In questi mesi l’attenzione della stampa su Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio, si è fatta sempre più intensa, data la scadenza dell’anniversario della morte. La mostra del Quirinale sta accogliendo migliaia e migliaia di visitatori. È questa l’occasione per rifare il punto sugli ultimi anni di ricerca, in cui io stesso sono stato impegnato, al fine di decifrare i codici simbolici che stanno alla base di alcune opere del Merisi. Il metodo iconologico mi ha, infatti, aiutato a progredire nella comprensione dei suoi dipinti, sulla base delle conquiste assodate, che in questi anni la critica si è proposta di rafforzare. Grazie alla storia culturale, infatti, si possono legittimamente comprendere cose (direttamente dai dipinti, intesi come testi figurativi) che i documenti non diranno mai.
L’applicazione interdisciplinare di strumenti diversi (storia dell’arte, psicanalisi, metodo morelliano, utilizzo di programmi informatici di rielaborazione di immagini, confronto di fonti e documenti d’archivio) ha messo in luce un aspetto del tutto negletto: la presenza di numerosi autoritratti, nelle opere di Caravaggio, ci fornisce una serie di elementi di prima mano (in quanto autografi), che ci concedono di ricostruire concetti fondamentali nella propriocezione dell’artista e di integrare i dati biografici fornitici dalla letteratura biografica (Bellori, Baglione, Mancini, Susinno e altri). Ho esposto i risultati di questa mia ricerca in un articolo sugli autoritratti di Caravaggio, pubblicato nel catalogo del restauro dell’Adorazione dei Pastori di Messina, e presentato l’11 febbraio 2010 a Montecitorio, la cui importanza è stata confermata dall’attenzione che la Sovrintendente al Polo Museale Romano, Rossella Vodret, curatrice della mostra al Quirinale, ha dedicato al mio lavoro..... LEGGI TUTTO L'ARTICOLO SUL SITO DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI FIRENZE