Concepita da Claudio Strinati ben una decina d’anni fa, la grande opera sui caravaggeschi è finalmente una realtà. E del resto, già ad una prima sfogliata, non si potrebbe immaginare una gestazione più semplice.
“I Caravaggeschi. Percorsi e protagonisti”, due corposi volumi, rispettivamente di saggi e biografie, a firma dei più stimati storici dell’arte che all’argomento si sono consacrati, dal ricco corredo iconografico, per quantità e qualità, che permette una sorta di “Gran Tour” virtuale tra i dipinti di una cinquantina fra protagonisti principali, minori e satellitari, cui è concesso il medesimo spazio e attenzione nella trattazione individuale; a partire da Roma, primo centro di nascita e propagazione dell’innovativa cifra stilistica del Merisi, con gli sviluppi che il curatore Alessandro Zuccari, con un fondamentale capitolo introduttivo, delinea in maniera esemplare.
Che, nella capitale, la parabola del caravaggismo si inscrive per intero: dai primi di luglio del 1600, quando i laterali Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi rendono manifesti i capisaldi del nuovo linguaggio, prima di allora relegato ad una dimensione privata, fino all’evento che tradizionalmente ne segna il tramonto, la morte nel 1632 di Valentin de Boulogne nella fontana del Babuino. Tra questi termini “romani”, si susseguono pittori di diversa provenienza geografica e formazione culturale, tanto che è più corretto parlare di un fenomeno artistico, piuttosto che di un movimento: non ci fu né organicità fra le diverse componenti, talune persino contrastanti, né una vera e propria scuola, e del resto lo stesso Caravaggio non ebbe allievi diretti. Nondimeno, la sua “lezione” contagiò in molti, tra emulazioni ordinarie, riprese epidermiche e personalissime reinterpretazioni, spesso e volentieri con episodi altamente significativi nel cammino della storia dell’arte.
Da queste premesse, si intuisce come non sia cosa agevole stabilire chi possa definirsi “caravaggesco”. La selezione qui operata, con l’accuratezza che contraddistingue le oltre ottocento pagine, è inclusiva di personalità che al fenomeno si accostano con minore immediatezza, quali Pieter Paul Rubens, Guido Reni, Adam Elsheimer, mentre non contempla Rembrandt e Diego Velázquez.
L’eccellente livello scientifico del progetto editoriale, cui una garanzia di per sé è già costituita da “nomi” come Maurizio Marini e Silvia Danesi Squarzina, è chiaramente verificabile a partire dai saggi del primo tomo “I Caravaggeschi”, che battono interessanti terreni di studio quale il caravaggismo in Inghilterra, e più in generale analizzano la sua fortuna artistica in realtà locali dentro e fuori i confini nazionali, fino alle più aggiornate notizie storiche, ricostruzioni, attribuzioni e identificazioni dal carattere “definitivo” ne “I protagonisti”, tra cui la proposta di Angelo Caroselli per il “Maestro del Giudizio di Salomone” e, per il longhiano “Pensionante del Saraceni”, lo stesso Saraceni.
La stampa, per i tipi della Skira, è già pietra miliare nella letteratura di quello che, a ragione, è stato definito “il primo movimento moderno artistico europeo”, il cui studio d’ora in avanti inevitabilmente dovrà passare da qui. Michele Cuppone (Roma, 2 dicembre 2010)
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