"Con il presente contributo faccio seguito alla «Richiesta di rettifica sull'articolo di Michele Cuppone "Valent'huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma”», a firma del prof. Pietro Caiazza e pubblicata sul sito web del Progetto Culturale Caravaggio400 in data 3 maggio 2011.
Ringrazio anzitutto il Caiazza per la viva attenzione che rivolge al mio precedente articolo “Valent’huomini sulle tracce del Caravaggio a Roma. Ma la ricerca, va sostenuta” (pubblicato sul sito web del Progetto Culturale Caravaggio400 in data 8 marzo 2011 e poi riportato sul sito web dell’Archivio di Stato di Roma, d’ora in poi Asr).
Come è possibile (ri)leggere correttamente, al gruppo di ricerca dell’Asr non ho attribuito la paternità della «localizzazione» della casa di Caravaggio, quanto piuttosto una “riconferma”, in via “indipendente” e dunque per questo importante, di quanto già sostenuto – primo su tutti! – dal Caiazza, sempre sulla base di una ricognizione in situ, in un articolo che avevo letto a suo tempo nella versione on line. Debbo tuttavia rettificare quanto sostenuto dal Caiazza, in quanto non ho, come da lui sostenuto, «“ipotizzato” l’esistenza della casa»: una casa di Caravaggio certamente esisteva (e per forza di cose doveva pur esistere), e del più generico toponimo del vicolo di San Biagio (odierno vicolo del Divino Amore) ne parlano le stesse fonti antiche (lo Stato delle anime della Parrocchia di San Nicola dei Prefetti con precisione, ma poi anche il contratto d’affitto a lungo cercato e finalmente ritrovato dall’ottimo gruppo di ricerca dell’Asr, l’inventario dei beni del Caravaggio, etc).
Inoltre, non è «falsa l’attribuzione della “localizzazione” al gruppo di ricerca»: una certa, per così dire, “falsità”, piuttosto, sembra risiedere in tale affermazione del Caiazza. Mi spiego meglio con altre parole, rispetto a quanto riportato più succintamente nel mio articolo (che, ben riletto, comunque non dice cose diverse da quelle che scrivo di seguito): il Caiazza è stato pater dell’ipotesi (dunque della scoperta), il gruppo di ricerca ne ha poi data una conferma sulla base di osservazioni dirette ex novo. E ha aggiunto in catalogo delle utili considerazioni a corredo, soprattutto di natura tecnica (vedi il saggio di Alessandro Zuccari “Caravaggio in ‘cattiva luce’? Lo studio in vicolo di San Biagio e la questione del soffitto rotto”). Certamente, in assenza di inequivocabili riscontri notarili, documentari o di altra natura, non è detta l’ultima parola e l’identificazione al civico 19 resta pur sempre una “ipotesi” che, allo stato attuale delle conoscenze, mi sento comunque di sposare.
Posso certamente essere spiaciuto, in nome della deontologia professionale e della giusta attribuzione del merito, quando qualcuno si vede sottrarre la paternità, o peggio ancora vanificare, i frutti delle proprie ricerche. Ma non mi sembra essere tale il caso. So anzi per certo che molti altri “giornalisti” hanno realmente sdoganato l’importante scoperta come opera del gruppo di ricerca dell’Asr, senza curarsi affatto di citare il Caiazza, vero – posso ripetere fino alla noia – autore dell’“individuazione”. Personalmente, non sono nemmeno interessato a sapere quale seguito hanno avuto le loro affermazioni, per la “penna” del Caiazza.
Dirò di più, perché, in tempi non sospetti, attraverso le pagine del sito web del Progetto Culturale Caravaggio400, avevo citato «P. Caiazza» tra gli autori di utili «contributi di ricostruzione storica» per un approfondimento della vita romana di Caravaggio, nell’articolo a mia firma “Luoghi caravaggeschi nella Roma contemporanea e moderna. Le possibili ragioni di una visita”, pubblicato in data 23 ottobre 2010 (e poi riportato parzialmente dal sito web del Centro Culturale “Gli Scritti”, in data 24 novembre 2010). Citando il Caiazza, implicitamente mi riferivo, appunto e ancora una volta, all’articolo da lui pubblicato in data 18 luglio 2010" Michele Cuppone (Roma, 4 maggio 2011)