizzo di studi; poi con le esperienze in ambito universitario quando si verificavano i prototipi introdotti da Sebastiano Sciuti, noto fisico e scienziato, per rendere portatile la fluorescenza dei raggi X; in seguito, con la specializzazione post laurea a Siena; così, mano a mano abbiamo acquisito la consapevolezza delle profonde radici culturali di questi interessi e dell’importanza fondamentale di questo metodo di lavoro che è divenuto per noi il modo di fare storia dell’arte. 
R- Marco: Aggiungo che la nostra prospettiva è completamente dentro la storia dell’arte e non nasce per chissà quale forte passione verso la tecnologia; quello che dobbiamo al nostro maestro –da cui, come solitamente è nell’ordine delle cose, ci siamo via via differenziati- è sostanzialmente l’abbrivio che è stato di carattere semiologico, cioè lo studio dei segni interni alle opere d’arte, strutture dotate di materia e di contenuto espressivo in funzione delle scelte tecniche e materiali di un artista. 

2D- Tra poco approfondiremo questo discorso sulle tecniche e sui materiali, ma intanto vi chiederei un aggiornamento sugli ultimi strumenti e sui più recenti metodi d’indagine diagnostica applicata alle opere d’arte. Si parla di imaging di MA-XRF, ecc , come lo spieghereste ad un lettore di About Art amante delle belle arti ma magari non addetto ai lavori. 
M– La domanda è importante. Credo di poter dire che da questo punto di vista, circa gli strumenti e i metodi di analisi, ci troviamo ad un punto che rappresenta una grande occasione per gli studiosi e in particolare per gli storici dell’arte; in effetti, alle indagini diagnostiche viene ora riconosciuto un ruolo significativo anche da parte di storici dell’arte meno propensi ad accogliere il contributo della tecnologia. A mio avviso ciò è dovuto alla recente grande spinta delle tecniche di imaging, in grado di produrre immagini dotate di una sorta di capacità sintetica sia nel senso formale che caratteristico, cioè analitico. Mi spiego meglio: la scansione MA-XRF, che noi abbiamo avuto possibilità di sperimentare, è un’analisi che ci consente di acquisire informazioni analitiche circa la presenza di un elemento attraverso la sua distribuzione formale, descrivendo le pennellate in cui è contenuto; per cui ad esempio è possibile rilevare un determinato metodo nella stesura di un pigmento, che viene individuato non solo da un’analisi chimica bensì descritto nel suo impiego figurativo. E’ evidente allora che nello studio di un dipinto stile e procedimento tecnico formano un binomio inscindibile. 
B– Interessante è anche il fatto che le indagini di imaging, come la radiografia o l’ultravioletto, sono di tipo qualitativo, invece con alcune delle analisi recentemente introdotte si arriva perfino ad avere informazioni sulla forma cristallina di un composto senza fare prelievi ed ottenendo dati di notevole rilievo scientifico ...


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