"La Deposizione di Caravaggio: il sepolcro, due piante, una morta e l’altra fogliata, e la pietra che riproduce quella dell’altare", di Andrea Lonardo


N.B. Le tre notazioni fortemente proposte da questo articolo si devono ad un dialogo con la storica dell'arte Sara Magister che le ha suggerite



1/ Il vano della tomba nella Deposizione di Caravaggio
Se si guarda la Deposizione di Caravaggio dal vero ai Musei Vaticani, ecco che appare sulla sinistra, in alto, il vano della tomba. I personaggi dipinti da Caravaggio stanno trasportando il Cristo nella tomba che non è in basso, bensì oltre la testa del Cristo. La pietra su cui stanno camminando è quella che sigillerà tale sepolcro: non è dunque, assolutamente una “pietra dell’unzione”.

2/ Le due piante
Lo spazio che si apre in basso è, dunque, pensato dal Merisi non come sepolcro, ma come campo antistante. Lì vi ha dipinto due piante e non una sola, come afferma invece chi non ha mai visto il quadro da vicino.
A destra sta una pianta ormai morta, con foglie reclinate, a sinistra, invece, una pianta ben viva, vigorosa. Le due piante sono evidentissime anche nella copia ottocentesca che è nella Chiesa Nuova a sostituire la tela originaria prima derubata dai rivoluzionari francesi e poi trasferita in Vaticano.
Il segno, pur essendo semplice, è chiarissimo e conforme all’iconografia tradizionale del sepolcro e della resurrezione. Con la morte di Cristo si sta passando dalla morte alla vita – si pensi solo ai rami secchi e poi fogliati della Resurrezione di Piero della Francesca.
Il riferimento a tale tradizione onnipresente nell’arte anteriore a Caravaggio è assolutamente indubitabile poiché il sudario/sindone del Cristo, splendido nella sua luce bianca, tocca la pianta viva.

3/ La pietra tombale e la pietra d'altare
Un ulteriore elemento appare decisivo se appena si guarda l’opera non nella sua sistemazione museale, bensì nel vivo della Cappella Vittrici per la quale è stato concepito dal Merisi. Il critico d’arte abitualmente afferma che lo sguardo di Nicodemo (o di Giuseppe d’Arimatea, poco importa) è rivolto allo spettatore per invitarlo ad “entrare” nel quadro stesso, poiché si dimentica che l’opera è posta su di un altare.
Se si osserva la copia che è nella Chiesa Nuova, esattamente dove era la tela originaria del Caravaggio, ci si accorge che lo sguardo non invita ad entrare nel quadro, bensì nella celebrazione liturgica che si svolge sull’altare che è appena sotto la tela.
Solo una critica d’arte che prescinda dalla visione reale e viva delle opere e dal loro contesto può pensare che il principale intento di essa sia entrare nella “scena”. Ma tale critica ha perso la sua scientificità, proprio perché non utilizza il contesto storico e architettonico, bensì separa l’opera dal suo tempo
Il braccio stesso del Cristo che pende come peso morto si rivela, allo stesso tempo, un segnale indicatore: la mano invita a guardare all’eucarestia che viene consacrata appena sotto. 
La grande lastra che chiuderà per tre giorni il sepolcro, a sua volta, non è semplicemente se stessa, ma rimanda alla pietra dell’altare che è a pochi centimetri. Nell’altare della Cappella Vittrici la pietra d’altare è di un unico blocco, come un parallelepipedo, in tutto simile a quella del dipinto
Il sacrificio che si è compiuto una volta per sempre e che è rappresentato nella tela, si compie ogni volta che il sacerdote celebra la messa su quella stessa pietra ormai divenuta altare
La tela è pensata per essere contemplata non solo quando la Cappella Vittrici fosse vuota, ma soprattutto quando le persone vi si fermavano a lungo, per l’intera celebrazione, con il sacerdote che eleva l’ostia consacrata.

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