Sgarbi lancia una nuova attribuzione per Caravaggio: è la "Giuditta con la testa di Oloferne" Lemme, ora in mostra a Palazzo Braschi

Vittorio Sgarbi intervistato dopo aver lanciato sul numero di "Sette" del 30 dicembre 2016 una nuova attribuzione per Caravaggio


L'attribuzione a Caravaggio lanciata in un articolo su Sette, il settimanale culturale del Corriere della Sera, della Giuditta con la testa di Oloferne, un dipinto molto conosciuto ed esposto nella mostra in corso a Palazzo Braschi, Artemisia Gentileschi e il suo tempo, con una tradizionale, ancorché non accolta generalmente, attribuzione appunto ad Artemisia Gentileschi, sta già scatenando, da parte del mondo degli addetti ai lavori, una serie di reazioni quasi tutte in disaccordo con l'idea del noto critico, che però qui sembra in parte ridimensionare le sue affermazioni. 
C'è però anche chi la pensa diversamente e sposa in pieno l'attribuzione di Sgarbi, come Carlo Guarienti ad esempio, uno dei più grandi artisti italiani contemporanei: 
"Stamattina appena ho letto l'articolo, mi sono subito recato a vedere l'opera dove è esposta, e non ho avuto nessun dubbio: si tratta di un Caravaggio originale al 100%!" 
Ce lo ha quasi urlato al telefono Guarienti, evidentemente ancora in preda all'emozione. Eppure - gli abbiamo detto - quel quadro era molto conosciuto e non si era mai parlato di questa possibile autografia caravaggesca. 
"Io da vicino non l'avevo mai visto. Va osservato attentamente: guardate la mano che tiene la testa di Oloferne! Non vedete che è la stessa della Zingara della Pinacoteca Capitolina? E la conduzione pittorica? Dalla foto avevo avuto solo una positiva impressione; da vicino si vede perfettamente che è un Caravaggio tipico, non ci sono dubbi; io non sempre concordo con Vittorio Sgarbi, ma stavolta devo riconoscere che ha visto bene! Il prossimo 3 gennaio mi vedrò con il proprietario, che è un vecchio amico, Fabrizio Lemme, e gli chiederò come abbia fatto a prendere questo quadro e a non accorgersene prima di chi fosse". 
Fabrizio Lemme, grande appassionato collezionista e connoisseur, notissimo nel mondo degli storici dell'arte e degli studiosi, si trova in breve vacanza negli Stati Uniti, lo abbiamo raggiunto al telefono a New York per sapere cosa ne pensa della novità. Ci dice scherzando che da adesso pretenderà di essere chiamato "Ser Fabrizio", ma poi precisa: "Che dire? Adesso sono in vacanza. Posso esprimere solo una considerazione prima di ulteriori ragguagli, e cioè che nel complesso delle attribuzioni a Caravaggio, se consideriamo che se ne conteggiano anche sessanta o settanta di quadri che gli vengono riferiti, questo di mia proprietà non è sicuramente il meno attendibile, anzi credo che possa avere una legittima plausibilità"
Era necessario quindi sentire il parere del responsabile dell'attribuzione, Vittorio Sgarbi. Queste le domande che gli abbiamo rivolto e le sue risposte: 

D- Professor Sgarbi che succede? Sembrava stesse filando tutto abbastanza liscio per la mostra a Roma su Artemisia Gentileschi, una grande affluenza di pubblico, buon riscontro da parte della critica ed ecco la bomba: la Giuditta della collezione Lemme esposta a Palazzo Braschi non sarebbe un dipinto di Artemisia ma addirittura attribuibile a Caravaggio! Spiegaci innanzitutto i motivi per cui non dovrebbe essere un quadro di Artemisia come pure molti hanno sempre creduto 

R- Innanzitutto che non fosse un quadro di Artemisia lo sapevano tutti, a cominciare dal proprietario. Quando andammo, con Alessandro Zuccari ed altri, come commissione che gestiva la vendita della collezione Lemme, da Emanuele Emmanuele (Emanuele Francesco Maria Emmanuele è il Direttore della Fondazione Roma, che acquisì la gran parte della collezione dell'avvocato Fabrizio Lemme, ndA), si parlava di una stima molto alta per abbassare la quale noi escludemmo proprio questo dipinto - che infatti è ancora in collezione Lemme -, appunto perché non si credeva che fosse di Artemisia. Il punto in effetti è che questa Giuditta confligge chiaramente con il primo dipinto datato dell'artista che è quello di Pommersfelden, la Susanna e i Vecchioni del 1610; consideriamo poi che di lì a poco Artemisia dipinge la famosa Giuditta di Capodimonte, del 1611-12 seguita poco dopo dalla replica degli Uffizi, vedi che c'è un mondo completamente diverso; ci trovi una scena sanguinaria, violenta, con due donne che uccidono un uomo; ed è questa la prima vera Artemisia. Come si può pensare che la stessa mano abbia realizzato in quello stesso torno di anni la versione Lemme? Così diversa, con quella posa, con quei tratti; quando dovrebbe averla dipinta Artemisia, sei anni prima? o quando ancora neppure disegnava? No, non è proprio un'opera sua ...


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