«La Natività dipinta a Roma», intervista di Annalisa Stancanelli a Michele Cuppone, su "La Sicilia"

Il volume di Michele Cuppone ricostruisce, con nuove informazioni, la genesi e la scomparsa del capolavoro di Caravaggio rubato all’oratorio di San Lorenzo a Palermo


«Nelle cronache del ’69 si diede più risalto alla cronaca spicciola e a una fiera dell’erotismo che al furto del quadro»


È giunto in libreria il volume di Michele Cuppone “Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro” (Campisano Editore). Cuppone, ricercatore appassionato di temi caravaggeschi, ha pubblicato i suoi studi storico-artistici su riviste prestigiose ed è curatore del blog Caravaggio400.org.

Come nasce ora l’idea del libro?
«Più in generale, a livello personale, sono attratto dalle questioni spinose, come appunto sembrava quella della cronologia della “Natività”, ora però chiarita in più punti. Ogni volta che mi sono occupato del tema, avevo comunque una qualche novità da presentare. Ma il lettore interessato si trovava a doverle cercare fra più articoli, saggi, noticine. Ora si può trovare tutto nel volume che, peraltro, presenta ulteriori acquisizioni».

Ci può spiegare meglio il perché del sottotitolo, “Nascita e scomparsa di un capolavoro”?
«Non c’è solo il mistero della sparizione del dipinto, mai recuperato, ma anche quello della genesi. Per oltre tre secoli si è pensato che il quadro fosse stato dipinto da Caravaggio a Palermo, nel 1609, durante il suo soggiorno siciliano. Ci sono voluti diversi studi specialistici e scoperte, alcune presentate qui per la prima volta a un più grande pubblico, per stabilire un’altra versione dei fatti: l’opera era stata realizzata prima, nel 1600, a Roma, e da lì spedita all’oratorio di San Lorenzo. La parola “nascita” nel sottotitolo, inoltre, è un ulteriore rimando al soggetto rappresentato: la Natività del Signore, appunto».

Qual è la conseguenza principale di queste scoperte, nel percorso storico-artistico di Caravaggio?
«Intanto, si può rivedere il percorso siciliano dell’artista: dopo Siracusa e Messina, probabilmente tornò a Napoli, senza passare da Palermo: non ne avrebbe avuto motivo. Allo stesso tempo, è rivalutata l’importanza della “Natività”, tenuto conto che si pone cronologicamente accanto alle celebri storie di san Matteo per la cappella Contarelli in san Luigi dei Francesi, primo incarico pubblico per Merisi. Un momento particolarmente felice per l’artista, di vera e propria svolta».

Dunque “La Natività” è un quadro romano, come datazione, e siciliano solo per quanto riguarda la destinazione. Sulla base di cosa lo si può affermare?
«È una questione complessa, che investe molte discipline. A riportare la “Natività” al 1600 sono i rimandi iconografici ai quadri romani (la stessa modella della Madonna poserà due anni dopo nella “Giuditta”), le caratteristiche tecniche della tela utilizzata e, soprattutto, i documenti. Ve n’è uno in particolare che, pur non esplicitando informazioni utili, si identifica con quello con cui, al pittore, veniva richiesto il quadro oggi disperso: era il 5 aprile del 1600. Senza contare che lo stesso stile accurato del dipinto, come notato da sempre, poco ha a che vedere con la produzione siciliana del Caravaggio, allora tormentato e in fuga».

Una specifica sezione è dedicata al furto. C’è davvero qualcosa di nuovo da raccontare anche su questo?
«Il capitolo sulla “scomparsa” parte proprio sgomberando il campo dalle innumerevoli leggende, alimentate per lo più da alcuni pentiti o giornalisti. Segue una ricostruzione che è mera cronaca, basata su fonti accreditate e verificate. Non solo: si precisano alcuni luoghi e si fanno nomi altrimenti secretati dalle fonti ufficiali, tra le quali la Commissione parlamentare antimafia. Per concludere, presento una lettera inedita da me reperita in archivio, che fa riferimento a una richiesta di riscatto per la tela».

Il volume si chiude con una rassegna stampa dell’ottobre 1969. Si scopre qualcosa di interessante?
«Gli articoli della stampa locale in particolare, trascritti integralmente, ci fanno immedesimare nel pubblico del tempo. Dalle riproduzioni delle pagine di giornale, si vede bene come la notizia passò in secondo piano rispetto a episodi di cronaca spicciola, o persino a eventi come una fiera dell’erotismo… Interessante, peraltro, venire a conoscenza dell’idea di offrire una lauta ricompensa agli informatori».

Cosa pensa accadrebbe se davvero venisse ritrovato il quadro?
«Recuperarlo sarebbe una grande riconquista e una bella iniezione di fiducia per tutti, a livello globale. Finalmente potremmo ammirarne la bellezza di cui siamo stati privati per oltre cinquant’anni».

[«La Natività dipinta a Roma», di Annalisa Stancanelli, su "La Sicilia" del 19 maggio 2020]

link: