Michele Cuppone si fa carico di un arduo lavoro, quello di porre, per quanto possibile, una certa chiarezza tra tutte le numerose, e talvolta errate, congetture che sono state prodotte in questi anni su uno dei dipinti più ricercati al mondo. Le avventure della «Natività» di Caravaggio, restituite nel libro con efficacia narrativa, si dipanano avvincendo il lettore al susseguirsi dei fatti e dei personaggi coinvolti.
Un’opera dalla storia dibattuta quella della «Natività» di Caravaggio. Un’«isola che non c’è», come la definì il magistrato Giovanbattista Tona, dopo lo scellerato furto dell’ottobre 1969. Si, perché da quando è scomparsa, ha catturato l’attenzione di studiosi, e non, sulla sua genesi, sul soggetto raffigurato e sulla sua possibile rintracciabilità.
Michele Cuppone si fa carico di un arduo lavoro, quello di porre, per quanto possibile, una certa chiarezza tra tutte le numerose, e talvolta errate, congetture che sono state prodotte in questi anni su uno dei dipinti più ricercati al mondo. L’autore approfondisce il primo grande fraintendimento legato all’origine della tela. Sostiene dunque che la «Natività con i santi Lorenzo e Francesco» sia stata realizzata nel 1600, periodo in cui Caravaggio lavorava alle storie di san Matteo per San Luigi dei Francesi in Roma, benché fosse già destinata all’Oratorio di San Lorenzo di Palermo.
Una ricerca interdisciplinare, basata su confronti stilistici, su documenti notarili e sulle analisi radiografiche preliminari al restauro del 1951, consente all’autore di avvalorare la restituzione al periodo romano dell’opera del Merisi. Cuppone prosegue verso il discusso tema della sorte toccata al dipinto dopo il furto. L’autore si muove tra leggende metropolitane scardinandole opportunamente. L’opera non fu infatti nascosta in una stalla, né mangiata dai topi, né bruciata, né sepolta in una cassa sotto terra, né esposta come trofeo nei summit di mafia dei corleonesi di Totò Riina.
La cronaca narrata da Cuppone è basata su fonti accreditate e verificate, alcune inedite. L’opera sarebbe stata rubata, prima del pomeriggio del 15 ottobre 1969, da ladri poco consapevoli del suo valore e caricata su un furgone Fiat 642, avvolta in un tappeto. La prima notte sistemata in un appartamento, poi in una ghiacciaia. La stampa diffuse la notizia del furto di un’opera miliardaria in lire. La «Natività» fu mostrata al primo potenziale acquirente, il quale non si aspettava però di trovarsi davanti a una tela di quel livello, di per sé non commerciabile.
Il boss Gaetano Badalamenti chiese al suo braccio destro Gaetano Grado di rintracciare l’opera: in poco tempo la mafia la acquistò per 4-5 milioni arrivando prima dello Stato. Quando il dipinto giunse al nascondiglio di Cinisi, partirono le richieste di riscatto che continuarono sino alla vendita a un trafficante che lo portò in Svizzera. A Lugano è possibile sia giunto nella collezione del barone Hans Heinrich von Thyssen Bornemisza, che per molto tempo fu un sorvegliato speciale dello 007 dell’arte, Rodolfo Siviero.
Le avventure della «Natività» di Caravaggio, restituite nel libro con efficacia narrativa, si dipanano avvincendo il lettore al susseguirsi dei fatti e dei personaggi coinvolti. Chiudono il volume alcuni passi estrapolati da antichi biografi e moderni critici, la biografia dell’artista e la trascrizione integrale degli articoli della stampa che seguirono l’amara storia di un capolavoro perduto (fonte: Il Giornale dell'Arte).