Il “Cavadenti” del fiorentino Palazzo Pitti (140x195 cm, olio su tela, 1609) è o non è di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610)?
Bella domanda! Me la pongo da tanti anni, e non mi so rispondere, o meglio “passo oltre”, mentre invidio la sicurezza della Mina Gregori che è per il si e non ha dubbi in proposito.
I si sono tanti, i no, per me, forse sono un po’ di più. Rispetto a tante altre scene di taverna, dove Caravaggio mangiava e litigava, ci sono tante cose in comune, ma qui manca qualcosa: il pathos. E non è poco. La tavola apparecchiata sembra la stessa (almeno il tappeto-tovaglia) della “Cena ad Emmaus” di Brera a Milano (141x175 cm, olio su tela, 1606), ma con un telo bianco a separare la tovaglia colorata da pietanze e stoviglie. Manca però la compostezza della figura centrale (presente, un po’ più giovane, anche nell’altra “Cena”, quella alla National Gallery di Londra: 141x196 cm, olio su tela, 1601), il Cristo, che pure è reduce da passione e morte, e per giunta non è stato riconosciuto subito dai suoi stessi discepoli, ed invece rimane composto nella sua ieraticità. La “Vocazione di San Matteo” nella Cappella Contarini a San Luigi dei Francesi a Roma – anche qui, nella stessa semioscurità di una taverna, c’è tanta gente riunita attorno ad una tavola, ed una figura centrale rispetto al tavolo ma non al quadro, meravigliata di quella chiamata che non si può rifiutare da parte del Cristo che fa irruzione nella semioscurità – (322x 340, olio su tela, 1599), è troppo sublime per essere tirata in ballo, cosa che ho comunque fatto succintamente nelle tre righe fra i due trattini.... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SUL SITO "STRILL.IT"