Negli ultimi tempi, è tornata a far discutere la dispersa Natività di Palermo di Caravaggio.
Sul piano degli studi, acquisizioni di tipo documentario, diagnostico e iconografico in particolare, hanno reso sempre più convincente l’ipotesi che il quadro sia stato dipinto negli anni romani, cui del resto poteva essere accostato per affinità stilistico-compositive.
Ma soprattutto, nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia hanno permesso di ricostruire il contesto in cui maturò il furto della tela, dall’oratorio di San Lorenzo, e le modalità della sua vendita avvenuta nel giro di sei mesi.
Nella triste ricorrenza del furto (17-18 ottobre 1969), About Art online vuole ricordare il capolavoro palermitano con le toccanti parole di monsignor Sandro Corradini, tra i più grandi ricercatori di documenti d’archivio su Caravaggio. Il contesto, è quello del convegno La Natività di Palermo: prima pala d’altare per Caravaggio? tenutosi presso la Galleria Corsini il 9 giugno 2016, con l’intervento di Michele Cuppone (poi pubblicato sul fascicolo 9-2017 di “Valori Tattili”) e di Elisabetta Giani con Claudio Seccaroni (già apparso sul numero 28-2014 del “Bollettino ICR”).
Don Sandro – come è chiamato amichevolmente anche dagli studiosi caravaggisti – concorda anzitutto con il sospetto che il personaggio in piedi a mani giunte, sul lato destro, non sia san Francesco bensì un personaggio umile, forse un pastore. Quindi, riporta alla memoria le ricerche di Gian Lodovico Masetti Zannini, recentemente scomparso (Brescia, 8 febbraio 1929 – Roma, 1 agosto 2015), che nel 1971, due anni dopo che la tela era stata sottratta, pubblicò un documento del 1600. In esso Caravaggio si impegnava (e consegnava poi), con il mercante Fabio Nuti, per dipingere una pala d’altare dal soggetto non specificato. E proprio alla Natività di Palermo è ora più logico associare, per le misure indicatevi ma non solo, quel contratto di commissione.
Infine Corradini racconta di quando, giovane sacerdote, si recò a Palermo sul finire degli anni ’60 (nel mese di luglio-agosto del 1965 o più probabilmente 1966, ricorderà meglio poi). Lì, ebbe l’opportunità di vedere ancora in situ la tela del Caravaggio, artista a lui pressoché ignoto fino a quel momento. E ‘ignorata’ era pure la Natività, senza quel grande pubblico che oggi richiama un quadro di Merisi e, per di più, nell’assenza di adeguati sistemi di sicurezza – circostanza, quest’ultima, che da lì a breve si rivelerà fatale. L’auspicio finale, specie ora che si aprono spiragli nelle indagini investigative sul crimine commesso, è che prima o poi si possa rivedere con i propri occhi la Natività, capolavoro assoluto oggetto di sfortuna critica, prima ancora che dell’avidità dell’uomo.
Di seguito la trascrizione dell’intervento (per vedere il video, clicca CLICCA QUI):
Sul piano degli studi, acquisizioni di tipo documentario, diagnostico e iconografico in particolare, hanno reso sempre più convincente l’ipotesi che il quadro sia stato dipinto negli anni romani, cui del resto poteva essere accostato per affinità stilistico-compositive.
Ma soprattutto, nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia hanno permesso di ricostruire il contesto in cui maturò il furto della tela, dall’oratorio di San Lorenzo, e le modalità della sua vendita avvenuta nel giro di sei mesi.
Nella triste ricorrenza del furto (17-18 ottobre 1969), About Art online vuole ricordare il capolavoro palermitano con le toccanti parole di monsignor Sandro Corradini, tra i più grandi ricercatori di documenti d’archivio su Caravaggio. Il contesto, è quello del convegno La Natività di Palermo: prima pala d’altare per Caravaggio? tenutosi presso la Galleria Corsini il 9 giugno 2016, con l’intervento di Michele Cuppone (poi pubblicato sul fascicolo 9-2017 di “Valori Tattili”) e di Elisabetta Giani con Claudio Seccaroni (già apparso sul numero 28-2014 del “Bollettino ICR”).
Don Sandro – come è chiamato amichevolmente anche dagli studiosi caravaggisti – concorda anzitutto con il sospetto che il personaggio in piedi a mani giunte, sul lato destro, non sia san Francesco bensì un personaggio umile, forse un pastore. Quindi, riporta alla memoria le ricerche di Gian Lodovico Masetti Zannini, recentemente scomparso (Brescia, 8 febbraio 1929 – Roma, 1 agosto 2015), che nel 1971, due anni dopo che la tela era stata sottratta, pubblicò un documento del 1600. In esso Caravaggio si impegnava (e consegnava poi), con il mercante Fabio Nuti, per dipingere una pala d’altare dal soggetto non specificato. E proprio alla Natività di Palermo è ora più logico associare, per le misure indicatevi ma non solo, quel contratto di commissione.
Infine Corradini racconta di quando, giovane sacerdote, si recò a Palermo sul finire degli anni ’60 (nel mese di luglio-agosto del 1965 o più probabilmente 1966, ricorderà meglio poi). Lì, ebbe l’opportunità di vedere ancora in situ la tela del Caravaggio, artista a lui pressoché ignoto fino a quel momento. E ‘ignorata’ era pure la Natività, senza quel grande pubblico che oggi richiama un quadro di Merisi e, per di più, nell’assenza di adeguati sistemi di sicurezza – circostanza, quest’ultima, che da lì a breve si rivelerà fatale. L’auspicio finale, specie ora che si aprono spiragli nelle indagini investigative sul crimine commesso, è che prima o poi si possa rivedere con i propri occhi la Natività, capolavoro assoluto oggetto di sfortuna critica, prima ancora che dell’avidità dell’uomo.
Di seguito la trascrizione dell’intervento (per vedere il video, clicca CLICCA QUI):
«Rispettando e condividendo questa idea che quello [in piedi a mani giunte] non sia san Francesco ma sia un pastore, penserei che sarebbe opportuno non chiamarla “Natività”, ma “Adorazione dei pastori”. E allora, anche lì, di “pastori” ... ne resta solo uno, ma a parte questo dettaglio, insomma, è veramente interessante … E vorrei oggi – molti di voi l’hanno conosciuto – fare memoria di [Gian Lodovico] Masetti Zannini, che si imbatté per la prima volta in questo documento [di commissione a Caravaggio per Fabio Nuti], e pubblicò, ma rimase sconcertato, perché era Anno Santo, il 1600, ma non sapeva [quale quadro fosse] … si parlò di tutto, come lei ha accennato già e … non gli passò nemmeno per la testa l’idea che potesse essere riferito a quest’opera [la Natività]. Poi, una piccola cosa, se … non significa niente, ma … io ebbi modo, andando a Palermo nel ’68-70, di vederlo, ma ero un ragazzotto e non avevo all’epoca nessun interesse per il Caravaggio. Sapevo che era Caravaggio dalla guida, e mi impressionò. Ma mi impressionò la non custodia! Io sono arrivato lì e non c’era nessuno … che vigilasse … la chiesa piccolissima, lì, proprio … accantonata da una parte, insomma, un’opera così, ma … ero un ragazzotto, ero un giovane sacerdote … Dico, ma come si fa a lasciare un quadro così importante incustodito in questa maniera!? Vedete, l’ho visto, mi fa una certa emozione e l’augurio, lo vogliamo fare, che prima o poi, prima di morire, lo si possa rivedere con i propri occhi» (Sandro Corradini, 9 giugno 2016).
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