Sono salentini gli investigatori dell’impossibile che hanno datato, con una approssimazione dell’85 per cento, i resti ossei di Michelangelo Merisi, il Caravaggio, forse il pittore più rappresentativo della Storia dell’arte europea. Agenti speciali al servizio della Storia e della Scienza - in grado di fare uno scoop ben quattro secoli dopo l’evento accaduto - i ricercatori dell’Università del Salento fanno parte di uno staff eterogeneo, una sorta di «lega degli uomini straordinari», per dirla come Alan Moore, che ha messo insieme competenze diverse: una proficua integrazione fra i risultati dell’indagine storiografica e gli esiti delle ricerche di biologia scheletrica, corroborata dalle tecnologie per l’accertamento dei metalli pesanti nelle ossa, delle analisi dei sedimenti terrosi, della datazione con il carbonio quattordici e, per finire, del Dna. Saperi che hanno contribuito a dipanare la complessa matassa del ritrovamento del luogo di sepoltura e dei resti mortali di Caravaggio. Il ruolo da protagonista l’ha avuto il Cedad (Centro datazione diagnostica) dell’Università del Salento, diretto dal professor Lucio Calcagnile, originario di Copertino, il primo centro italiano per la ricerca e il servizio di datazione con il radiocarbonio. Il centro diretto dal professore ordinario di Fisica applicata, dispone di un acceleratore di particelle in grado di effettuare la spettrometria di massa ad alta risoluzione, la stessa tecnica che nel 1989 consentì ai laboratori di Oxford, Zurigo e Tucson di datare la Sacra Sindone. Grazie a questa struttura l’Italia ha finalmente colmato il divario tecnologico con Austria, Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, Svizzera, Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda dove da tempo sono operativi centri di eccellenza simili e, dal 2004, non è più necessario rivolgersi all’estero per la datazione di oggetti di interesse storico ed artistico o di reperti e siti archeologici..... LEGGI TUTTO L'ARTICOLO SULLA "GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO"