"Qualche riflessione sulla mostra milanese 'Dentro Caravaggio'", di Gianni Papi

La mostra su Caravaggio che si è svolta agli inizia di gennaio a Milano ha avuto innegabili meriti; curata da Rossella Vodret, aveva già nel titolo Dentro Caravaggio quello che è stato il suo principale intento: svelare l’iter esecutivo del pittore. 
Ben venti opere del Merisi erano presenti: data la difficoltà nel concedere prestiti così importanti, immagino quale sarà stato l’enorme lavoro diplomatico per la preparazione dell’evento, tanto che in occasioni come questa – ben più rispetto ad altre mostre – il progetto giocoforza si consuma tutto nella ricerca di ottenere il maggior numero di prestiti. E alla fine non è troppo grave se fra quei venti dipinti ne saranno mancati alcuni che la curatrice avrebbe voluto, ma che erano – per le più varie ragioni – incedibili: l’importante è aver raggiunto quel numero sorprendente e che tutte le opere fossero (salvo poche eccezioni meno sicure, un paio al massimo) indiscutibili sul piano dell’autografia. 
La mostra di Milano, con la sua specificità riguardante il modo di dipingere del Merisi, rappresenta un ulteriore passo in avanti nel separare lo studio del pittore lombardo dal resto della storia dell’arte. Ormai Caravaggio appare come un settore della disciplina a se stante, per il quale si affilano sofisticati strumenti tecnologici e si trascorrono mesi e anni in archivio. 
Caravaggio viene studiato a tutto campo, in modo oserei dire quasi morboso, con una serie variegata di metodologie e con un accanimento nel voler ricostruire ogni aspetto della sua attività e della sua vita, che non hanno riscontro – se non in piccola parte – negli studi dedicati ad altri protagonisti della storia dell’arte e del Seicento in particolare. Tutti gli sforzi che si fanno intorno a Caravaggio – da parte di decine e decine di studiosi in tutto il mondo e particolarmente in Italia – hanno forse paragone rispetto a ciò che accade, ad esempio, intorno a Rubens o a Velázquez, per citare due sommi epigoni del lombardo? E in questi ultimi quindici anni, seguiti alla rivoluzionaria scoperta dell’attività romana di Ribera, si è forse avuto un particolare interesse per indagare il contesto dei committenti e i molti lati della personalità di colui che gareggia col Merisi per genialità e sempre più ci appare come il pittore che ha dato nuova linfa alla corrente naturalistica originata da quest’ultimo? [...]

link: