In questi giorni che ci costringono giustamente a casa, tra le cose che ognuno di noi, credo, si sia ripromesso di fare, c’è quella di leggere quei libri acquistati e rimasti in sospeso nelle proprie librerie.
Fra questi ve ne è uno donatomi dal suo autore, Michele Cuppone, un ricercatore appassionato, letteralmente, alla figura artistica di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Devo ammettere che ci vuole coraggio e una grande motivazione per scrivere un ennesimo libro che parli del celebre pittore, dato che le pubblicazioni su questo argomento vanno ormai ben oltre le 3000 unità. Ma dati i comuni interessi di ricerca e di studio e conoscendo la assoluta dedizione di Michele Cuppone, mi sono dedicata con curiosità alla lettura di questo testo.
Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro (editore Campisano) è un libro inaspettato. E lo si capisce già dai testi introduttivi di Antonio Vannugli e di Richard E. Spear. Non è il solito libro che ripercorre l’attività artistica di Caravaggio e anzi la nota biografica, particolarmente accurata, è lasciata alla fine. Questo volume è un approfondimento su una sola ma importante opera d’arte del Merisi, la Natività di Palermo per l’appunto.
La tela è nota soprattutto per il furto subito nel 1969 che la annovera ancora nella Top Ten Art Crimes, “l’infelice classifica dei 10 furti d’arte più importanti al mondo secondo l’FBI”. La “pratica 799”, per i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, corrisponde al fascicolo dedicato alle ricerche fatte per il ritrovamento di questo dipinto, purtroppo non ancora avvenuto. Cuppone ne ripercorre l’intera vicenda, presentando particolari rimasti finora inediti. Quindi, sfatando alcune notizie inesatte e conducendo la narrazione come una vera spy story, guida il lettore attraverso le lunghe ricerche per il suo ritrovamento tra nomi altisonanti, processi e confessioni di capimafia, studiosi d’arte e antiquari.
Per arrivare a far comprendere al lettore l’importanza dell’opera e dunque la necessaria e continua ricerca perpetuatasi negli anni, Cuppone parte analizzando il dipinto nei suoi molteplici aspetti, sia dal punto di vista iconografico e iconologico sia da quello storico-artistico.
Il primo capitolo viene infatti dedicato alla nascita del capolavoro, al significato del soggetto narrato e al momento in cui Caravaggio lo realizzò. E qui si legge di un’importante novità sostenuta dall’autore, che lo porta a dimostrare non solo che il dipinto fu realizzato a Roma durante gli anni della Cappella Contarelli, ma che soprattutto il pittore non passò mai per Palermo.
Per confermare la tesi della realizzazione a Roma, Cuppone riporta peraltro i risultati delle indagini diagnostiche eseguite sulla tela in occasione della mostra del 1951 a cura di Roberto Longhi, tenutasi a Milano. Sia nella qualità del supporto, in quanto tipica “tela romana”, sia nella tecnica esecutiva, il dipinto corrisponde pienamente ai quadri prodotti dal Merisi a Roma, fino alla sua fuga nel 1606 a seguito dell’omicidio nei confronti di Ranuccio Tomassoni.
Nel capitolo sugli enigmi caravaggeschi Cuppone ricostruisce la rete di contatti tra Roma e Palermo che portarono alla commissione del dipinto nella prima città e al suo trasporto nella seconda. Un intero capitolo del libro viene dedicato alle copie dipinte della Natività (se ne conoscono almeno due, più una litografia) nonché alle riproduzioni fotografiche e ai filmati in cui l’opera è comparsa. Ho trovato molto interessante che l’autore abbia annotato che, in questi filmati, l’attenzione maggiore sia sempre stata rivolta più alla decorazione dell’oratorio, in stucco, di Giacomo Serpotta, che non al dipinto ivi custodito.
Altri spunti ricostruiti da Cuppone, sono il momento delicato vissuto dalla Natività durante la seconda guerra mondiale nonché i restauri e le mostre cui partecipò, l’ultima delle quali fu la grande occasione espositiva al Louvre, nel 1965. Apprendo dal libro che Il melodramma di stucco, servizio della trasmissione Capolavori nascosti, andò in onda il 1° agosto del 1969, due mesi e mezzo prima della sparizione della tela. L’autore annota un dubbio sorto a seguito del furto; se non fu proprio questa trasmissione a puntare le luci sul dipinto, rendendone note l’importanza, la bellezza, e la fragilità del luogo ove era custodito.
Il libro è uscito a 50 anni esatti dal furto e Cuppone lo chiude con un augurio che condivido pienamente, soprattutto dopo aver letto la sua avvincente storia. Che cioè le indagini investigative per il ritrovamento della tela possano conoscere finalmente una svolta e che presto quindi, il finale di questa vicenda possa essere riscritto.
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