Keith Christiansen sulle implicazioni sociali della rivoluzione caravaggesca, da una lettera al direttore di About Art online

Ci si dovrebbe ricordare che Berenson, nel replicare alla grande mostra milanese su Caravaggio, che per la prima volta mise l’artista sotto gli occhi del grande pubblico, notò che a rappresentare la sua fama fosse più la sua biografia che il suo lavoro. Sebbene sia facile da rimuovere, credo che gran parte dell’attuale ossessione per Caravaggio abbia a che fare con quella biografia. I gay lo vedono come un campione. Le persone che hanno difficoltà ad “adattarsi” lo associano ai loro problemi. È la tipica figura anti-establishment. E qualcuno con precedenti penali da avviare. Pensiamo, per un momento, al modo in cui Artemisia è stata trasformata da artista di talento ma non propriamente rivoluzionaria com artista in proto-femminista e vittima. L’arte di suo padre – un’arte che esiste a un livello sempre più elevato – è stata oscurata dalla sua. Ricordo che Charles Dempsey mi disse che non avrebbe mai creduto che Orazio sarebbe stato messo in ombra da sua figlia. Quindi, penso che la biografia dell’artista abbia molto a che fare con questo, motivo per cui ci sono biografie popolari su Caravaggio. 
Dunque, guarda il saggio di Roger Fry sulla pittura barocca e troverai le analogie dell’arte di Caravaggio con i film. Un secondo motivo. Aggiungerei che l’ascesa della fotografia ha completamente trasformato il modo in cui i giovani guardano l’arte. Non c’è posto per il vocabolario idealista di Raffaello e Annibale Carracci. Questo in realtà richiede di entrare nell’idea delle gerarchie tanto quanto nel raffinato mondo dell’antiquariato. E questa è la cultura che ha sostenuto quegli artisti nei secoli XVIII e XIX. La rivoluzione nella cultura populista non ha spazio per la loro arte, motivo per cui sarà interessante vedere la tipologia dei visitatori durante l’anno di Raffaello. La mia ipotesi è che sarà una generazione piuttosto anziana. 
Viviamo in una cultura di celebrità e Caravaggio è diventato una celebrità. 
Ma ciò non significa che vi sia un uguale interesse nei suoi seguaci di talento. Ribera non ne è alla testa, eppure probabilmente è il pittore più grande. Quando ho organizzato la mostra su Valentin insieme ad Annick Lemoine, ero convinto che, come Ribera, Valentin portasse ad una fase più avanzata le innovazioni di Caravaggio. Cioè che Caravaggio stabilisce le basi per qualcosa di “oltre” rispetto quello che ha fatto? SÌ. Ma perfino gli studenti del periodo non sono molto interessati a questo. 
Infine: è tempo che gli studiosi inizino ad affrontare la questione del grado in cui la rivoluzione caravaggesca ha avuto implicazioni sociali piuttosto che puramente artistiche. Il mercato, che era il mezzo con cui Caravaggio si è stabilizzato a Roma e in cui rimase invischiato fino alla fine della sua carriera, e comunque fu un rivoluzionario. Egli era contro le gerarchie e non poteva essere controllato dall’Accademia. Fu il mezzo con cui sia Ribera che Valentin crearono carriere e esplorarono nuovi argomenti. Il diciassettesimo secolo è affascinante proprio perché accanto al modo convenzionale di addestramento e protezione del patrocinio c’era un mercato nuovo, molto meno prevedibile con i rivenditori. È stato il mercato che ha incoraggiato la creazione di nuovi generi e attraverso il quale molti più artisti poterono avere voce anche al di fuori delle dichiarazioni ufficiali delle accademie; questo può essere visto come un qualcosa di conservatore e persino di regressivo che, con il pretesto di elvare lo status dell’artista, in realtà ha chiuso l’innovazione e la speranza fino al XIX secolo, ha incontrato un attacco frontale (fonte: About Art online).