Nel 1603 Caravaggio fu condannato a morte. Per decapitazione. Pena non eseguita per fuga del condannato. Nel 2010 la pena si fa ben più mite: ventuno anni di reclusione, ridotti a quindici con le attenuanti generiche.
Le accuse: diffamazione e omicidio volontario. Ma a giudicare l’artista c’è un’altra corte, quella riunita ieri sera a Palazzo Tursi, a Genova, per rifare il processo. In una simulazione seria ma divertita. Il pubblico ministero Anna Canepa, della Direzione antimafia, aveva chiesto dieci anni per l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, ucciso da Caravaggio in duello. La corte è stata più severa. Per l’altro reato, la diffamazione per gli insulti contenuti in una lettera al collega Giovanni Baglione, è stata invece accolta la richiesta dell’avvocato dell’artista, il professor Enzo Roppo: «Il fatto non costituisce reato, Caravaggio ha solo espresso il suo diritto di critica». La giuria è d’accordo. Inoltre, osserva il magistrato, «per cause evidenti il reato si considera estinto». Resta il dubbio se questo sarà .....CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SU "IL SECOLO XIX"