In questi giorni, dal 23 al 27 aprile, si svolge l'edizione web della manifestazione La Via dei Librai. Vi partecipa, per la sezione "Autori", Michele Cuppone, che presenta il volume Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro, pubblicato da Campisano Editore.
La videoscheda del volume, corredata da una significativa selezione di immagini dell'impaginato, è ora disponibile online e se ne riporta di seguito una trascrizione:
Salve a tutti, mi presento: sono Michele Cuppone, ricercatore e studioso del celebre artista Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Ho pubblicato da poco un libro, che ho il piacere di presentare qui agli amici de La Via dei Librai. Edito da Campisano, si intitola Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro. Il volume, esce a cinquant’anni di distanza dal clamoroso furto della Natività di Caravaggio dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo, in una notte piovosa dell’ottobre 1969. Mi sono occupato in diverse occasioni del tema, pubblicando di volta in volta alcune scoperte, ed ecco finalmente che è tutto raccolto ora in un solo testo. Ma, come vedremo, anche stavolta non mancano le novità. Le mie ricerche, partono dal campo storico-artistico, e difatti il volume è inserito in una collana di saggi di storia dell’arte. Tuttavia, uno spazio importante è dedicato alla storia del furto, un aspetto piuttosto intrigante e cui pure ho potuto dedicarmi, reperendo nuove informazioni. Ma scendiamo più nel dettaglio. Intanto, il dipinto. Una grande tela, al centro di un grande equivoco. Un biografo di Caravaggio, il pittore suo rivale Giovanni Baglione, ci racconta che l’artista, nei quattro anni di continui spostamenti dopo aver commesso un omicidio a Roma, passò da Palermo. Dove, in effetti, si trovava la Natività, fino al 1969. È così che, successivamente, altri scrittori devono aver dedotto che il quadro era stato dipinto nel capoluogo siciliano, nel 1609. Ma a ben vedere, il racconto di Giovanni Baglione è parziale, e non è neppure una testimonianza diretta: egli in realtà, del soggiorno siciliano di Caravaggio, che ebbe luogo essenzialmente a Siracusa e a Messina, non sa nulla, non conosce nemmeno un’opera dipinta qui. Ecco, così, che Baglione deve aver menzionato simbolicamente la sola Palermo, per indicare più genericamente la Sicilia. Perché è importante dire questo? Perché la Natività, possiamo affermare oggi, e il libro approfondisce tutto ciò, non è un dipinto siciliano del 1609, come abbiamo sempre pensato. Era stata realizzata alcuni anni prima, a Roma, nell’anno 1600. Quando Caravaggio stava lavorando alla celebre cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, quindi nel momento di svolta della sua carriera. Dunque un capolavoro romano, e ce lo dimostrano molti elementi. A partire dall’analisi stilistica e quella iconografica: il quadro presenta colori, motivi e addirittura modelli che ritroviamo nei capolavori romani del Merisi. I dipinti siciliani di Caravaggio, hanno tutt’altre caratteristiche: per una metà sono costituiti da un grande spazio vuoto che sovrasta i personaggi. Una prova della ‘nuova’ datazione della Natività, viene anche dai risultati delle vecchie radiografie eseguite sul dipinto: se ne ricava che la tela impiegata aveva le stesse caratteristiche di quelle utilizzate da Caravaggio a Roma, ben diverse dalle tele siciliane. Uno spazio, nel volume, è dedicato anche a una certa ‘fortuna’ che il quadro conobbe, prima della sparizione. Da sempre uno dei meno visti di Caravaggio, fu conosciuto sempre più grazie alla fotografia, e a una grande mostra che lo vide esposto, a Milano nel 1951 (andò pure al Louvre, nel 1965). Compare anche in rari filmati degli anni ’50 e ’60, uno dei quali trasmesso dalla Rai due mesi prima del furto. Tanto che, si pensò addirittura a una responsabilità della tv: avrebbe fatto conoscere ai ladri il capolavoro mal custodito. E poi, il tema delle copie antiche. Se ne conoscono due. Una è a Catania, a Castello Ursino. L’altra, nota solo attraverso una foto in bianco e nero, risulta dispersa. L’ultima parte del volume è naturalmente incentrata sul furto, avvenuto una notte di metà ottobre del 1969, tema su cui c’è ancora da dire. La prima cosa che ho voluto fare, e credo fosse necessario, è stato sgomberare il campo dalle tante, troppe leggende. È stato detto veramente di tutto, dalla tela esposta nei vertici di Cosa nostra, oppure mangiata dai topi in una porcilaia, o ancora incendiata poco dopo il furto, perché danneggiata dai ladri inesperti. Oggi, possiamo ricostruire alcune vicende rimaste sempre oscure, e questo principalmente grazie alle indagini svolte nel 2017 dalla Commissione parlamentare antimafia. In sintesi, il quadro fu rubato da una banda di giovani ladri, che non ne avevano colto il valore reale. Ciò che, invece, comprende il boss Gaetano Badalamenti, apprendendo la notizia dai quotidiani. Riesce così, tramite i suoi collaboratori, a impossessarsi della preziosa refurtiva, e a rivenderla poi a un trafficante svizzero. Il quadro partì alla volta del Canton Ticino, ed è lì che si concentrano ora le indagini in corso. Il libro, arricchisce questa ricostruzione di particolari inediti. Inclusi nomi e dettagli secretati negli atti ufficiali, che ho potuto desumere talvolta incrociando i dati. Infine, rendo noti i contenuti di una lettera riservata del 1974, da me reperita, che fa riferimento a una richiesta di riscatto. Una vera e propria chicca, sono le trascrizioni degli articoli dai quotidiani dell’epoca. Dove non mancano le firme prestigiose: fra tutte, Leonardo Sciascia. Come in una macchina del tempo, si possono seguire le cronache quasi in presa diretta. Sorprenderà comunque vedere il poco risalto che veniva concesso alla notizia, cui evidentemente non si riconosceva una grande importanza: oggi, ricordiamo, quello della Natività è considerato invece uno dei dieci furti d’arte più importanti a livello mondiale, secondo l’FBI. A ogni modo, dalla lettura degli articoli si evincono particolari poco noti ai più, probabilmente a volte anche ingigantiti (come gli oltre cento interrogati in pochi giorni), ma che di certo risultano piuttosto interessanti. Per concludere, alcune considerazioni sul prodotto editoriale in sé. Il libro, si presenta in un comodo formato compatto, con una significativa selezione di belle immagini, a colori e in bianco e nero, funzionali rispetto alla narrazione. Pur venendo personalmente dal mondo della ricerca, ho voluto adottare un linguaggio divulgativo e senza inutili tecnicismi, fatto per avvicinare chiunque anche ai contenuti più specialistici, accanto a quelli narrativi e di mera cronaca. Il libro è denso di sottotemi e informazioni che, considerato l’argomento, non dovrebbero faticare a stimolare l’interesse del lettore e, possibilmente, ad appassionarlo. Mi piace pensare di esserci riuscito, ma questo potrete giudicarlo meglio voi lettori.
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Guarda la videoscheda del libro (qualità standard)