Visitabile presso Palazzo Braschi la mostra su Artemisia Gentileschi e il suo tempo. Polemiche intorno al mancato prestito della Giuditta e Oloferne di Caravaggio cui è dedicata la prima scheda in catalogo, che include alcune novità sul dipinto
Artemisia e l’arte a Roma nella prima metà del Seicento
di Mario URSINO
“A Roma la polizia proibiva il porto d’armi. Tuttavia i vicoli del quartiere degli artisti restavano luoghi tra i più malfamati tra i più temibili d’Europa, e le notti nella Città Santa erano le più violente, le più arroventate notti della cristianità […]. Ogni sera, pittori di fazioni rivali, francesi e spagnoli, si passavano a fil di spada sotto lo sguardo beffardo di gruppi di italiani che si massacravano fra loro, toscani contro bolognesi, napoletani contro romani […]. Le cortigiane erano talmente numerose a Roma che qualche decennio prima i papi avevano tentato di confinarle in uno spazio delimitato lungo il Tevere, l’Ortaccio di Ripetta a poche centinaia di metri dal quartiere degli artisti […]. In questa zona della città, fra Piazza del Popolo e Piazza di Spagna, si estendeva il quartiere dei pittori. Oltre duemila artisti…francesi, fiamminghi, ma anche bolognesi, fiorentini e romani”.
Questa descrizione della raffinata scrittrice-biografa Alexandra Lapierre nella sua stupenda biografia Artemisia, apparsa nel 1999, è frutto di un accuratissimo lavoro quinquennale, di una sterminata ricerca documentaria e bibliografica, che occupa oltre duecento pagine delle cinquecento dedicate all’affascinante racconto della tragica storia di Artemisia Gentileschi (1593-1653).
Ma da chi era composta questa miriade di artisti che affollavano il centro di Roma tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento? Chi dovesse averne la curiosità, potrebbe visitare la bella mostra Artemisia Gentileschi e il suo tempo, che si è aperta a Palazzo Braschi il 30 novembre 2016 e durerà fino al 7 maggio 2017, da un’idea di Nicola Spinosa, che ha curato la sezione napoletana, coadiuvato da Francesca Baldassari, per la sezione fiorentina, e Judith Mann per la sezione romana. In tal modo, scientificamente e impeccabilmente, la mostra ci offre davvero uno spaccato dell’arte a Roma nella prima metà del secolo XVII, di cui Artemisia costituisce l’anomala presenza nella folta rassegna di autori maschili italiani e internazionali. Certo la fama della pittrice, figlia di Orazio Gentileschi (1563-1639), insigne pittore del suo tempo, è dovuta anche al ben noto e tragico processo per l’oltraggio da lei subito dal tracotante artista, Agostino Tassi (1580-1644), sodale del Gentileschi in importanti lavori tra cui la Sala del Concistoro al Quirinale, decorata su commissione del papa Paolo V Borghese prima del processo contro Agostino nel 1612.
All’origine di questi studi e della sopra menzionata Artemisia della Lapierre, vanno ricordati, come la stessa biografa ci dice, il romanzo Artemisia del 1947 di Anna Banti, moglie dell’illustre Roberto Longhi, al quale si devono gli studi pioneristici su Caravaggio e in particolare la famosa esposizione a Milano nel 1951 a Palazzo Reale, Mostra del Caravaggio e dei Caravaggeschi. Dunque non poteva non figurare in apertura del catalogo di Artemisia a Palazzo Braschi la famosa opera del Caravaggio, Giuditta che taglia la testa a Oloferne, datata (secondo la scheda in catalogo) al 1602 c., nel Palazzo Barberini a Roma, soggetto in buona parte rappresentato nella rassegna spinosiana: oltre le due più note di Artemisia, una del 1617 del Museo di Capodimonte a Napoli, e l’altra degli Uffizi a Firenze del 1620-21, se ne contano altre dieci ...
link: