Il dardo colpisce, penetra con violenza, la mano non lo ferma. E il colore si disgrega,diventa grumo doloroso di ombre e luci che avvolgono i personaggi, estremo testamento della luce caravaggesca.
Pecci: “Forse. Il senso del dipinto è nel fato che è ineluttabile: quello che è scritto nel destino succederà inevitabilmente”. Currò: “Il Martirio di S. Orsola si discosta dai tratti dolci e dalla ideale bellezza di molte altre opere del Maestro”.
EBOLI - Continua il successo della Mostra sul Caravaggio allestita sul Nuovo Elaion e curata da Mariano Pastore. Il secondo incontro è stato interessantissimo, la relazione, “Caravaggio. Ritorno a Eboli”, dopo una breve introduzione di Carmelo Currò è stata tenuta dal Professor Gerardo Pecci. La mostra sta registrando un successo di pubblico e un interesse non indifferente verso il Caravaggio, verso le sue opere che hanno attraversano tutta l’Italia, verso la sua vita, il suo personaggio, il contesto di quel particolare periodo storico e verso le sue tecniche pittoriche che hanno affascinato ed affascinano generazioni intere. Le motivazioni del successo oltre ai 68 dipinti in copia esposti nella sala delle Conferenze del Nuovo Elaion, sta anche nelle esposizioni dei relatori e così nella sua introduzione, Carmelo Currò, prima di cedere la parola al Prof. Gerardo Pecci, si è soffermato sui pericoli delle attribuzioni affrettate e contestate. Infatti, il dipinto ebolitano attribuito a Caravaggio, rimane a suo avviso ancora solo attribuito. – “E’ indubbio come esistano documenti che parlano dell’opera commissionata all’Artista dalla famiglia Doria. Ma di quale dipinto, in realtà, si parla? Di quello che è stato conservato ad Eboli o di un altro cui fanno riferimento le carte, e che è andato disperso? Mentre è indubbio, infatti, che esistono le carte volenterosamente ritrovate, l’attribuzione degli storici dell’arte è ancora dubbia, dal momento che riguardo al pittore del “Martirio di S.Orsola” si è parlato di un caravaggesco o addirittura di Mattia Preti..... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SUL BLOG DI MASSIMO DELMESE